nel VCO sono 2952 le donne "boss", ma sulle pari opportunità c'è ancora molto da fare
- Ultima modifica il 04 Marzo 2015
BAVENO - In vista dell’8 marzo la Camera di Commercio fornisce i dati dell’imprenditoria femminile nel VCO Il primo dato che merge è che alla fine del 2014 sono 2.952 le imprese governate da donne in provincia, con un tasso di femminilizzazionedel 21,94% del totale, in linea con la media regionale (22,08%) e nazionale (21,55%).
Come emerge dall’Osservatorio dell’Imprenditoria Femminile di Unioncamere e dalle elaborazioni della Camera di commercio del Verbano Cusio Ossola su dati Infocamere, la distribuzione per settore di attività evidenzia come le imprese femminili si concentrino soprattutto nei settori del commercio (889 imprese, 30% del totale imprese rosa). A livello strutturale, prevalgono le imprese individuali: su 10 imprese governate da donne, quasi 7 sono ditte individuali (in v.a. 2000 unità).
L’imprenditoria femminile nel VCO è una realtà giovane che sta crescendo di peso velocemente. All’anagrafe delle imprese del Verbano Cusio Ossola, infatti, più del 64% delle aziende femminili ha meno di 15 anni (in Italia 66%) e ha conquistato, via via peso maggiore nel tessuto produttivo, il 31% delle imprese femminili ha meno di 5 anni.
Più dei loro colleghi uomini, la stragrande maggioranza delle donne imprenditrici sceglie la forma giuridica individuale che costituisce il 68% delle imprese rosa (in Italia il 65%) contro il 57% della base imprenditoriale complessiva in provincia (54% in Italia). Le forme organizzative più complesse si declinano al femminile con minore enfasi rispetto all’universo complessivo imprenditoriale, le società di capitali sono una realtà che nel VCO pesa il 13% sulle imprese rosa (19% in Italia), mentre incidono per il 17% a livello totale (25% in Italia).
Analizzando i settori, come già menzionato, in termini assoluti, le donne al comando di un’azienda sono più numerose nel settore del commercio (30%), nel turismo, inteso come alloggio e ristorazione (500 imprese, 17% del totale imprese rosa). Seguono le attività legate ai servizi alla persona (14%) e le attività manifatturiere (circa 7%). Ma se consideriamo il tasso di femminilizzazione i settori più coinvolti sono le altre attività di servizi, dove rientrano parrucchiere, estetiste, lavanderie, con un tasso di femminilizzazione del 58,3%, a seguire il settore sanità e assistenza sociale con un tasso di femminilizzazione del 49,2% (ma il settore ha un peso esiguo 1%), agricoltura con un tasso di femminilizzazione del 31,7% (peso del settore sulle imprese femminili del 7,4%), turismo inteso come servizi di alloggio e ristorazione con un tasso di femminilizzazione del 29,7%, e il commercio con il 26,8%
L’imprenditoria femminile si presenta poi più cosmopolita, il 7,5% delle donne a guida di impresa parlano straniero nel VCO, contro il 6,7 del totale imprese. Questa tendenza è confermata a livello nazionale pur con percentuali più alte: il 9,3% delle imprese rosa italiane sono straniere, contro l’8,7% del totale imprese italiane. Il 30% delle imprese femminili straniere del VCO sono comunitarie, il 70% extracomunitarie. Se guardiamo il totale delle imprese del VCO le percentuali sono 22% per le comunitarie e 79% per le extracomunitarie.
Questi dati vanno letti in un quadro più ampio che non è solo quello della crisi economica ma della ancora troppo scarsa partecipazione femminile al lavoro.
Proprio per questo la Camera di commercio sostiene il “Comitato per l’Imprenditoria Femminile”, nominato dalla Giunta camerale e presieduto da Sara Erba, imprenditrice verbanese. Tra le attività del Comitato si segnala il blog sviluppoedonna.wordpress.com dove è possibile dialogare con le imprenditrici e trovare informazioni sul fare impresa. Il Comitato fa parte di una rete nazionale che conta 100 comitati in Italia.
PARI OPPORTUNITA’ ITALIA ULTIMA TRA I PAESI INDUSTRIALIZZATI
E per le non imprenditrici? L'Italia accenna a un miglioramento nelle pari opportunità nell'indice sul "gender gap" 2014 calcolato dal World Economic Forum4. Per "gender gap" si intende il divario di genere all'interno di un Paese, che nella classifica dell'ente che organizza il forum di Davos non rappresenta un valore assoluto paragonabile direttamente con i risultati degli altri Stati. Ad ogni modo, si può trarre una classifica di questo indice, nella quale l'Italia sale di due posizioni, dalla 71esima alla 69esima su 142 paesi, ma si trova - in termini relativi - dietro al Bangladesh e alla Repubblica Kirghiza, confermandosi all'ultimo posto tra i principali Paesi industrializzati. Il miglioramento generale si deve solo alla politica: più donne in parlamento e al governo. Grave il ritardo nell'uguaglianza salariale: 114esimo. Passi indietro anche nel comparto dell'istruzione. A livello globale, serviranno 81 anni per chiudere la forbice delle opportunità lavorative tra maschi e femmine Nei nove anni di vita dell'indice, la Penisola ha comunque registrato un miglioramento della condizione femminile: nel 2006 era al 77esimo posto e nel 2007 addirittura all'84simo. L'anno migliore è stato il 2008, quando è arrivata al 67esimo posto, ma poi la crisi si è fatta sentire anche nel "gender gap".
Lo dimostra soprattutto il netto peggioramento dell'indicatore sulla partecipazione economica e sulle opportunità, che vede l'Italia scivolare al 114esimo posto (e ultimo in Europa) dal 97esimo del 2013 e dal già non esaltante 85esimo del 2008. In particolare, in questo ambito, la Penisola è 129esima per l'uguaglianza salariale per il medesimo lavoro, nel senso che laddove un uomo guadagna 40mila dollari l'anno, la donna con le stesse mansioni ne percepisce in media meno di 23mila.
A sorpresa l'Italia - stando allo studio - negli ultimi 9 anni ha fatto passi indietro nella parità nell'istruzione: nel 2014 è solo 62esima contro il 27esimo posto del 2006 e nel 2013 era 65esima. A penalizzare il ranking è il calo nelle iscrizioni di bambine nella scuola primaria, mentre per la scuola secondaria e l'università l'Italia si conferma come molti altri paesi al primo posto.