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QUOTE ROSA VICINO ALLA META, MA A VOLTE IL NO E' DONNA

Quote rosa vicine alla meta Ma a volte il 'no' è donna

 

La Marcegaglia: "Non premiano il merito". E in Senato arriva una legge molto più soft.

Il testo era stato scritto insieme da Lella Golfo (Pdl) e Alessia Mosca (Pd)

Posani
ROMA, 6 marzo 2011 - NORVEGIA: ha il 44% di donne nei posti chiave del business. Germania: sta per approvare una legge che obbliga le imprese ad avere nei loro consigli di amministazione il 30% di donne. Francia: entro il 2018, il 40% delle poltrone negli organi di vigilanza dovrà essere rosa. Spagna: ha triplicato il numero delle manager in quattro anni. E l'Italia?

NEL BELPAESE la storia si è ingarbugliata negli ultimi giorni. Alla fine dello scorso anno maggioranza e opposizione, per la prima volta, trovano consenso unanime su un tema: quello delle quote rosa. Attenzione, stiamo parlando di affari, non di politica. Il testo scritto a quattro mani da Lella Golfo (Pdl) e Alessia Mosca (Pd) prevede «parità di accesso agli organi delle società quotate in mercati regolamentati». Tradotto significa che nei consigli di amministrazione delle società presenti in Borsa almeno un membro su tre debba essere donna. La norma, prevede che le quote durino nove anni e i consigli di amministrazione che non rispettino questa regola decadano. Scalpitano sia i pasdaran dei recinti rosa sia chi non vuole panda nell'economia.
Ma forse proprio per questo si riesce a raggiungere un accordo, che ottiene il via libera del governo. E infatti la legge viene approvata dalla Camera ed inizia il suo iter parlamentare in Senato: la prossima settimana la commissione Finanze dovrebbe chiudere i lavori, ma su un testo ben diverso dal progetto bipartisan originario. Il Pdl, a metà febbraio, ha depositato 52 emendamenti (uno l'Idv) per limitare le quote, e una settimana dopo il governo ha presentato un pacchetto di modifiche che di fatto svuota la legge: la sua applicazione slitta di 10 anni e, in caso di mancato adeguamento, invece di decadere, il cda viene sanzionato con una multa. In sostanza l'esecutivo ha fatto proprie le richieste arrivate da Confindustria, Abi (l'associazione delle banche) e Ania (quella delle compagnie di assicurazione), che hanno sollevato la questione del merito. In una letteara inviata al presidente della commissione Finanze, Mario Baldassarri, hanno insomma manifestato la preoccupazione che nei consigli di amministrazione sarebbero potute entrare persone poco capaci.

POLEMICHE alle stelle. Le parlamentari Golfo e Mosca hanno chiamato le donne alla mobilitazione denunciando le pressioni dei «poteri forti». In molti ricordano che gli analisti di Goldman Sachs hanno calcolato che una maggiore presenza femminile nei ruoli chiave dell'economia farebbe aumentare il Pil del 22%. E sotto accusa finisce soprattutto Emma Marcegaglia, presidente-donna degli industriali, che chiede uno stop proprio sulla parità di genere, mentre Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa SanPaolo, tesse lodi alle quote rosa ed è talmente convinto della loro bontà che nell'ultima tornata di nomine ha portato al vertice della banca l'economista Elsa Fornero (vicepresidente del consiglio di sorveglianza) e Rosalba Casiraghi (consigliere indipendente).

INTANTOva avanti la campagna «1000 curricula eccellenti» promossa dalla fondazione Bellisario, presieduta dalla stessa Golfo. Mille perchè tanti sarebbero stati gli uomini costretti a cedere la poltrona (o meglio una delle tante, visto che normalmente ne occupano più d'una) se fosse passata la proposta iniziale. Maria Ida Germontani (Fli), relatrice del provvedimento, si schiera però per la «gradualità» e giorni fa anche il sottosegretario alla presidenza, Carlo Giovanardi, sosteneva che le osservazioni degli imprenditori «sono di buon senso».
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