Pakistan, bambine in fuga dai talebani per tornare a scuola
La famiglia di Nargis viene da Bajaur, uno dei territori delle “aree tribali di amministrazione federale, le cosiddette “FATA”. Roccaforte dei talebani, Bajaur è servita anche come base di riferimento per le operazioni di Al Qaeda nel nord est dell’Afghanistan. Le aree tribali sono tra le regioni più conservatrici del Pakistan. Qui gruppi radicali hanno stroncato anche con omicidi ogni moto di emancipazione femminile. Il livello di alfabetizzazione femminile è il più basso del paese e non supera il 5% contro il 34% dei ragazzi.
Racconta Nargil:“Quando sono arrivati i talebani, sono arrivati anche gli aerei da guerra. Quando sono cominciati i bombardamenti i talebani se ne sono andati. Quando sono iniziati gli scontri ci siamo messi a pregare. E abbiamo pianto appena sono iniziate a cadere le bombe. Le nostre case sono state distrutte. I Quando le ragazze andavano a scuola i talebani sparavano in aria. E’ per questo che io non ci sono andata”.
Il padre di Nargis ha ricordi diversi:” I talebani non hanno mai sparato e non hanno mai impedito alle ragazze di andare a scuola. Non volevano fermare l’istruzione femminile. Volevano solo che insegnanti e studentesse indossassero il burqa “.
Tra il 2008 e il 2010 oltre 4 milioni di persone hanno abbandonato le aree tribali nel Pakistan Nord Occidentale a causa di conflitti interni o della guerra al terrorismo. Parte degli sfollati è arrivata nel campo di Jalozai, vicino a Peshawar. Qui, migliaia di ragazze ricevono per la prima volta l’istruzione che era stata negata loro nelle aree d’origine.
Nargis, come altri nove mila giovani, frequenta ogni giorno una delle 33 scuole del campo di Jalozai. I bambini sono in totale 13.000. La sorpresa è che quasi la metà dei banchi è occupata da ragazze. Un risultato dovuto all’attività dell’Unicef, che gestisce le scuole, e che organizza regolarmente incontri con i genitori e forum di discussione tra famiglie, ragazzi e insegnanti. Il progetto che ha ricevuto quest’anno anche il sostegno dell’Unione europea attraverso i fondi del Nobel per la Pace ricevuto l’anno scorso.
Deeba Shabnam, UNICEF racconta:“Abbiamo delle difficoltà soprattutto con le ragazze perchè per i genitori l’istruzione non è importante. Provengono da zone dove il matrimonio in età giovanissima è molto diffuso. I bambini si sposano a 9, 10, 12 anni. L’istruzione non ha alcun valore per loro”.
Tra le insegnanti nel campo di Jalozai anche Sania Gul:“Ho perso i miei genitori, sono orfana. Ho un fratello che studia, è in terza. Lo sto aiutando nel suo percorso, così come aiuto il resto della famiglia. Se non avessi studiato, oggi non potrei aiutare nessuno”.
Per Nargis:“E’ il momento di imparare ed è importante che l’istruzione sia alla portata di tutti. E’ necessario che anche le ragazze possano un giorno diventare dottoresse o insegnanti. Il mio sogno è di essere un giorno una maestra”.
“Le famiglie si trovano in un ambiente nuovo” spiega Deeba Shabnam, UNICEF “Hanno la possibilità di mandare i figli a scuola, e hanno accesso a cure di base. Dal momento in cui arrivano nel campo iniziano a capire l’importanza della formazione e diventeranno più consapevoli di questo una volta usciti di qui a quel punto dovranno battersi per continuare a dare un’istruzione ai propri figli”.
Il padre di Nargis assicura che la sua famiglia sta facendo tutto il possibile per ritornare nelle proprie terre. E in tanti lo hanno già fatto. Nargis, come le altre 4 mila ragazze del campo, potranno un giorno tornare nelle aree tribali con nuove armi per combattere l’ignoranza e la guerra.
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