dalle droghe alle pari opportunità alle adozioni, dipartimenti vuoti senza referenti politici
Capi dipartimento senza missione, fascicoli impolverati, riunioni cruciali che non vengono convocate. Tutto fermo. A Palazzo Chigi hai voglia a timbrare il cartellino: se nell'Ufficio cerimoniale ora si affannano a fronteggiare le gaffe diplomatiche di Ilva Sepora, all'interno di numerosi dipartimenti sono due anni che non accade quasi nulla, spesso per mancanza del referente politico.
E questo nonostante la generosa infornata di sottosegretari e viceministri di questa settimana, che hanno occupato le caselle rimaste vuote all'Economia, alla Giustizia, agli Affari regionali e alla Cultura in vista anche dell'approvazione della legge sulle unioni civili. Eppure le poltrone che fanno capo direttamente alla Presidenza del Consiglio, lì a largo Chigi, rimangono neglette.
Dopo gli anni di iperattivismo berlusconiano e in parte lettiano, nel deserto dei Tartari sono finiti soprattutto il dipartimento pari opportunità, il dipartimento per le politiche antidroga e la commissione adozioni internazionali. Ma nemmeno l'oscuro dipartimento per la Famiglia se la passa bene: nessuno sa quali siano le sue funzioni concrete nonostante il sito nuovo di zecca e la freschissima nomina di sottosegretario (Enrico Costa) con delega proprio alla Famiglia.
A pagarne le conseguenze sono soprattutto coloro che dovrebbero beneficiare del lavoro della Presidenza del Consiglio: le famiglie che desiderano adottare un bimbo ormai non sanno più a quale santo votarsi mentre le politiche contro la violenza sulle donne sono entrate nell'oblìo.
Prendiamo il dipartimento pari opportunità. Sono finiti i tempi dell'attivissima Mara Carfagna o della volenterosa Josefa Idem. Matteo Renzi aveva nominato con mesi di inusuale ritardo Giovanna Martelli, che poi si è dimessa e ora è confluita nel Gruppo Misto per divergenze con il Partito democratico.
E così il dipartimento è rimasto senza la consigliera per le pari opportunità: ruolo meno preminente di ministra, ma almeno il Piano Antiviolenza nel 2015 era stato varato.
Negli uffici che videro negli anni migliori convegni sulla violenza domestica e incontri storici con gli esponenti della comunità gay ora regna lo sconforto. Il capo dipartimento Gilda Siniscalchi è stato trasferita, il lavoro è minimo. Non è un caso che secondo le statistiche la percentuale di assenteismo sia più alta in queste stanze piuttosto che nel resto di palazzo Chigi.
"Le conseguenze di questo vuoto politico e del totale disinteresse del governo per il tema della violenza di genere sono devastanti", commenta Titti Carrano, avvocata e portavoce della rete dei centi antiviolenza Dire che, come molte associazioni, lamenta proprio la mancanza di un referente politico al quale rivolgersi per elaborare nuove strategie.
Un esempio è l'approvazione del codice rosa negli ospedali: "Passato come emendamento nella legge di stabilità e cioè senza una reale discussione", continua Carrano. Ma anche la nuova normativa che consentirebbe alle donne vittime di violenza domestica di chiedere un permesso retribuito di tre mesi per ricominciare una nuova vita: manca la circolare applicativa dell'Inps e si capisce che, se ci fosse un responsabile per le pari opportunità, si potrebbero velocizzare i passaggi. Sì, ma con chi parlare?
Ufficialmente la delega è in mano allo stesso Renzi. "Ma è chiaro che non gli interessa e non è la sua priorità", è la stoccata della presidente dei centri: "L'Italia a livello europeo è ancora molto indietro sulle politiche di genere, mentre le statistiche continuano a registrare abusi e femminicidi in aumento: ma qui c'è il nulla più assoluto e nel 2015 le strutture-rifugio non hanno nemmeno ricevuto i finanziamenti dovuti per legge".
