di Wanda Montanelli
E’ una pesante macina quella a cui si pensa*. Una macina girata da un asino appesa al collo di un uomo disperato al punto tale da gettarsi negli abissi dell’oceano. Unica conclusione possibile per un delitto efferato. Per pensare ad un riscatto di una natura umana che ha raggiunto livelli di barbarie inaccettabili; al confronto dei quali la nostra intelligenza diviene incapiente; non abbastanza grande da accogliere l’enormità di un gesto di violenza gratuita contro un bambino che piange perché spaventato da mostri che lo hanno portato via a sua madre. E’ nello spazio infinito della turbolenza e della perdizione il nostro essere razionali non comprende e non contiene la enormità del gesto, che come il concetto di infinito e la scomparsa dei confini del mondo procura in noi la vertigine e il rifiuto. Lo spazio della vertigine è troppo oltre noi stessi per permetterci di accettare e di capire, troppo primitivo per la nostra mente razionale. Perciò la rifiutiamo nel disturbo del capogiro.
Il malessere che ci coglie cerca sollievo nella sua immagine. Ripensiamo al bambino “bello come il sole”, e vorremmo che fosse ancora in vita. Sembianza che ci coinvolge e ci spinge a sperare in irreali ingranaggi della macchina del tempo per tornare indietro di qualche settimana, fino al giorno in cui Tommy rientra nella sua vita normale, e lo fantastichiamo a casa, nella cascina, a giocare con il fratello fino a quando qualcuno busserà alla porta. E vorremmo esserci a difendere quel bene prezioso. Noi tutti. Chi di voi non vorrebbe trovarsi in quella stanza della cascina ad affrontare i balordi. Prima che l’irreparabile accada. Un viaggio nel tempo, un’illusione di ricostruire la vita dal punto in cui si è interrotta. Non possiamo farlo. Non ci siamo a difendere il bambino e allora dobbiamo piangere ricordando quegli occhi luccicanti come stelle, e il viso ornato dai riccioli.
I dati somatici e il carattere di quel bambino, la sua malattia, il suo quoziente di intelligenza, le fattezze delle sue mani, il colore della sua pelle, l’altezza e il peso, la proiezione futura di che tipo di ragazzo sarebbe stato, e poi adolescente e poi uomo. Tutto unico. Tutto irripetibile. E’ questo che dobbiamo capire. Nessuno ci riporterà in vita Tommy e nessuno può rifar nascere un altro Tommaso. Sua madre e suo padre potranno avere altri figli ma ogni essere unico nella sua preziosa specificità non è ripetibile. Una volta perduto è perso per sempre. E’ questo che non risulta mai abbastanza chiaro a chi distrugge una vita. Non c’è alcun modo per rifare un essere umano scomparso. La preziosa irripetibilità del piccolo Tommy è una perdita inestimabile che ci diminuisce tutti.
Lasciamo il feroce assassino al suo distacco dal consorzio umano. E se mai rinsavisse e fosse in grado di provare rimorso dovrebbe consumare il suo tempo ripensando all’impossibilità di far ritornare Tommy.
* Chi scandalizza anche uno di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. (Matteo18,6)