Quote rosa in parlamento disattese all'Onu
Venti anni fa il proposito solenne delle Nazioni unite di garantire alle donne una presenza minima del 30% nelle istituzioni politiche delle legislature nazionali nei Paesi aderenti. Oggi il bilancio delle “quote rosa” targate Onu che si mostra deludente. E a certificare questa mancata promessa dei principali leader mondiali è una ricerca condotta dall’Unione interparlamentare – rilanciata dal portale web di «The New York Times» – sottoposta alla stessa conferenza delle Nazioni unite, che ha constatato come solo 44 parlamenti su 190 hanno centrato l’obiettivo.
Qualche sorpresa a scorrere la lista dei Paesi virtuosi e di quelli invece inadempienti. Tra i primi si trovano infatti, e con risultati ben al di sopra del minimo richiesto, Stati connotati da fragilità democratiche ed economiche come il Ruanda (che vanta quasi il 64% di donne tra i membri della propria Camera bassa), la Bolivia (53%), il Senegal (42,7%), il Mozambico (39,6%). Altri
superano il 30%, e tra i nostri vicini in Europa sono Svezia (43,6%), Finlandia (41,5%) e Spagna (41,1%) a spuntare i migliori risultati. L’Italia se la cava con un misero 31%.
Ma forse fa più notizia il fatto che, tra chi non è stato capace di rispettare gli impegni in fatto di quote rosa e presenza di donne, ci siano per esempio gli Stati Uniti (19% di donne alla Camera dei Rappresentanti, 20% al Senato); il Regno Unito sfiora il risultato con un 29,4%; la Francia, patria del pensiero illuminista, si ferma a 26,2%. Infine non può che preoccupare, e risultare inaccettabile, scoprire che nei famosi Brics, le potenze emergenti, si trovino il 13,6% della Russia, il 12% dell’India, il 9,9% del Brasile. Uno scenario da migliore profondamente, quindi, per sostenere il percorso delle pari opportunità.
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