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Inviato da webmaster il 4/4/2006 9:27:10 (693 letture)

PANORAMA, 20/3/2006
di Laura Maragnani e Antonella Piperno

In aumento in tutte le liste, le donne del prossimo Parlamento rivendicano spazi e funzioni finora riservati ai colleghi maschi. E intanto Emma Bonino le galvanizza: «Se Fassino va al governo, Livia Turco prenda la guida dei Ds».

Una splendida ex modella, dalla pelle nerissima e i capelli crespi. Una ex pornostar, una disabile in carrozzella, una neomamma, una sciatrice, una scienziata. E molte esponenti di partito, del volontariato e del giornalismo. Sarà una pattuglia molto variegata quella che varcherà il Parlamento. Sulle spalle, l'oneroso compito di risollevare la rappresentanza femminile, oggi a livelli mortificanti: l'89° posto della classifica internazionale, solo l'11,5 per cento di elette alla Camera, l'8,1 al Senato.
Una certa attenzione alle donne i partiti l'hanno dimostrata, presentando il 24 per cento di candidate alla Camera, il 20 al Senato e un plotoncino di stimabili aspiranti. Ma a neanche un mese dalle elezioni fra parecchie candidate l'umore non è certo alle stelle: la leader della Rosa nel pugno Emma Bonino spinge le colleghe a una battaglia all'interno dei partiti: «Conquistare le segreterie è l'unico modo per far finire lo spettacolo indecoroso di un vertice politico-istituzionale tutto al maschile. Perciò: se Piero Fassino va al governo, Livia Turco deve candidarsi alla segreteria».
Altre, invece, mostrano grande ottimismo: prima tra tutte la ri-candidata Daniela Santanchè che, presentando An come il «partito di riferimento delle donne del centrodestra», elenca le stime rosa per la prossima legislatura: le donne di An alla Camera dovrebbero passare da 3 a 15, le senatrici da 1 a 5. Numeri e proiezioni in crescita si sono affannati a produrne un po' tutti: dai Ds («Trenta probabili elette alla Camera e 20 al Senato» calcola Marina Sereni, coordinatrice delle liste) a Forza Italia, con il 20 per cento di candidate, dalla Rosa nel pugno con il 30 per cento ai Verdi, con 7 elette alla Camera su 18.
Una di queste sarà Aminata Fofana, prima deputata di colore nella storia del Parlamento italiano: 35 anni, nata in Nuova Guinea, ex modella, ex cantante, oggi scrittrice (La luna che mi seguiva, Einaudi), vive da 15 anni a Roma e vanta un nonno sciamano che le ha insegnato «ad ascoltare la voce del fiume e il respiro degli alberi». Ovvia la scelta ambientalista, scontato il suo impegno per i diritti degli immigrati e per quelli delle donne.

Battaglia, questa, anche per l'indipendente di Rifondazione Mercedes Frias, 43 anni, nata a Santo Domingo e oggi assessore alle Pari opportunità del Comune di Empoli. Le politiche per le pari opportunità sono il must trasversale nel programma delle candidate, donne con profili di tutto rispetto piazzate in posizioni di lista blindate (a cui si affiancano parlamentari esperte come la diessina Giovanna Melandri). Arrivano dall'imprenditoria, come Maria Paola Merloni (Margherita) o come Michela Brambilla (Fi), presidente nazionale dei giovani imprenditori Confcommercio, che in Parlamento lavorerà per adeguare i livelli retributivi femminili; dalla scienza, come Margherita Hack (Pdci); dal teatro, come Franca Rame (Italia dei valori); dalla televisione, come Mara Carfagna (Fi), che a Montecitorio, assicura, si batterà «per le ragazze madri».

