Addio a Simone Veil: spirito libero ed europeista
Donna, ebrea, politica: ricordiamo Simone Veil con le parole che amava usare lei stessa e che definiva le “sue mancanze” in un ambiente conservatore. Magistrato, fu la prima donna a ricoprire il ruolo di segretario generale del Consiglio superiore della magistratura in Francia. Ministro della Sanità nei gabinetti Chirac (1974-76) e Barre, nel 1975 riuscì a fare approvare la legge sull’aborto.
Simone Jacob, questo il suo nome prima di sposare Antoine Veil, nacque a Nizza nel 1927 da una famiglia ebrea, conobbe l’orrore del campi di sterminio di Auschwitz dove fu deportata nel 1944 e dove morirono i suoi familiari. Lei e la sorella si salvarono. Fece ritorno in Francia il 23 maggio 1945 e inizio quella che nella sua biogragia defini la battaglia per la memoria e la verità.”Volevamo parlare e non volevano ascoltarci”, scrisse.
In quei campi dell’orrore si sopravviveva solo grazie al caso, spiegherà in un incontro pubblico, rispondendo alla domanda di una bambina.
“Eravamo disposti in fila per cinque, questa conta si fermava ad un certo punto, chi andava da un lato moriva chi andava nell’altro si salvava”, raccontò Simone Veil
L’altra grande missione Simon Veil fu la costruzione di un’Europa politica, fu la prima presidente del Parlamento europeo dal 1979 al 1982. “L’Unione dell’Europa mi ha riconciliato con il XX secolo”, ha scritto nella sua biografia.
Nel marzo 1998 è nominata membro del Consiglio costituzionale, nel 2007 è diventa presidente della Fondazione per la Memoria della Shoà e nel 2010 è entrata a far parte dell’Accademia di Francia, massima istituzione culturale e linguistica del paese. Sesta donna ad avere questo onore: “In questo luogo dedicato alla difesa e alla promozione della Francia mi permetto di evocare l’ambizione alla quale ho dedicato una parte della mia vita: L’europa. è l’Eurooa che alcuni padri fondadori si sono dati come obiettivo dopo la guerra perche non ci fossero piu conflitti fratricidi”, disse in quell’occasione.
La tradizionale spada su cui è incisa la scritta “Liberté, Égalité, Fraternité” porta anche il numero identificativo 78651 del campo di concentramento di Aushwitz, che aveva ancora tatuato sul braccio.