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Verso il 25 novembre Pari opportunità, rispetto e ascolto Così le aziende frenano la violenza

Scritto da Google News. Postato in Pari Opportunità

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Le aziende e gli altri luoghi del lavoro possono giocare un ruolo importante nel contrastare la violenza familiare, possono: aiutare donne e uomini a sviluppare una maggiore sensibilizzazione sul tema, captare eventuali segnali di malessere e offrire sostegno e aiuto concreto a chi subisce comportamenti molesti. Tutto ciò affiancato all’imprescindibile leva organizzativa che fa perno sullo sviluppo di una politica di pari opportunità di accesso e di carriera. Un contributo non da poco. Zeta Service si è impegnata in questo costituendo il Progetto Libellula una rete di aziende nata con l’obiettivo di confrontare best practice, condividere momenti di formazione e sviluppare iniziative indirizzate ai collaboratori e al mondo esterno.

«L’azienda è un incubatore di valori e il progetto vuole lavorare su questi valori - commenta Giorgia Ortu La Barbera, responsabile scientifica del progetto- Crediamo inoltre che la lotta alla violenza sulle donne sia anche una questione di cultura e di linguaggio, perché è proprio attraverso le parole che si disegnano i confini fra ciò che è accettabile e ciò che non lo è». Il primo passo per affrontare il Progetto Libellula ha riguardato un’ indagine conoscitiva sul percepito, sui giudizi e sui pregiudizi intorno al tema violenza intervistando 13 direttori del personale ed elaborando le risposte di un questionario indirizzato 2260 dipendenti. Fra le aziende che hanno aderito all’iniziativa: Italia on line, Discovery, Phometica, Etro, Lush. I risultati fanno riflettere.

I dati sulla violenza

La percentuale di collaboratrici che ha vissuto episodi di violenza è molto elevato (22%) ed è equivalente, ponderando i dati rispetto alla maggiore estensione di fascia di età, a quella rilevata da Istat (30%). La violenza psicologica ha riguardato il 34% delle donne intervistate , quella fisica il 25%, quella sessuale il 15% e lo stalking il 14%. Gli episodi sono avvenuti in prevalenza fra i 20 e i 40 anni. Un dato interessante: il 41% delle donne e il 23% degli uomini intervistati dice di essere a conoscenza di episodi di violenza fra la cerchia dei conoscenti ma stima che la percentuale scenda rispettivamente al 23% e al 13% se ci si riferisce alle proprie colleghe. «Sfatiamo uno stereotipo -denunciano gli estensori della ricerca- la violenza non riguarda solo alcune persone e alcune categorie sociali, ma è tra noi, uomini e donne di istruzione superiore, affermati socialmente e professionalmente, appartenenti alla cultura europea, affrancati ormai da condizionamenti di modelli culturali arcaici».

I comportamenti di sopraffazione più frequenti sono ritenuti: Pretendere che alcune faccende di casa e di cura siano di esclusiva pertinenza della donna (94%), Fare battute a sfondo sessuale (87%), Fare avance fisiche (85%), Obbligare a lasciare il lavoro per accudire ai figli (77%), Stalking (83%), Insultare (71%), Impedire di prendere decisioni sulla gestione economica (68%), Controllare computer e chat (66%). Vi è però una diversa percezione fra le donne (più sensibili) e gli uomini per quanto riguarda lo stalking (con una differenza del 19%) a cui segue il controllo del pc e del telefono con (il 15%) e l’insulto con (14%). Donne e uomini differiscono inoltre del 15% sia nell’osservazione dei comportamenti che indicano dinamiche di sopruso più sottili (condizionare la scelta degli amici, il modo di vestire, dileggiare di fronte ad altri) sia in quelli che si riferiscono a violenze più esplicite (forzare rapporti sessuali non voluti, minacciare, dare calci e pugni, stuprare).

«Quello che abbiamo notato durante la Ricerca - commentano Marilù Guglielmini e Debora Moretti responsabili del Progetto Libellula - è che il concetto di violenza è vissuto in modo diverso in base all’età. Le persone più adulte, sopra i 35 anni, riconoscono le diverse sfumature della violenza, l’isolamento, la violenza psicologia, la possessività, la violenza economica.I più giovani invece associano la violenza prevalentemente solo al femminicidio e allo stupro. Riteniamo -commentano ancora- che questo sia dovuto al fatto che il concetto di violenza sulle donne al quale hanno accesso è quello proposto dalla cronaca, che poco affrontano il tema da un punto di vista culturale e raccontando le diverse sfaccettature del fenomeno. Ci sono diversi aspetti della violenza che non sono quindi riconosciuti dalle fasce più giovani e quindi di conseguenza sono più a rischio di essere agiti. È il caso delle affermazioni “ è geloso perché ci tiene a me”, “controlla il mio abbigliamento perché è geloso, “mi ama”,”Mi vuole solo per lui perché mi ama”.

Una delle armi potenti in mano alle aziende per combattere la violenza sulle donne è una seria politica di pari opportunità che garantisca parità di accesso, di sviluppo e di carriera. Lo dicono con chiarezza gli intervistati indicandola il 68% delle volte (il voto era multiplo). Seguono i servizi di consulenza legale e psicologica, i corsi di difesa personale, l’erogazione di seminari e giornate formative sui temi rivolte rivolte ai dipendenti e propri familiari.

7 novembre 2017 (modifica il 7 novembre 2017 | 22:51)

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