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I "nodi" pari opportunità e diritti civili si sciolgano senza (inutili) scontri ideologici

Scritto da Google News. Postato in Pari Opportunità

"Educare alla diversità a scuola" è il titolo dell'opuscolo al centro delle polemiche esplose in queste ore grazie al quale si è riaperta quella contrapposizione laici-cattolici di cui, davvero, nessuno sentiva il bisogno. Si è voluto rispondere ad un problema molto serio ed affrontato, giustamente, con una strategia europea contro le discriminazioni, nella maniera più sbagliata, sul terreno puramente ideologico. Difficile, infatti, pensare che sarebbe passato in sordina un testo nel quale si fa l'identikit dell'omofobo, descrivendolo come di «età avanzata» ed accecato da un alto «grado di religiosità» e di «ideologia conservatrice»; si promuove la buona tv condannando quella cattiva; si fa l'elenco dei divieti imposti ad insegnanti (in un precedente opuscolo la lezioncina era rivolta ai giornalisti) per non incorrere in esempi od affermazioni che facciano riferimento alla famiglia (tradizionale) che oramai esisterebbe solo nelle pubblicità.

Insomma si risponde ad un modello con un altro modello dimenticandosi che salvo il limite invalicabile dell'offesa e della violenza omofoba, tali temi vanno affrontati sul terreno del confronto e delle libertà di ciascuno, a cominciare dalla libertà di essere sé stessi.

Esprimere opinioni, educare alla ricerca di un confronto nel pluralismo delle idee è il solo modo per approcciare positivamente e sbloccare un dialogo che altrimenti, rimane fermo. Non è mica un caso che sul piano dei diritti civili l'Italia è fanalino di coda dell'Unione Europea.

Dato l'approccio era inevitabile l'ennesimo ed inutile polverone che ha come unico obiettivo quello di bloccare il processo di riforme che da trent'anni attende questo Paese nel campo dei diritti e delle libertà. Per metterci una bella pietra sopra, infatti, Alfano pone la questione a livello politico, irrompendo sul tavolo di Renzi, per la composizione del nuovo Governo, e rivendicando la delega sulle pari opportunità: peccato che ci si dimentica che proprio il direttore dell'Unar, sotto accusa per i contenuti di questo opuscolo, viene incasellato come vicino al partito scissionista da Forza Italia.

Al di là della necessaria chiarezza sui costi sui quali non c'è trasparenza tanto da generare cifre in libertà - addirittura che 10 mln di euro - riguardo non solo gli opuscoli ma l'intera strategia antidiscriminatoria, tre sono le questioni, vere, che andrebbero risolte: il metodo, la guida e l'organizzazione.

Macroscopica è la mancanza di una vera guida politica, rimasta vacante dal momento in cui Iosefa Idem non è stata sostituita come Ministro e la delega è stata accorpata al Vice Ministro Guerra che già deteneva numerose competenze in materia di lavoro e, per sua stessa ammissione, non è certo esperta di temi che vanno trattati con la massima delicatezza.

Appaltare a consulenze o alle sole associazioni lgbt, l'intera strategia antidiscriminatoria, senza prevedere né figure ufficiali di sintesi politica né luoghi di confronto e di compensazione dei differenti orientamenti culturali e di competenza (un vero Ministro, un vero viceMinistro con deleghe dedicate, oppure un Commissario per i diritti civili, od ancora una Commissione per i diritti civili), è stato l'ulteriore miopia che ha condotto dritti dritti allo scontro.

Lavarsene le mani all'ultimo momento, da parte della Guerra, che pare fosse "solo parzialmente informata" dei contenuti dell'opuscolo della discordia equivale ad ammettere che c'era, come effettivamente c'è, un vuoto di direzione politica impressionante. Peraltro bene evidenziato dall'assordante silenzio della Guerra nel dibattito sulla legge contro l'omofobia.

Andrebbe ripensato daccapo, a cominciare dall'organizzazione del dipartimento, oltre che dell'Unar, tutto il concetto di politiche di pari opportunità in modo particolare per l'aspetto che riguarda le riforme civili. Alla vigilia della nascita di un Governo guidato dal Segretario democrat Renzi che ha inaugurato il 2014 con una lettera rivolta ai partiti esortandoli a scendere sul terreno delle riforme non solo istituzionali ma anche del lavoro e dei diritti civili, bisognerebbe una volta e per tutte cambiare verso al modo di affrontare questioni che riguardano milioni di cittadini che non vengono certo risolte da polemiche e scontri ideologici ma che non è neanche possibile ignorare, come proposto da Alfano, o dalla stessa Segretaria di Scelta civica Stefania Giannini che rinvia la palla ad un Parlamento che, da solo, non ha la forza di affrontare il tema. Per intenderci: nessuno nega che lavoro, fisco e pubblica amministrazione siano le emergenze vitali per il Paese ma questo non vuol dire che non ci sia spazio per occuparsi, con equilibrio e moderazione, di riforme civili.

I diritti non sono di destra o di sinistra, di laici o di cattolici, i diritti appartengono a tutti. E sono la frontiera più avanzata che consente ad una società aperta, dinamica e competitiva di crescere. Sotto il profilo civile ed economico insieme: affrontare un aspetto senza curarsi dell'altro vuol dire condannarsi a non produrre risultati utili per nessuno. Un blocco, di fatto, già vissuto con l'esperienza del Governo Letta e che nessuno vorrebbe rivedere ancora una volta.

 

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