Corriere della Calabria - «Servono leggi contro la violenza di genere»
REGGIO CALABRIA «Se una ragazzina di tredici anni subisce ripetutamente abusi di gruppo di indicibile violenza, abbiamo fallito tutti. Non c'è solo una responsabilità della scuola o della comunità ma siamo tutti responsabili». Da qui è partita la riflessione dell'incontro tutto al femminile che si è svolto nella terza giornata della festa dell'Unità a Reggio Calabria, sul tema della violenza di genere. Seppur in un'atmosfera raccolta, il dibattito, ben diverso da quelli affrontati finora per il tema spinoso e delicato, è stato quanto mai opportuno, soprattutto dopo il recente episodio di Melito Porto Salvo. Paola Carbone, Maria Carmela Lanzetta, Maria Stella Ciarletta, Katya Tripodo, Serena Minniti e Pina Picerno hanno dato ciascuna il proprio contributo su un problema sociale purtroppo ancora attuale. «Dal 2005 al 2016 sono oltre mille in Italia le donne che dormono sulla collina – afferma Maria Carmela Lanzetta – Ma è un fenomeno che colpisce tutti i paesi e le classi sociali. È nostro dovere interrogarci sui motivi per i quali ancora c'è tanto accanimento sulle donne e capire cosa dobbiamo fare di più per limitare queste aggressioni».Ci si chiede se le strutture preposte, come i centri antiviolenza, siano adeguate ad accogliere correttamente le vittime di abusi; se il personale delle forze dell'ordine riesca a dare protezione alle comunità; ma soprattutto se la società sia in grado di fare rete attorno a queste donne per convincerle a denunciare. Il fenomeno passa attraverso parecchi temi: quello economico, perché le donne che non lavorano e non hanno un'autosufficienza economica non sono libere di decidere; quello del sostegno psicologico e medico, che dovrebbe essere rafforzato attraverso l'adeguata formazione del personale che lavora nelle strutture; e quello umano, che coinvolge ciascuno di noi nella quotidiana lotta all'omertà, attraverso l'educazione e la sensibilizzazione. «Gli strumenti ci sono – spiega la consigliera di parità Maria Stella Ciarletta, citando la legge regionale sulla violenza di genere ed i fondi stanziati dal governo – ma sono sempre stati sottoutilizzati rispetto alle potenzialità che hanno».I centri antiviolenza nella sola Calabria sono 9 e due sono le case rifugio, ma bisogna potenziarne l'operatività, che passa attraverso la lentezza della burocrazia. Le risorse sono importanti ma diventano inefficaci se non c'è un dialogo ed una volontà politica da parte delle istituzioni. «Le istituzioni devono dare segnali forti – concorda Pina Picerno -, aiutando a preparare un substrato culturale, legiferando. Nel merito di recente è stata varata la legge sul femminicidio; il governo ha convocato la cabina di regia per le pari opportunità con il fine di rendere omogenee situazioni e sensibilità che al momento trovano grande difformità nelle diverse zone del Paese. A seguito di questo incontro sono stati stanziati 31 milioni di euro. Nelle scuole è stato introdotta l'educazione al rispetto di genere. L'Italia ha fatto molto e continua a lavorare in questo senso. Il proposito è quello di arrivare a predisporre una serie di iniziative che siano coordinate e che vadano tutte nella stessa direzione – continua Picerno - Noi muoviamo dalla consapevolezza che i reati particolarmente odiosi come questo debbano avere una corsia preferenziale, per questo parte proprio da Reggio Calabria la sperimentazione del codice rosa in ospedale, anche per evitare che le vittime, per paura, ritrattino la denuncia. Ma c'è bisogno di azioni culturali che vadano di pari passo alla giurisprudenza. Per questo alla politica tutta spetta il compito di perpetrare una guerra culturale attraverso il coinvolgimento delle scuole, l'organizzazione di manifestazioni e momenti di confronto, il sostegno delle iniziative di sensibilizzazione e solidarietà. La strada che ci porterà ad ottenere i risultati è ardua, ma per questo bisogna percorrerla con più forza. Il Partito democratico è schierato in questa battaglia».