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L'EUROPA PUNTA SULLE PARI OPPORTUNITA'

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In vista di Horizon 2020, il programma di finanziamento delle attività di ricerca nell'Unione europea, si discute di come trasformare le buone intenzioni in azioni concrete. Il resoconto dell'ultimo gender summit appena concluso a Bruxelles

Il gender summit, giunto alla sua quarta edizione, la terza in Europa, è stato anche quest'anno l'occasione per richiamare a Bruxelles oltre 300 persone interessate a dedicare due giornate intere a genere, scienza, innovazione, ricerca ed eccellenza. Di quest'edizione, rispetto alle precedenti, va sottolineata una decisa attenzione al mercato e alla volontà di tradurre in pratica, ed in tutti i campi della ricerca scientifica, un approccio concreto alle pari opportunità di genere [1]; l'apertura all'interdisciplinarietà; un maggiore utilizzo dei social media [2] e una maggiore presenza di uomini, che, quando si parla di questioni di genere, è da ritenersi un buon segno. Il tutto alla presenza costante di un protagonista indiscusso, Horizon 2020 (H2020), il programma europeo di finanziamento delle iniziative di ricerca e sviluppo, a cui il summit è stato formalmente dedicato.

Come si può leggere con chiarezza nel messaggio di benvenuto della Commissaria UE per ricerca innovazione e scienza Máire Geoghegan-Quinn, in evidenza sul sito del summit, "ci sono un sacco di soldi in gioco in Horizon 2020 (80 miliardi di euro per la precisione) e le nuove regole assicurano che le donne siano al centro delle decisioni su come questi soldi debbano essere spesi e nel cuore della ricerca e dell'innovazione finanziata".

A partire da queste premesse, il summit ha ospitato una serie di interventi che, con l'obiettivo di fornire esempi concreti di attenzione al genere nella ricerca scientifica, hanno riproposto gli obiettivi fondamentali della parità di genere nell'ERA, l'area europea della ricerca [3]. Tra questi interventi, il cui elenco completo è accessibile qui, di particolare interesse sono le iniziative e i progetti tesi a promuovere cambiamenti strutturali all'interno delle organizzazioni di ricerca per sostenere la partecipazione ed i percorsi di carriera delle donne: il progetto Balanse, del Consiglio per la Ricerca Norvegese, volto a promuovere l'equilibrio di genere nelle posizioni senior nella ricerca in Norvegia grazie a misure innovative di formazione e creazione di conoscenza, il progetto Talenta del Fraunhofer Institute, che propone un nuovo modello di mentoring per incrementare la percentuale di donne scienziate nel prestigioso istituto di ricerca tedesco e le iniziative promosse dal Cern a sostegno di nuovi modelli di ruolo per le donne nella scienza.

Accanto agli interventi incentrati sulla promozione del cambiamento organizzativo negli organismi di ricerca, di altrettanto interesse sono stati quelli volti a presentare la nuova linea europea della Responsible Research Innovation [4], all'interno della quale l'attenzione al genere ha un ruolo di primo piano nell'individuare nuove prospettive di ricerca, nel porre nuove domande investigative, nell'aprire nuove prospettive nelle aree Stem e nel coinvolgere nella ricerca i diversi stakeholders e nel promuovere un miglioramento in generale della qualità della ricerca.

In linea con quest'approccio, ovvero con un'attenzione al genere che non è solo eticamente doverosa e politicamente corretta ma anche funzionale ad un miglioramento della qualità della ricerca, e grazie all'intervento di lobbying delle associazioni di donne nella scienza (rilevante senza dubbio quello dell'EPWS [5]) al EU Summit è stato presentato l'approccio di sistema che Horizon 2020 adotta con riferimento al gender mainstreaming, ovvero a quel complesso di interventi, non meglio definiti, volti all'integrazione sistematica delle situazioni, delle priorità e dei bisogni rispettivi delle donne e degli uomini in tutte le politiche e in tutti i piani di azione. Almeno sulla carta, come ha dichiarato Patricia Reilly, Membro del Gabinetto della Commissaria Máire Geoghegan-Quinn l'interpretazione di H2020 del gender mainstreaming implica affermare che "l'attenzione al genere rappresenta un elemento cruciale per la valutazione di tutti i progetti di ricerca, quale che sia l'ambito specifico: ogni team di progetto dovrà essere equilibrato da un punto di vista di genere; ogni team dovrà avere almeno un esperto/a di genere; ogni progetto dovrà considerare la dimensione di genere della ricerca; H2020 finanzierà interventi di formazione sulle tematiche di genere".