Dal sindacato arriva Gigliola Toniollo (Rosa nel pugno), la prima a portare in Cgil «la lotta contro la discriminazione dei lavoratori omosessuali e transessuali». In lista ci sono anche mogli che contano, come Anna Maria Carloni in Bassolino (Ds) o Anna Serafini in Fassino (Ds). E figlie dai cognomi importanti, come Stefania Craxi (Fi). Ma la sorpresa potrebbe venire da vedove molto pensanti come Rosa Calipari (Ds) o Maria Antonietta Farina (Rosa nel pugno), compagna di vita e di lotta di Luca Coscioni, malato di sclerosi laterale amiotrofica, morto poche settimane prima di entrare in Parlamento.
«Le donne fanno politica in maniera diversa dagli uomini: meno personalismo e più concretezza» dice Rina Gagliardi, ex direttore del Manifesto e di Liberazione, in corsa al Senato per Fausto Bertinotti. E infatti in molte, a partire dalle madri che sbarcheranno in Parlamento, preannunciano battaglie concrete, in nome della sopravvivenza tra lavoro in casa e fuori.


In prima fila Eva Catizone, 40 anni, ex sindaco di Cosenza e oggi in corsa con il Codacons, un figlio di 14 mesi, Filippo, nato, con annesso coming out mediatico, da una relazione con lo sposato diessino Nicola Adamo. Adesso Catizone è una fiera ragazza madre che si ritiene fortunata di potersi permettere una baby sitter e al primo posto del suo programma mette l'incremento degli asili nido.
Così come Sabina Rossa, 43 anni, in lista per i Ds al Senato in Liguria: è la figlia di Guido, sindacalista dell'Italsider ucciso dalle Br quando lei era una bambina. Quando sarà in Parlamento, di sua figlia Eleonora, 4 anni, si occuperà, ricorrendo al part time, suo marito. Mentre in qualche angolo di Montecitorio bisognerà fare spazio ad Alice, neonata di Donatella Poretti, 38 anni, candidata per la Rosa nel pugno: «Le donne con figli non devono essere escluse dalla vita politica» insiste, annunciando che si batterà per dare ai figli il cognome materno.

«C'è bisogno di una rivoluzione culturale in chiave femminile» ripete Gagliardi, in accordo con la leader dei repubblicani europei Luciana Sbarbati, che nel 1992 fece la sua prima campagna elettorale nelle parrocchie «perché gli uomini del mio partito mi boicottavano». Linda Lanzillotta, veterana della politica candidata per la prima volta al Parlamento (con la Margherita), non ha dubbi: «Allargare la partecipazione femminile non significa tutelare le donne, ma rendere più competitiva l'Italia». È una linea trasversale.
Giulia Bongiorno, 38 anni, avvocato di Giulio Andreotti, al suo debutto da penalista a Palermo fumava il sigarino e indossava mortificanti occhialoni da vista «per sembrare un uomo, altrimenti nessuno mi avrebbe considerato». Adesso, vinta la battaglia delle pari opportunità giuridiche, è in lista per An e punta all'uguaglianza politica: «Bisogna ridurre l'asimmetria tra il valore delle donne e la loro utilizzazione, abituare gli elettori a votare le donne».

Non è la sola, nel centrodestra, a pensarla così. Giorgia Meloni, 29 anni, candidata di An, spara contro «questa politica fatta dagli uomini: la questione non sono gli asili nido, ma la necessità di avvicinare le donne alla politica». Luisa Santolini, in corsa per l'Udc dal mondo dell'associazionismo cattolico, la mette giù più pesante: «È inutile negarlo, oggi le donne non votano le altre donne». E le poche elette, molto spesso, «più che alle pari opportunità si dedicano al pari opportunismo» accusa Grazia Francescato, ex presidente del Wwf e ora debuttante in Parlamento con i Verdi. «La solidarietà tra donne è passata di moda, a favore dell'io speriamo che me la cavo, e le altre si attacchino».
Wanda Montanelli, responsabile delle pari opportunità per l'Italia dei valori, a fine febbraio ha iniziato uno sciopero della fame perché declassata in lista a favore di un cosiddetto «apporto esterno», la più mediatica Federica Rossi Gasparrini, presidente Federcasalinghe: «Pensavo che fosse finalmente arrivato il mio turno. E invece niente, il quarto posto in lista non mi permetterà mai di essere eletta». Ma niente rissa da cortile: «Io ce l'ho con Antonio Di Pietro, che se proprio voleva Gasparrini poteva sacrificare un uomo e non una donna»..



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