TTIP, LA FRANCIA DICE NO, MA ALL'ITALIA CONVIENE ANCORA MENO
La Francia intende respingere il trattato di libero scambio tra Europa e Usa. Le motivazioni sono ampie, tra queste la tutela della qualità dei prodotti. In Italia abbiamo molti motivi per valutare negativamente il Transatlantic Trade and Investment Partnership in quanto produciamo il più alto numero di alimenti a denominazione d'origine protetta (sono 280 esclusi gli alcolici). Negli Usa su 24 miliardi di euro annui di cibi spacciati per essere italiani solo 3 miliardi lo sono davvero. Il danno economico e d’immagine sono enormi. A questo si aggiunge l’attenzione all’ambiente in uso da noi non prevista come vincolante nel Ttip; inoltre, in termini di democrazia nei rapporti commerciali, il riferimento ai tribunali privati Isds (Investor-State Dispute Settlement) non promette null’altro che uno sbilanciamento in direzione guadagni e profitti a discapito dei “diritti” alle scelte per la qualità della vita (wm).
Ttip: la Francia dice no. «Bloccheremo i negoziati entro la fine dell’anno»
di Umberto Mazzantini
Il segretario di Stato per il commercio estero francese, Matthias Fekl, ha confermato che il blocco dei negoziati sul Traité de libre-échange transatlantique (Tafta, come chiamano i francesi il Ttip), «è oggi l’opzione più probabile» a causa dell’atteggiamento degli Stati Uniti.
Dopo la pubblicazione da parte di Greenpeace di 248 pagine di documenti che rivelano le conseguenze dannose per la salute dei consumatori e per l’ambiente del Ttip, Fekl insiste: «Denuncio da un anno l’atteggiamento [degli Usa]. Noi vogliamo la reciprocità. L’Europa propone molto e riceve molto poco in cambio. Questo non è accettabile. Allo stato attuale, l’accordo non è assolutamente accettabile».
Poi, intervenendo a Mardi politique su Radio France International, Fekl ha ribadito: «No è no. La Francia pensa di bloccare i negoziati con gli Stati Uniti sul Tafta». Quando?, gli ha chiesto un giornalista. «Entro la fine dell’anno», ha risposto il segretario di Stato, promettendo che «il nostro Paese non mollerà». Poco prima il presidente francese François Hollande aveva detto: «A questo stadio dei negoziati, la Franca dice no al Tafta perché non siamo per il libero scambio senza regole».
Dichiarazioni che hanno fatto più scalpore in Italia che in Francia, anche perché Hollande aveva già attaccato duramente il 25 aprile i negoziati sul Ttip, nel tentativo di riconciliarsi con la sinistra in piazza contro la sua “loi travail” e per presentarsi come il protettore dell’Europa contro l’asse Barack Obama-Angela Merkel sul Ttip.
Ma già il 15 aprile, durante una comparsa in televisione, Hollande aveva avvertito che «la Francia ha fissato le sue condizioni, la Francia ha detto che se non c’è reciprocità, se non c’è trasparenza, se per gli agricoltori è un pericolo, se non ha accesso agli appalti pubblici mentre gli Stati Uniti possono avere accesso a tutto quel che facciamo qui, io non lo accetterò». Insomma, la Francia era già da un mese pronta a dire no al Tafta/Ttip avversato sia dalla Gauche che dal Front national.
A quanto pare è stato proprio Fekl a convincere Hollande che il Ttip è un danno per l’Europa, ma secondo l’eurodeputato verde Yannick Jadot l’indignazione di Hollande contro il Ttip è finta: «Lui è il good cop (il poliziotto buono, ndr) della globalizzazione liberista. Pensa di piacere ai no-global, ma chiedendo l’apertura del mercato americano vuole che Veolia o Suez possano accedere al gas di scisto americano! Che schifo!». Secondo l’eurodeputato socialista Emmanuel Maurel, invece, «abbiamo bisogno di un “Buy european act”», ma confida ancora in Hollande: «Spero che sia deciso a imporre un rapporto di forza. A Bruxelles, alcuni pensano che la Francia bluffi…». Ma Fekl aveva già risposto ad entrambi con gli stessi toni usati ieri: «Se la Francia dice no, i negoziati si fermano».
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