“Gli artigiani e le medie aziende chiedono solo pari opportunità”
GLI ONERI PER IL SISTEMA NAZIONALE SONO ECCESSIVI RISPETTO ALLA CONCORRENZA DELLE ALTRE NAZIONI. SECONDO SERGIO SILVESTRINI, SEGRETARIO GENERALE DELLA CNA, SI PUÒ INTERVENIRE SUBITO
Milano «C on una gamba legata, Abebe Bikila non avrebbe vinto la maratona olimpica di Roma. E non sarebbe entrato nella leggenda. Non c’è eccellenza, creatività, voglia e capacità di lavorare che a lungo andare possano reggere il confronto internazionale sotto il peso dei fardelli imposti ai nostri artigiani, alle nostre piccole e medie imprese. Per diventare come Bikila devono correre il doppio degli altri. Spesso ci riescono. Ma non mi pare una richiesta ragionevole. Né sostenibile nel tempo». Sergio Silvestrini, segretario generale della Cna, ricorre a una metafora sportiva per denunciare le diseconomie che pesano sul sistema Italia, soprattutto il prezzo dell’energia, sempre più esorbitante. E preoccupante. Silvestrini, ma che cosa tiene legate le gambe dell’Italia che produce? «L’eccessivo costo dell’energia sta diventando il problema dei problemi. Mette in gioco la competitività, la sopravvivenza stessa del tessuto produttivo nazionale, che, è noto a tutti, è formato perlopiù da micro, piccole e medie imprese. L’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), emanazione dell’Ocse, ha certificato che tra i 33 Paesi membri dell’Organizzazione l’Italia detiene il primato della più esosa bolletta elettrica per le imprese». L’alto prezzo dell’energia, però, non costituisce un problema solo delle piccole imprese. «La statistica ci dice, è vero, che le imprese italiane pagano l’energia
elettrica un terzo in più della media delle imprese europee. Un evidente svantaggio competitivo per l’intero sistema produttivo. Ma, se disaggreghiamo questo dato, in Italia emerge una realtà ben diversa. Il 74 per cento del totale degli oneri di sistema, per esempio, grava su artigiani, piccole e medie imprese». Oneri di sistema? Di che si tratta? «Sono voci di costo fissate per legge che gravano sulle bollette. I proventi che ne derivano sono destinati a promuovere le energie rinnovabili, a finanziare i regimi tariffari sociali, a smantellare le centrali nucleari, a risarcire gli investimenti delle imprese elettriche. In complesso ammontano a 13,7 miliardi. Ebbene, di questi miliardi circa una decina è a carico delle Pmi. Non solo. Le imprese definite energivore, vale a dire le grandi imprese che consumano molta energia elettrica, a fronte di consumi pari al 18% del totale nazionale contribuiscono al gettito fiscale appena per il 3%. Insomma, siamo di fronte a un sistema che premia chi più consuma e penalizza chi risparmia e investe in efficienza. Eppure proprio l’efficienza potrebbe contribuire a determinare una svolta, la svolta per eccellenza, ritengo, nella spesa energetica nazionale ». Ci può spiegare? «Anche in questo caso non rispondo io, ma sempre l’Iea. Che definisce l’efficienza energetica come la “fonte principale al mondo”. Non è una provocazione. Il Centro studi dell’Enel e il Politecnico di Milano hanno calcolato che l’applicazione di strumenti e sistemi per l’efficienza energetica potrebbe generare entro il 2020 un impatto sull’economia nazionale pari al 2% del Pil, un risparmio nelle emissioni di anidride carbonica di 50 milioni di tonnellate, un aumento degli occupati nell’ordine del 2%, una riduzione del consumo totale di energia che potrebbe arrivare al 18% rispetto a oggi». E perché non si fa? «Perché, spiega lo studio, vanno eliminate prima di tutto le rigide barriere normative che disciplinano il settore energetico ». Probabilmente inciderà anche il costo degli investimenti. «Ma si tratta, appunto, di investimenti. Che potrebbero generare concreti e cospicui risparmi in sei, sette anni. Quanti di noi sanno che l’Italia è il primo importatore netto di energia elettrica e tra i primi nell’acquisto di gas, petrolio, carbone dall’estero? I soldi, inoltre, sarebbero in buona parte anche disponibili». E dove? «A Bruxelles ci sono 23 miliardi da attribuire per favorire l’efficienza energetica e l’energia sostenibile da qui al 2020. Si tratta di progetti che devono presentare le imprese, ma vanno filtrati e organizzati al meglio dalle regioni. Prima, però, le amministrazioni regionali devono rendere prioritarie l’efficienza energetica e la diffusione dell’energia sostenibile nei loro programmi comunitari. Nel ciclo di fondi che si sta chiudendo tra carenze, difficoltà e sprechi, questa possibilità purtroppo è stata trascurata». Mi scusi, ma l’efficienza energetica sembra un capitolo del libro dei sogni e delle buone intenzioni. Che solitamente è corposo ma rimane intonso. «L’efficienza energetica non è affatto una novità. Rispetto agli anni settanta l’innovazione spinta delle imprese ha portato benefici sensibili anche alle famiglie e consistenti risparmi nelle importazioni di energia. Ora è il momento di un progetto di sistema. Disponiamo di competenze tecniche all’avanguardia e invidiate, tanto che la EdF, l’Enel francese, ha scelto proprio il nostro Paese come sede del primo campus del gruppo dedicato allo studio dell’efficienza. Abbiamo, poi, l’esperienza positiva dell’eco-bonus». Perché positiva? «Perché ha prodotto nei primi otto mesi di quest’anno un giro d’affari di 14,5 miliardi, qualificando l’intera filiera del settore, riducendo consumi energetici, emissioni di CO2 e bollette, producendo migliaia di posti di lavoro. La commissione Ambiente della Camera ha chiesto al ministro Orlando di rendere definitivi gli incentivi alle ristrutturazioni e all’efficienza energetica. Adesso decide il Parlamento. Come tutti sappiamo, anche i viaggi più lunghi cominciano con un passo. Allora, forse, un nuovo inizio nella politica energetica nazionale potrebbe cominciare con un voto». (g.mar.) L’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), ha certificato che l’Italia detiene il primato della più esosa bolletta