Unioni civili, sindaco Pd non le sposa a Legnano: nozze gay nel Comune guidato dalla Lega
Troppe difficoltà, troppa resistenza, troppa titubanza spacciata per burocrazia. E alla fine la rinuncia: meglio sposarsi altrove. Non a Legnano, provincia di Milano, sindaco Pd, ma nella vicina Parabiago a guida leghista. La "paradossale" vicenda è stata denunciata da Diana De Marchi, consigliera Pd del Comune di Milano, presidente Commissione pari opportunità e diritti civili. "Chiedo, pubblicamente, al sindaco di Legnano - dice - di assumersi le proprie responsabilità e di organizzare immediatamente la celebrazione delle nozze". Cosa che in effetti il sindaco fa, dopo aver richiesto i moduli che ancora non c'erano.Caso rientrato dunque, con il primo cittadino che chiama le future spose per fissare già la data del matrimonio. "Sono contenta che il sindaco si sia assunto le sue responsabilità - commenta a fine serata De Marchi - e che anche se in ritardo abbia provveduto a richiedere i moduli. Speriamo che questo faccia ragionare anche il sindaco di Gallarate e tutti quei sindaci che negano un diritto sancito dalla legge". Già, perché la questione unioni civili e "sindaci contro" tiene banco anche in Regione.La denuncia. "Il sindaco di Legnano, primo cittadino del Pd ha esitato a celebrare l'unione civile tra due donne che hanno fatto la richiesta nel loro comune, adducendo come motivazione la mancanza dei moduli necessari, che avrebbero dovuto solo essere richiesti per tempo", è la vicenda resa nota dalla consigliera, che cita l'esempio della città di Milano, tra le prime a preoccuparsi di raccogliere le prenotazioni per arrivare preparata e organizzata. "Certo il periodo estivo, la mancata comunicazione tra funzionari e primo cittadino, sono attenuanti che dobbiamo prendere in considerazione, ma assistiamo a un vero paradosso, con le spose costrette alla cerimonia in un comune leghista. Matteo Salvini annuncia ai quattro venti la disobbedienza dei suoi amministratori alla norma e il primo cittadino di Parabiago, Raffaele Cucchi, non si attiene alle direttive del suo segretario e da immediata disponibilità ad applicare la legge, approfittando delle esitazioni del vicino sindaco del Pd. Un modo come un altro per mettere in atto uno di quei giochi politici che disorientano i cittadini e rendono poco trasparente il nostro operato di rappresentanti democraticamente eletti e ai quali dobbiamo mettere fine una volta per tutte. Vorrei che nel mio partito non accadessero più fatti gravi come questo". I sindaci obiettori. Dunque il lieto fine.Ma il dibattito sui sindaci obiettori non si esaurisce qui, perché a tenere banco è anche il "no" del primo cittadino leghista di Gallarate, nel Varesotto, Andrea Cassano, che si è rifiutato di sposare due gay. "È un mio diritto non celebrare i matrimoni omosessuali e non li celebrerò - ha detto il sindaco - credo che una coppia che ottiene la possibilità di celebrare un'unione civile potrebbe già accontentarsi di questo senza pretendere che il sindaco (come già si sapeva) la celebri". Per il sottosegretario Ivan Scalfarotto "la deliberata volontà di non dare applicazione ad una legge dello Stato configura il grave reato di omissione d'atti d'ufficio, prevista dall'art. 328 del codice penale". Ma a difesa della decisione di rifiutarsi di celebrare le unioni tra coppie dello stesso stesso, sono scese in campo sia Forza Italia sia la Regione, per voce dell'assessora alle Culture, Cristina Cappellini: "Il diritto all'obiezione di coscienza è stato riconosciuto in altri settori attinenti alla sfera etica delle persone e non vedo perché non debba essere garantito anche in tema di unioni civili. Difendo la scelta di Cassani e di tanti altri sindaci che, come Regione Lombardia, hanno a cuore la famiglia naturale e non se la sentono di rinnegare le proprie convinzioni più profonde come invece chiede di fare la legge sulle unioni civili".
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