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TRENTO, QUOTE ROSA E' SCONTRO IN COMMISSIONE

TRENTO. Sindacati a favore del disegno di legge sulle pari opportunità nelle liste elettorali, ma il Consiglio delle autonomie boccia a maggioranza le due proposte Cogo-Bombarda e Penasa. Critico Borga, secondo il quale l'obbligo di avere un 50% di donne nelle liste elettorali, che sarebbe «puro marketing elettorale» poiché non applicabile alle prossime provinciali, non agevola ma anzi limita la democrazia. E intanto Savoi (lega Nord) annuncia ostruzionismo: il ddl, «non condiviso dalla stessa maggioranza», non è una priorità e la legge prevede giù un terzo di donne nelle liste.

I lavori della Prima commissione hanno visto un duro confronto tra tesi diverse, con la consigliera di parità Eleonora Stenico che ha elencato i dati aggiornati sulla presenza femminile nelle istituzioni: nel ‘98 le donne in Consiglio erano 3, nel 2003 zero, nel 2008 cinque. Tra i sindaci trentini sono 28 su 188, le consigliere 835 su 2802. Nelle Comunità di valle i presidenti donne sono 3 su 12 e tra i consiglieri 89 su 387 uomini. «Una legge come quelle proposte - ha evidenziato - potrebbe correggere questa disparità». Anche nelle strutture provinciali le donne fanno poca carriera. Lo ha confermato Marcello Mazzucchi della Dirpat: se da un lato la base della forza lavoro è costutita per il 36% da maschi e per il 64% da donne, mostrando come queste ultime siano più brave nei concorsi, le percentuali vengono capovoltequando si passa ai capiufficio. Il 64% sono uomini e solo il 33% di donne e salendo la percentuale cala, fino ad arrivare ai dirigenti: 8 maschi contro solo 2 donne. In generale, ha affermato Mazzucchi, solo il 4% delle donne può arrivare alla dirigenza. Claudia Loro (Cgil) ha espresso il favore dei sindacati conferedrati verso i due ddl. «La parità di genere - ha detto - è un fatto di democrazia. Senza questa parità la democrazia è monca». La sindacalista si dispiace che la nuova norma non sia apprlicabile alle provinciali di ottobre. Ma se siamo in ritardo, ha osservato Franca Penasa, la colpa «è della maggioranza che non ha voluto approvare questi ddl». Alle donne Penasa lancia un monito: «Non dividiamoci»

Da Rodolfo Borga invece arriva una salva di critiche: uno dei due ddl sarebbe stato bloccato per anni nei cassetti (tesi contestata da Sara Ferrari del Pd, secondo la quale sarebbe «una leggenda») per i veti interni alla maggioranza, a rirpova della strumentalità della proposta formulata oggi: puro marketing elettorale, lo definisce. Inoltre, osserva Borga, si tratterebbe di limitazioni della libertà. Il consigliere contesta «l'idea che lo Stato deve dirmi cosa devo fare, anche come votare. C'è l'idea di fondo che le cose andrebbero meglio se ci fossero più donne, idea che non condivido. Non c'entra nulla la democrazia, sono solo spazi di libertà che si riducono».

No anche dal Consiglio delle Autonomie (, che ha bocciato con 24 voti su 33 rappresentanti entrambi i ddl.

E Alessandro Savoi, capogruppo della Lega, ha iniziato l'ostruzionismo già in Commissione utilizzando, nella discussione tutto il tempo a disposizione. Secondo lui ci sono problemi più urgenti e l'attuale legge è una tutela sufficiente.

Per la Commissione pari opportunità è invece una legge indispensabile. Maria Fornea, vicepresidente della Commissione, condivide il testo unificato Cogo-Penasa mentre del ddl Penasa apprezza la presenza paritaria nella comunicazione politica radio-tv. Proposte comunque indispensabili «perché le donne hanno sempre dovuto votare uomini».

Bruno Firmani (IdV) propone invece di boicottare, non votandole, le liste che non hanno metà uomini e meta donne. «Comunque - ha concluso - il problema centrale è la bravura, non il sesso». Margherita Cogo, ha ricordato invece che il Pd ha approvato un codice etico in base al quale la lista sarà 50 e 50, a dimostrazione che il dibattito sul tema serve.

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