A sostegno di tale tesi, la Commissione ha pubblicato un vademecum per la Gender Equality in Horizon 2020 [6]; nel vademecum si declinano gli obiettivi di ERA relativi alla pari opportunità di genere, senza tuttavia scendere in dettagli concreti ed esempi specifici. Se si legge la definizione di "dimensione di genere della ricerca", presa dal glossario in allegato al vademecum si trova infatti che si " fa riferimento ad un concetto che implica la considerazione dei vari elementi riguardanti le caratteristiche biologiche ed i fattori sociali e culturali caratteristici sia degli uomini che delle donne nello sviluppo di politiche, programmi e progetti di ricerca". Una definizione molto ampia e molto vaga. Per avere qualche idea più specifica di cosa voglia dire applicare la dimensione di genere alla ricerca può essere utile far riferimento al progetto Gendered Innovation[7], coordinato da Londa Schiebinger di cui abbiamo già parlato qui http://www.ingenere.it/articoli/dal-ginocchio-al-videogame-linnovazione-di-genere. Si possono scoprire esempi concreti di quanto inserire la dimensione di genere nella formulazione delle ipotesi di ricerca comporti il raggiungimento di risultati innovativi e qualitativamente più convincenti (si pensi, ad esempio, all'impatto dell'introduzione della variabile sesso e genere nella sperimentazione in laboratori di nuovi farmaci).

Le intenzioni di H2020 sono buone e, ovviamente, molto benvenute. Restano tuttavia alcuni nodi cruciali da sciogliere, domande che i/le partecipanti al summit si sono fatte reciprocamente durante le sessioni di networking senza trovare risposte. Se l'equilibrio di genere nei team di ricerca e nei livelli decisionali è relativamente facile da valutare, essendo un dato quantitativo di facile rilevazione, come si valuterà la "dimensione di genere nella ricerca"? Chi saranno e come verranno selezionate esperte ed esperti di genere che dovranno valutare l'applicazione del gender mainstreaming nelle linee di Horizon 2020 non esplicitamente dedicate al genere (che sono solo 4, le call GERI, Gender Equality in Reserach Innovation)? Infatti, se è vero che è stata aperta una call per gender experts in H2020 è meno chiaro in base a quali criteri tali esperti saranno selezionati. E se chi li selezionerà abbia competenze di genere. Infatti, come è stato fatto notare al summit, non si tratta (solo) di avere più donne nei team ma di avere "esperti ed esperte capaci di valutare la dimensione di genere nei vari settori della ricerca e che conoscano le regole di Horizon 2020". Più in generale, la perplessità riguarda le modalità con cui sarà possibile tradurre in pratica quanto dichiarato al summit da Vladimir Sucha, Direttore Generale, (DG JRC, Joint Reserach Center), European Commission, ovvero che "davanti a due progetti di pari valore i valutatori e le valutatrici riceveranno indicazione di finanziare il progetto in cui sia evidente un'attenzione alla dimensione di genere nel progetto di ricerca", soprattutto quando, come nella maggior parte della call di H2020, si parla di ricerca pura, in ambito energetico, di genetica, piuttosto che spaziale o delle telecomunicazioni.

Allo stesso modo, i dubbi riguardano la diffusione delle informazioni su questo aspetto, che appare inferiore alle aspettative: se è vero che la Commissione ha messo in evidenza, in particolare al gender summit ma anche nella documentazione di presentazione di H2020, la centralità del genere nel nuovo programma di finanziamenti alla ricerca, i National Contact Points (in Italia APRE) che stanno organizzando eventi di presentazione dei vari bandi non stanno investendo le stesse energie per promuovere la centralità del genere nella ricerca. In tutta Europa si presentano le call ma di genere si parla poco e mai con esempi di concreta applicazione. Gli unici esempi citati, quando e se si citato esempi, sono quelli di Gendered Innovations che tuttavia rappresentano un risultato di eccellenza ed il risultato di molti anni dedicati all'adozione di una dimensione di genere nella ricerca.

La preoccupazione generale è quindi quella di un effetto boomerang: se a fronte di tali dichiarazioni d'intenti non dovesse seguire un'effettiva applicazione dei principi della gender equality nella presentazione e nella selezione dei progetti di ricerca, il rischio é che al prossimo programma di finanziamento per attività di Ricerca e Sviluppo l'attenzione al genere nella ricerca, esca definitivamente dalle priorità trasversali, come si era già tentato di fare con la prima versione di H2020.

Serve quindi un impegno generale a far conoscere le priorità di gender mainstreaming in Horizon 2020 e a vegliare affinché le dichiarazioni d'intenti si traducano, in modo trasparente, nel sostegno ad iniziative concrete. Forse una prima risposta in questo senso può venire dallo sviluppo di Genport, il nuovo portale di raccolta delle risorse di genere di cui Fondazione Brodolini è partner, che compare tra le fonti citate nel vademecum sulla gender equality e che, proprio a Bruxelles, a conclusione del summit, ha organizzato una giornata di riflessione sui fabbisogni di conoscenza per promuovere l'attenzione al genere nella ricerca.

http://www.ingenere.it (Barbara De Micheli)

ALTRE INFO: http://www.pr.camcom.it/internazionalizzazione/parma-in-europa-news-1/guida-pratica-horizon-2020

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