Il ministro della Giustizia e le pari opportunità
Di Pietro Mancini
Agli albori del "berlusconismo", il Cavaliere, dopo aver sconfitto alle elezioni la "gioiosa macchina da guerra" di Occhetto e aver ricevuto dal Presidente della Repubblica l'incarico di formare il governo, si recò al Quirinale. E a Scalfaro esternò i suoi orientamenti sui titolari dei dicasteri più importanti. Per la Giustizia, il premier incaricato fece il nome di Cesare Previti, uno dei suoi avvocati, calabrese di Reggio, ex missino, titolare di un importante studio legale, a Roma, che era stato appena eletto senatore di Forza Italia. L'allora inquilino del Colle invitò Berlusconi a non nominare Previti Guardasigilli. Motivi di "opportunità e correttezza", in quanto sarebbe stato tutt'altro che irreprensibile che dei problemi della giustizia si occupasse uno degli avvocati del Presidente del Consiglio. Il Cavaliere accettò il consiglio di Padre Oscar Luigi, benchè 19 anni fa era molto lontana, e non prevedibile, la bufera giudiziaria, che si sarebbe abbattuta, qualche anno dopo, sul sen.Previti e sul cliente più noto del suo studio legale. Il caso Cancellieri è scoppiato, perchè l'Italia sta attraversando una fase in cui l'opinione pubblica, tormentata dalla crisi e irritata per le ruberie, cede, spesso, alla tentazione di chiedere agi eletti, anzi ai nominati dalle oligarchie dei partiti, degli standard di moralità che, in alcuni casi, sembrano del tutto irrealistici.
E, per la famosa telefonata in Questura pro-Ruby, solo fermata e non in cella, Silvio è stato stangato a 7 anni di prigione. Non ritiene Re Giorgio II, in tale molto teso contesto, con i movimenti populisti che soffiano sul fuoco, che, come nel 1994, sulla nomina di Previti, che venne trasferito alla Difesa, sarebbe utile e opportuna una sorta di sua autorevole "moral suasion" su Enrico Letta, affinchè il premier inviti la ministra Cancellieri a lasciare la guida della Giustizia ? Come il senatore di Forza Italia, prima della nascita dell'esecutivo Berlusconi I, l'ex prefetta non ha commesso alcun reato. Ma un incarico così delicato può continuare a svolgerlo la ministra, che-come si è appreso dalle intercettazioni telefoniche- si "è messa a disposizione" dei ricconi ma inquisiti Ligresti, appena vennero arrestati il costruttore e le sue due figlie? Nè la Cancellieri fece alcun accenno a "interventi umanitari" da attuare a causa delle condizioni di salute di Giulia, di cui parlerà solo un mese dopo, con le telefonate ai vicecapi del DAP. E ieri, dopo Grillo e Maroni, anche Vendola ha sollecitato donna Anna Maria a fare un passo indietro. Il Capo dello Stato - i cui interventi, talvolta irrituali, hanno contribuito a sciogliere intricati nodi politici - sarebbe apprezzato non solo da Vendola e Grillo, ma anche dai non pochi sostenitori del governo Letta, critici sulla vicenda. E, soprattutto, dalla maggioranza, silenziosa e non, del Paese. Che ritiene, a ragione, e sulla base della Costituzione, di cui Napolitano è il garante, che i ministri, in primis quello della Giustizia, debbano dimostrare imparzialità, trasparenza ed evidenziare, nei confronti di tutti cittadini, sia quelli liberi sia quelli detenuti, non esclusi quelli ristretti con l'articolo 41 bis, uguaglianza di trattamenti, offrendo a tutti pari opportunità. Pietro Mancini