Fortemente critica anche la presidente di un'associazione storica come Telefono Rosa, da sempre abituata a interloquire con il governo. "Del rimpasto di Renzi, nessuna nomina per un Ministero, quello delle Pari Opportunità, che dovrebbe coordinare una tra le più gravi pandemie di questo Paese: la violenza contro le donne. Forse al Primo Ministro non basta che venga ammazzata una donna ogni tre giorni; forse non bastano i dati Istat che parlano di 6 milioni e mezzo di donne tra i 16 e i 70 anni, vittime di violenza nella civilissima Italia", colpisce e affonda Gabriella Carnieri Moscatelli.
A dire il vero l'unico sussulto del premier nei confronti delle pari opportunità è avvenuto recentemente, senza comunicati ufficiali e senza che venisse sbandierato. Riguarda l'Unar, l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, finito nel polverone dopo la lettera di censura a Giorgia Meloni: il presidente Marco De Giorgi è stato destituito, al suo posto dopo un bando interno è stato scelto Francesco Spano (che non lavorava al dipartimento), dirigente vicinissimo al Partito democratico.
Infine, l'Unar è stato portato lontano, presso la sede del dipartimento per le politiche famigliari: sempre alle dipendenze di palazzo Chigi. Così le pari opportunità hanno perso anche l'ufficio antidiscriminazioni.
L'aria non è più frizzante al dipartimento per le politiche antidroga, un tempo feudo di Carlo Giovanardi e di Giovanni Serpelloni, fan del proibizionismo più sfrenato. Giovanardi ha messo di essere il responsabile politico mentre Serpelloni ha esaurito il suo incarico poco dopo l'insediamento di Matteo Renzi, nell'aprile 2014. Al suo posto, nessuno.
La responsabilità tecnica è affidata a una dirigente che però non è capo dipartimento, mentre non esiste un responsabile politico. "La situazione è incomprensibile, è tutto bloccato", commenta all'HuffPost uno dei portavoce del Forum Droghe, Franco Corleone. Che ricorda come sia incombente, ad aprile, un'assemblea straordinaria dell'Onu sulle droghe, la prima dal 1998. Un appuntamento storico per il quale non è possibile sapere come parteciperà il governo, e con chi.
Dall'epoca di Serpelloni è stata smantellata in gran parte la Fini-Giovanardi e ora, timidamente, il governo semplifica la produzione di cannabis terapeutica. Ma per le associazioni non è sufficiente: "Sono sei anni che non viene convocata la conferenza sulle droghe, decisa per legge. Al dipartimento non possono farlo proprio perché manca un referente politico: Renzi ha le deleghe ma non se ne occupa", conclude Corleone.
Infine la Commissione Adozioni Internazionali, più volte finita nel mirino delle famiglie e delle associazioni poiché dall'insediamento della nuova presidente, voluta proprio da Matteo Renzi, non è mai accaduto nulla. O quasi. La conseguenza è che decine di famiglie attendono di sbloccare l'adozione all'estero di figli ormai loro, ma che non possono portare in Italia.
Le associazioni che si occupano delle adozioni e le famiglie protestano inviando lettere e richieste di incontro: ma l'ex magistrata ed ex senatrice Pd, Silvia Della Monica, non risponde nemmeno alle domande dei consiglieri della Cai.
I dati sulle adozioni sono fermi al 2013, gli uffici non elaborano più statistiche e non rispondono alle sollecitazioni della stampa. Lorenzo Pillon, rappresentante del Forum delle Famiglie presso l'organismo di palazzo Chigi, ha definito all'HuffPost "drammatica" questa situazione. E non c'è verso di comprendere il motivo. Nei giorni scorsi il presidente di Aibi ha ricordato che da due anni la Commissione non incontra le delegazioni straniere, una settimana fa alcune famiglie disperate sono andate a incatenarsi simbolicamente davanti a palazzo Chigi. Niente.
Ora, dopo la bufera internazionale sulle statue coperte ai Musei Capitolini, forse Matteo Renzi metterà mano al dossier che riguarda il palazzo del governo, mai così lento e vacante nonostante il recente balletto dei sottosegretari: una poltrona non si nega a nessuno.