TI Insulto ergo sum - l'Espresso
Oggi è tutto diverso. I social hanno azzerato ogni distanza tra il “personaggio” e le persone che hanno compreso e interiorizzato una regola aurea: l’unica interazione possibile è l’insulto. Insulto più o meno becero, più o meno volgare, ma il rapporto con chi ha visibilità passa quasi esclusivamente per una messa in discussione che prescinde dai contenuti. Faccio un esempio concreto. Posto un video in cui racconto il mio stato d’animo e un ragazzo risponde: «Sei un fenomeno, scrivi il luogo di destinazione consapevole di essere scortato. Allora non hai bisogno della scorta... Maurizio Costanzo è ugualmente sotto scorta ma NON scrive su fb cazzate e luoghi di DESTINAZIONE...». Questo commento ottiene novantacinque risposte e una sessantina di like. Vado sul profilo dell’autore e noto che gli ultimi dieci post non hanno avuto nemmeno un like, nessun commento. Quindi per contare sui social (quando non si tratta di profili fake creati ad hoc) basta insultare chi ha séguito. E sulla mia scorta tutti esperti, tutti poliziotti e investigatori che ignorano la funzione che la protezione ha: farmi vivere non farmi stare recluso.
Ma gli insulti arrivano a tutti, mica solo a me e a dire il vero sarebbe un fenomeno normale, al quale dedicare ben poca attenzione, se dietro alcuni apparentemente innocui non si nascondesse altro. Pubblico la notizia della morte di Maryam Mirzakhani, matematica iraniana, prima donna medaglia Fields, scomparsa a 40 anni per un cancro al seno. Ho osato ricordare come in Iran lo studio universitario sia stato precluso alle donne e come Maryam Mirzakhani, laureandosi in matematica nel 1999 e riuscendo a vincere quello che viene considerato il Nobel dei matematici, abbia compiuto un vero e proprio miracolo. Riporto le denunce del premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi sulle difficoltà delle donne ad accedere all’istruzione, ma nulla, ho toccato per l’ennesima volta un nervo scoperto che non ha sguinzagliato semplici hater, ma chi tutto sommato considera i diritti delle donne diritti accessori. Segnalo poi il fact-checking di quanto ho scritto fatto da Daniele Scalea sull’Huffington Post che va proprio in questa direzione ovvero affermare che è un’esagerazione dire che Matematica sia stato (quando Maryam Mirzakhani, l’ha frequentato) uno dei pochi corsi consentiti alle donne, salvo poi ammettere che alle università le donne con alcune limitazioni possono iscriversi («Le restrizioni all’accesso contro le donne riguardano una minoranza dei corsi e solo in una minoranza di università»), ma poi la carriera possono anche dimenticarsela. È di donne che si parla e per alcuni, dopo tutto, è già tanto quello che hanno raggiunto… No?
Su Facebook, invece, mi ha colpito questo commento: «Lascia stare l’Iran e occupati della mafia e cose di casa… ti consiglio». Un consiglio, certo, come quelli che ricevo da chiunque. Se parlo di camorra diffamo il Paese. Se racconto le infiltrazioni delle mafie nel nord Italia dovrei parlare del Sud. Se parlo di Londra capitale mondiale del riciclaggio, dovrei occuparmi di Italia. Se mi rammarico per la morte prematura di una donna, esempio di determinazione in un Paese come l’Iran che nel 1999 (anno in cui Maryam Mirzakhani si è laureata) ha visto proprio gli studenti universitari marciare tenendosi per mano sfidando l’esercito, vengo invitato al silenzio. Memoria a breve termine o revisionismo? Intanto chi viene sulla mia pagina per insultare è ben lieto di appoggiare questo genere di commenti. Intendiamoci, se non volessi scatenare alcuna reazione smetterei di scrivere; quello che mi preoccupa è altro. L’hater che arriva con l’intenzione di racimolare like riesce a distinguere tra una critica becera ma innocua e la difesa di un potere nefasto? Spero di sì perché sono molto meglio i «Saviano sei un coglione» che gli inviti al silenzio o i fact-checking furbi sulla pelle delle donne.