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I figli e le pari opportunità (anche per gli uomini però): è la chiave per avere tutto

Scritto da Google News. Postato in Pari Opportunità

Il caso di Anne-Marie Slaughter è entrato negli annali della difficile storia della conciliazione tra famiglia e lavoro. Quando, due anni fa, lei, prima donna a dirigere la pianificazione politica per il dipartimento di Stato Usa, decise di lasciare quel «ruolo da sogno», perché non sopportava di vedere i figli di 12 e 14 anni soltanto nel weekend e di abbandonare il marito a risolvere tutte le emergenze, la sua scelta personale riaprì l’eterno dibattito. «È ora di smetterla di illuderci. Le donne che riescono ad essere allo stesso tempo madri e professioniste ai vertici sono superumane, ricche o lavorano in proprio», scrisse Slaughter  in un celebre e controverso articolo sull’Atlantic Monthly intitolato «Perché le donne non possono avere tutto»Proprio lei, la femminista che, tante volte, aveva assicurato alle giovani che fosse possibile essere bravi genitori e intanto perseguire la carriera al massimo, sentì  che tornare a casa (e all’Università di Princeton, meno impegnativa di un lavoro governativo) «era la cosa giusta» in quel momento.

Ma la storia non finisce qui.Oggi, dopo due anni, la 55enne Slaughter è tornata a Washington per un lavoro che la tiene lontana dai figli tre giorni a settimana. «E nessuno è più sorpreso di me», dice al telefono al Corriere. Le sue idee non sono “cambiate” ma si sono “evolute” spiega. E aggiunge che non è necessario essere superdonne per “avere tutto”: un’altra strada consiste nel coinvolgere gli uomini

Slaughter ha accettato di dirigere la «New America Foundation», un think tank che propone la costruzione di una «nuova America» che investa sulle «infrastrutture dell’assistenza» (anche sanitaria) quanto su quelle del capitalismo. «L’ho fatto perché mi sono resa conto che dicevo sempre alle donne più giovani di seguire il cuore, questo è quello che volevo fare più di ogni altra cosa», spiega. Ma è anche un compromesso: ha un orario che le permette in parte di lavorare da casa; e aspetterà che i figli lascino il «nido» prima di avventurarsi in un lavoro governativo «al livello che vorrei».

L’esperta di politica e affari internazionali non ha smesso, comunque, di pensare a come sia possibile realizzare una società in cui sia le donne che gli uomini possano «avere tutto». «Non ho mai detto che sia impossibile», spiega oggi. Ed «essere una superdonna» (il sogno/incubo  che Debora Spar, madre di tre figli e presidente del Barnard College, invita tutte ad abbandonare nel recente libro «Wonder Women») non è l’unica strada, sottolinea. «Sono sempre più convinta che gli uomini vadano coinvolti in un modo molto più fondamentale». Che la «conciliazione» tra famiglia e lavoro non sia solo una questione femminile, ma familiare, è un aspetto ormai sempre più discusso. E di fatto, in America, le ore che i padri dedicano alla casa sono raddoppiate tra il 1965 e l’83; quelle che riservano alla cura dei figli piccoli triplicate dal 1965 al 2000. Moglie di un docente universitario che per anni ha conciliato carriera e famiglia (spesso dedicando a quest’ultima più tempo di lei), Slaughter nota però che, mentre le donne sono oggi rispettate se scelgono di essere professioniste, casalinghe o entrambe le cose, per gli uomini non è lo stesso. E anche Hanna Rosin, in un altro celebre articolo sull’Atlantic diventato libro («La fine del maschio») ha registrato  il disagio maschile e la difficoltà ad adattarsi al capovolgimento dei ruoli familiari favorito dalla società postindustriale.

Per Slaughter, la conclusione è che la società deve cambiare. «Lo spettro di scelte su ciò che un uomo può fare (ed essere) va cambiato in modo più fondamentale. L’uomo dovrebbe avere, come la donna, l’opportunità di dedicarsi alla casa e ai figli, senza che  venga considerata una perdita di mascolinità». E all’obiezione (sollevata da lei stessa anni fa) che molte madri sembrano sentire il bisogno di restare coi figli più dei partner, lei replica che «non sappiamo come si comporterebbero gli uomini se non fossero educati all’obbligo primario di mantenere la famiglia. Ma non credo che potranno scegliere liberamente finché la cura degli altri non viene davvero valorizzata nella società». Per questo, si è fatta paladina di una «nuova America», che premi non solo la competizione ma anche «la cura» e  che investa nelle infrastrutture dell’assistenza sanitaria come su quelle del capitalismo.

«I miei figli hanno l’esempio di mio marito, che li ha seguiti più di me mentre io facevo lavori “importanti”, e  sono cresciuti con l’idea che prendersi cura della  famiglia non sia una perdita di mascolinità, e fare carriera non comporti una perdita di femminilità». In attesa di un Paese diverso (e di una presidente donna come Hillary Clinton che a suo parere contribuirebbe ad una visione diversa), Slaughter ha cominciato da casa sua. 

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