Parola di androloga: il maschio è alla ricerca delle pari opportunità - Regione
PISA. Professoressa Bertozzi, il sottotitolo di questo vostro secondo congresso di andrologia è "pari opportunità per il maschio". Come sarebbe a dire? Fino a oggi erano le femmine a reclamare pari opportunità…
«Le donne, in campo sanitario, hanno moltissime opportunità di prevenzione, di diagnosi precoce. Capisco che possa suonarle strano, ma per gli uomini la situazione è del tutto diversa, poiché non esiste un'adeguata politica di prevenzione delle patologie andrologiche. La Toscana è una fortunata eccezione: la Regione da poco ha istituito una commissione di patologia di genere nella quale ha coinvolto la nostra andrologia di Pisa».
Vuol dire che quelle andrologiche sono considerate malattie sociali?
«Certo, interessano più del 10% della popolazione. Se poi parliamo di deficit erettivo, si arriva all'incidenza del 60-70%. E badi bene, non si tratta solo di persone di una certa età, ma anche di giovani nella misura del 30%. Tutto ciò è precursore di malattie cardiovascolari, con costi enormi economici e sociali. Senza dimenticare le patologie neoplastiche genitali, come il tumore del testicolo o il carcinoma prostatico, o quelle del pene e della mammella maschile, che hanno un incidenza assai bassa ma una diagnostica molto tardiva, quando ormai la malattia si è diffusa. Ecco, non c'è un'adeguata prevenzione e, con questo congresso, intendiamo istituire un gruppo di lavoro e un modello operativo di servizio andrologico di prevenzione e diagnosi precoce oncologica».
C'è un retaggio culturale nell'uomo, da sempre restio a rivelare la propria carenza erettiva.
«È vero. Aggiungo che persino per l'infertilità non si fa adeguata prevenzione. Ci capitano pazienti di 40 anni, alla prima visita andrologica, che invano cercano di diventare padri, con deficit erettivo da anni, con il diabete o con una o più malattie cardiovascolari già alle spalle. Tuttavia questo trend sta diminuendo perché ogni anno facciamo un altissimo numero di prestazioni, a dimostrazione che la politica di prevenzione comincia a dare frutti. Ma si tratta di una cultura molto in ritardo, specie se rapportata al mondo femminile».
Non trova che la differenza stia nella capillarità dei servizi sul territorio? Pensi, ad esempio, ai consultori.
«Ha ragione, non è un percorso facile. Noi andrologi cercheremo di lavorare in maniera interdisciplinare coi medici di medicina generale, poiché è fondamentale l'inquadramento clinico del paziente. Vorremmo attivare un servizio di prevenzione che sarà articolato in modo diverso rispetto all'attuale. Ad esempio negli ambulatori di medicina generale saranno disponibili questionari molto semplici, con poche domande, che indirizzino a parlare il paziente con il proprio medico. Questo è già un passaggio fondamentale. Poi, devo dire, qui in andrologia esiste già un percorso prevenzione. A ciò vanno aggiunti altri passaggi particolari, ai quali sarà interessata anche la Regione Toscana. Penso a un'eventuale campagna vaccinale Hpv anche tra gli uomini e a uno studio nella popolazione maschile tra i 18 ed i 35 anni».
Che cosa è una vaccinazione Hpv?
«Riguarda il papilloma virus, responsabile di malattie sia nella donna che nell'uomo. Nelle femmine si manifesta con lesioni che possono diventare cancerose. La Regione Toscana ha già iniziato la campagna di vaccinazione per le ragazze. Al momento i maschi restano esclusi. Eppure questo virus può provocare il tumore del pene, molto aggressivo. Se poi considera che l'uomo può essere vettore del virus, il quadro è completo».
Nell'ultimo giorno di convegno vi buttate su un fronte decisamente inconsueto, dibattendo sulla “nemesi medica dopo i 50 anni in nome di un'etica non patetica”. Che rapporto ha la filosofia con l'andrologia?
«Le rispondo dicendo che la filosofia ha un rapporto diretto con la medicina. In particolare ce l'ha con l'andrologia, poiché essa tocca temi e malattie che alterano nel profondo la qualità della vita. Per i credenti, l'andrologia è la branca che più connette a Dio, in quanto abbraccia la tematica della riproduzione, alla base della quale ci stanno la sessualità e la capacità erettiva. Si toccano corde profonde, davvero filosofiche: siamo anima e corpo, spirito e materia. In tal senso esiste un legame profondo tra filosofia e andrologia, che presuppone una politica etica verso le coppie e i pazienti».
Politica etica?
«Esatto. Consiste nel fare il bene dei nostri pazienti. In andrologia, dove ci sono dei temi delicati come la riproduzione e la fertilità, questo concetto assume un valore aggiunto».
Faccia degli esempi, professoressa, in questo campo quali sono i temi etici che possono riguardare una coppia?
«Bisogna vedere da quale patologia è afflitta. La coppia deve ricercare un mutuo soccorso, ovviamente se è una coppia vera: la patologia dell'uno dev'essere presa in carico dall'altro componente, ai fini della ricerca di una soluzione comune. Poi c'è la figura del medico, che per la coppia deve individuare un percorso diagnostico che miri a individuare la terapia adeguata. La scelta dev'essere eticamente applicabile, ossia va fatta in base al paziente. Ciò non significa che la visione sanitaria debba modellarsi su richiesta. Tutt'altro. A chiunque sia affetto da una malattia va detto con chiarezza quale sia il percorso terapeutico da intraprendere, pure quando ciò si scontra con la sua volontà».
Anche in questo caso entra in ballo l'eredità culturale che pesa sul sesso maschile: voler dimostrare di essere più forti di tutti e di ogni cosa, persino della malattia. Figuriamoci se si parla di questioni andrologiche.
«Senz'altro, anche perché nell'uomo la virilità è ben visibile attraverso l'erezione. Quindi soffrire di una patologia che lede proprio quest'importante aspetto morfologico e funzionale, comporta pure dei problemi di ordine psichico. Pensi a un tumore del pene che necessita dell'amputazione, oppure all'infertilità, che va a intaccare la rappresentazione plastica dell'io maschile. Tanti, ancora troppi pazienti dopo una diagnosi di infertilità sviluppano un calo del desiderio. Perché? Semplice: ne risulta lesa l'identità di un uomo in quanto tale».