«We are one and free»: l'Australia cambia l'inno nazionale in nome degli aborigeni (finalmente)
Nuova anno, nuovo inno. Dopo anni di proteste degli aborigeni, l’Australia ha cambiato una parola chiave nel proprio canto nazionale Advance Australia Fair (Avanza Australia giusta) per riconoscere il ruolo delle Prime Nazioni nella costruzione delle culture e della storia del Paese. Ancora oggi, gli australiani indigeni devono affrontare ostacoli significativi in termini di uguaglianza, aspettative di vita e opportunità.
Nell’ultimo giorno del 2020, il primo ministro Scott Morrison ha annunciato che il verso «siamo giovani e liberi» («we are young and free») è stato sostituito da «siamo uniti e liberi» («we are one and free»). I popoli indigeni, infatti, vivono in Oceania da circa 65 mila anni, e quel giovani faceva riferimento all’appropriazione forzata e colonialista dei territori dell’Isola da parte degli inglesi. «L’Australia, come nazione moderna, è relativamente giovane, ma la storia del nostro Paese è antica, come lo sono le storie delle Prime Nazioni, di cui riconosciamo e rispettiamo lo spirito», ha dichiarato Morrison. La modifica «non toglie nulla, ma credo che aggiunga veramente senso al testo», ha detto.
Il cambiamento è stato approvato dal governatore generale David Hurley, che rappresenta la regina Elisabetta, che tuttora è capo di stato dell’Australia. Advance Australia Fair, composta dal musicista scozzese Peter Dodds McCormick, fu eseguita la prima volta nel 1878. Solo nel 1984 è diventata inno nazionale al posto dell’inglese God Save The Queen, in vigore dal tempo dell’insediamento britannico.
Il ruolo delle proteste
Gli uomini indigeni hanno un’aspettativa di vita di 71,6 anni, quasi nove anni meno degli australiani non indigeni. Per le donne, invece, l’aspettativa di vita è 75,6 anni, circa 8 anni meno delle donne non indigene. La mortalità sotto i 5 anni, inoltre, è doppia rispetto al resto della popolazione. Le proteste per i diritti e l’uguaglianza degli aborigeni va avanti da molti anni, ma all’inizio del 2020, sull’onda del movimento Black Lives Matter nato negli Stati Uniti, c’è stato un grande coinvolgimento in diverse città d’Australia. Migliaia di persone sono scese in piazza per chiedere la fine alle morti degli indigeni da parte delle forze di polizia, che sono state più di 400 negli ultimi 30 anni.
Immagine di copertina: EPA/DAN PELED