Stampa

Zainab Salbi: “Se parliamo di guerra, non dimentichiamo le prime vittime: le donne”

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

image

Lei, Saddam Hussein, lo chiamava “zio Saddam”. E a dirla tutta, quando in tv ha visto che gli mettevano il cappio intorno al collo, ha pianto. «Eppure non lo amavo, mi creda» ripete Zainab Salbi nel suo perfetto inglese e la voce squillante di chi sta vivendo un momento magico grazie alla tv ed è sempre in prima linea nella battaglia per le donne, soprattutto sui fronti di guerra. «Finiva un’epoca della mia vita, l’Iraq che avevo conosciuto, e si apriva un baratro che mi ha spezzato il cuore». Zainab era la figlia del pilota personale di Saddam Hussein. Il dittatore era uno di famiglia. «Ma con lui non potevi mai stare al sicuro, non sapevi mai che cosa sarebbe successo. E poi metteva gli occhi anche sulle figlie degli amici…». Per questo, a 19 anni appena compiuti, nel 1988, sua madre lamandò negli Stati Uniti. «Era appena finita la guerra contro l’Iran: era cominciata nel 1980, quando avevo 11 anni. Finì che ero una teenager… anzi una donna agli occhi di Saddam Hussein. Per questo mia madre volle mandarmi via. Con un matrimonio combinato. Proprio lei che mi aveva sempre detto: devi sposarti per amore. Ma era l’unico modo di lasciare il Paese. Io non riuscivo a capire…». Anche perché finì nella mani di un uomo violento, che abusò di lei, la maltrattò. Durò solo tre mesi: Zainab riuscì a divorziare. «Ma non potevo chiamare casa e dire: che mi avete fatto?! Nelle mani di chi mi avete messo?». Nel frattempo era scoppiata la Prima guerra del Golfo: gli Stati Uniti contro il suo Paese. I collegamenti bloccati. Sola e senza un dollaro in tasca, Zainab decise che ce l’avrebbe fatta: «E che la mia vita sarebbe stata negli Stati Uniti, il Paese che mi ha offerto la chance di farcela». Nel “farcela” è compresa anche la battaglia per i diritti e la libertà delle donne, soprattutto attraverso l’organizzazione Women for Women International che ha fondato quando aveva 23 anni. Per questo impegno, il prossimo 11 settembre Zainab farà parte del pool di paladini della pace e dei diritti umani che l’azienda friulana di costruzioni Pilosio riunisce da anni in occasione del Pilosio Building Peace Award: quest’anno l’appuntamento è a Milano, a Palazzo Mezzanotte (pilosioaward.com). Con i suoi capelli corti a spazzola, i suoi grandi occhi neri, un sorriso che spiazza, sarà impossibile non notarla.

Che cosa prova per l’America: ha dichiarato due volte guerra al suo Paese, l’ha lasciato nel caos e adesso anche nelle grinfie dell’Isis…Sono arrabbiata, posso dirlo? Mi si spezza il cuore quando vedo le immagini. Due mesi fa sono stata in Iraq, ho intervistato alcune donne che erano sfuggite ai territori controllati dall’Isis. Avevano subito di tutto. È il caos… Eppure, al tempo stesso, sono riconoscente verso gli Stati Uniti: mi hanno offerto la possibilità di diventare ciò che volevo essere e di fare ciò che volevo fare. Nel mio Paese sarebbe stato impossibile.Perché si batte per le donne e in particolare nelle zone di guerra?Sono cresciuta nella guerra. In una guerra vista sempre da una prospettiva maschile. Ma durante una guerra si continua a vivere: a mangiare, a dormire, ad andare a scuola, a lavorare. E tutto questo sono le donne a garantirlo. Io volevo che si tenesse conto della prospettiva femminile della guerra. Perché è l’unica prospettiva che guarda alla pace.

Però lei si era messa in salvo. Poteva non pensarci. Dove ha deciso?In Bosnia. Io e il mio secondo marito, Amjad Atallah, un americano di origini palestinesi, abbiamo deciso di passare la luna di miele aiutando i profughi dell’ex-Jugoslavia. Vuol sapere la verità? Io in Bosnia ho potuto parlare, ho potuto denunciare, ho potuto far sentire la mia voce: in Iraq non potevo. E così è riemersa anche la mia storia: finalmente ho potuto parlare della mia guerra.

Ora ha lasciato l’organizzazione…Dopo 20 anni… Ma l’impegno non s’interrompe: adesso lavoro come giornalista a Women in the World Media, piattaforma creata in collaborazione con il New York Times. Produciamo reportages, video, provochiamo discussioni. La battaglia continua così.

Bill Clinton l’ha premiata come una delle eroine degli anni Duemila. Lei pensa che Hillary verrà eletta presidente?(ride) Inshallah!! La considero un grande politico e sono felice che, per coincidenza, sia anche donna. Sono persuasa che, come donna, da presidente impedirà che gli Stati Uniti si lancino in nuove guerre.

Suo padre che pensa di tutto ciò? E sua madre?Mia madre è morta molti anni fa: mi aveva raggiunto negli Stati Uniti, era malata, mi chiese di essere sepolta nel suo Paese. E così, nove anni dopo la mia partenza dall’Iraq, sono rientrata nel mio Paese con la sua bara. Poi sono tornata dopo l’occupazione americana, nel 2003. Mio padre si è rifugiato in Giordania, mio fratello è negli Stati Uniti. Ma il resto della famiglia è rimasta a Bagdad. E, sa? Nel 2003 aprii l’ufficio di Women for Women International nella casa di mio nonno. Non so che fine ha fatto. È tutto così nero ora. Ma sono ottimista. Devo esserlo. Le donne del Medio Oriente sono oggi sottoposte a una pressione tremenda, ma sono combattenti nate: non si piegano. Resistono. •

Ti potrebbe interessare anche...

Fonte (click per aprire)

Aggiungi commento

I commenti sono soggetti a moderazione prima di essere pubblicati; è altrimenti possibile avere la pubblicazione immediata dei propri commenti registrandosi ed effettuando il login.


Codice di sicurezza
Aggiorna