il cammino delle donne sarà ancora lungo — L'Indro
Il 26 luglio scorso, il Parlamento tunisino, all’unanimità, ha approvato la nuova legge contro la violenza e i maltrattamenti sulle donne e la parità di genere. Il nuovo testo – che entrerà in vigore sei mesi dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale – introduce il riconoscimento di ogni genere di violenza (fisica, morale e sessuale) e prevede un’assistenza legale e psicologica alle vittime. Inoltre, abolisce un controverso articolo del codice penale che prevedeva l’abbandono del procedimento legale contro il responsabile di atti sessuali ‘senza violenza’ nei confronti di una minore di quindici anni in caso di matrimonio con la vittima. La legge è un passo avanti molto importante contro le violenze fatte alle donne. Tra i cambiamenti più importanti che la misura introduce, c’è l’emendamento dell’articolo 227 bis del Codice penale, che prevedeva una possibilità per gli stupratori di sfuggire alla prigione se sposavano le loro vittime.
Secondo dati del Governo, il 60 per cento delle donne tunisine sono state vittime della violenza domestica, il 50% ha dichiarato di aver subito un’aggressione in una zona pubblica almeno una volta nella loro vita; dal 2011 al 2015, secondo rilevamenti dei centri studi tra il 70 per cento e il 90 per cento delle donne è stato vittima di molestie sessuali soprattutto nei trasporti pubblici. Le violenze avevano avuto picchi ancora più importanti prima della primavera araba, quando gli stupri erano uno strumento di ‘punizione’ per le donne impegnate tra le fila dell’opposizione.Secondo il nuovo articolo 227 bis, chiunque abbia rapporti con una minore di 16 anni senza il suo consenso sarà punito con sei anni di reclusione. Altro divieto introdotto, quello di impiegare ragazze minorenni come collaboratrici domestiche: la pratica sarà punita con pene fino a sei mesi di detenzione. L’età del consenso, infine, e’ stata portata da 13 a 16 anni.L’approvazione di questa legge per un verso conferma come il Paese sia all’avanguardia almeno dal punto di vista legislativo tra i Paesi arabi nella tutela delle donne e fa intravedere, però, quanto il problema sia ancora molto grave, e dall’altra rappresenta un passo importante nel percorso di democratizzazione avviato nel corso degli ultimi 6 anni, dopo la fine del regime dell’ex Presidente Zine El-Abidine Ben Ali.Un recente sondaggio «ha rilevato che se una pluralità di tunisini credono che la democrazia sia preferibile a tutte le altre forme di governo, due terzi della popolazione non considerano ancora la Tunisia una piena democrazia» come sostiene Sarah Feuer, esperta di politica e religione dell’Africa settentrionale, nel suo articolo intitolato ‘Tunisia, a Success Story? The Troubles Rattling Its Still Fragile Democracy’ pubblicato da ‘Foreign Affairs’ , rivista statunitense dedicata alle relazioni Internazionali.Oggi la Tunisia si trova in uno stato di emergenza economica con un tasso di disoccupazione elevato, soprattutto fra i giovani diplomati, il debito pubblico quasi raddoppiato (da 10 miliardi di euro a 22 miliardi di euro) e con una difficoltà importante nell’attrazione degli investimenti esteri, causa un mercato poco regolamentato. L’incertezza del quadro politico e la corruzione dilagante hanno creato degli ostacoli difficili da superare da parte della comunità del business. Le donne sono tra le fasce sociali che più risentono di questa crisi economica che diviene crisi sociale.Per comprendere la condizione delle donne tunisine oggi si deve compiere un passo indietro per guardare alle tappe fondamentali che hanno portato le donne tunisine ad essere comunque un esempio di emancipazione femminile nel mondo arabo. “Il 13 agosto del 1957 è stato approvato dal Parlamento il Codice di Statuto Personale, data in cui si festeggia la festa della donna in Tunisia, che è un unicum nel mondo arabo e introduce la parità uomo donna, a parte le cosiddette tre riserve l’eredità, l’affidamento congiunto e la rappresentanza pubblica e politica (resta ancora insoluta soprattutto la questione dell’eredità) e che ha permesso l’introduzione del divorzio“, ci dice la giornalista, scrittrice e bloguère Ilaria Guidantoni.Nei primi anni ’60, si promuovono delle campagne a favore della pianificazione familiare e dell’introduzione della contraccezione protetta da riservatezza anche per le minorenni, e nel 1973 le donne tunisine ottengono la depenalizzazione definitiva dell’aborto.Il 23 ottobre del 2011 è stata approvata una legge elettorale che prevede un sistema proporzionale con liste bloccate ed una presenza alternata e paritaria di un candidato di sesso maschile e uno di sesso femminile. “Le donne in Tunisia lavorano e guadagnano più degli uomini, soprattutto relativamente ai mestieri più comuni (estetista, parrucchiera) anche se nella pubblica amministrazione e nelle aziende sono penalizzate nel far carriera come nel resto del mondo occidentale” continua Guidantoni.Avendo anche livelli di scolarizzazione più elevati degli uomini, le donne sono attive sia nella società civile sia a livello politico tanto da costituire la metà della forza-lavoro del Paese.A questo proposito, sono nati dei movimenti e delle associazioni che vedono protagoniste le donne tunisine.Fra tutte vi è l’ATFD (Association tunisiennes des femmes democrates – Associazione tunisina delle donne democratiche), fondata nel 1989, che si batte per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, per la difesa dei diritti acquisiti, l’evoluzione della legislazione tunisina per una efficace uguaglianza di genere e per la trasformazione di atteggiamenti patriarcali, un esempio di attivismo sociale e politico.«La Tunisia è un punto luminoso in Medio Oriente», scrive Sarah Feuer e la legge approvata sulla violenza contro le donne costituisce un punto a favore per la lotta all’emancipazione femminile. Le associazioni a difesa dei diritti delle donne, pur elogiando la nuova legge sostengono, però, che il lavoro duro è solo all’inizio. L’emancipazione femminile in Tunisia procederà di pari passo con la crescita del percorso di uscita dalla crisi economico-sociale che morde e il processo di crescita democratica.Commenti