Mondiali atletica, la 50 km di marcia delle donne solo per 7: la pasionaria Susan l’ha voluta, Coe vuole negarla
La pioniera Susan Randall, 42 anni: se oggi si disputa per la prima volta la 50 km di marcia femminile il merito è tutto suo
Susan, ma chi te lo fa fare? «È la prima volta nella storia. Non potevo mancare». È seduta su un divanetto del Grange Hotel, l’albergo della squadra Usa che sta dominando il Mondiale, minuscola ed elettrica. Susan Randall, 42 anni, yankee d’importazione nata cinese a duecento chilometri da Hong Kong e sposata con un americano del Colorado conosciuto su internet, è la piccola donna che ha costretto la gigantesca Iaaf a un passo inedito: inserire la 50 km di marcia femminile nel programma del Mondiale. Una primizia assoluta. La Billie Jean King dell’atletica. La Kathy Switzer (prima donna a correre, con uno stratagemma, la maratona di Boston nel 1967) della marcia.
A Roma 1987 spuntarono i 10 mila e la 10 km di marcia per le signore. A Stoccarda 1993 il triplo. A Siviglia 1999 l’asta e il martello. A Helsinki 2005 le siepi. All’appello mancava solo la maratona di tacco e di punta, un trekking estremo che Susan impiega 4h54’12’’ a completare, una follia legalizzata che domani vedrà al via appena sette atlete di quattro Paesi, la migliore (la portoghese Ines Henriques) con un personale di 4h08’26’’. Ha senso, Susan? «Certo che ne ha. Lascia perdere i tempi, ragioniamo da una prospettiva più ampia: perché gli uomini potevano marciare la 50 km e noi no? Ci tenevano fuori in quanto donne. Esserci è stata una battaglia giusta e sono fiera di averla combattuta».
Assistita dall’avvocato Paul F. De Meester di San Francisco, la Randall ha minacciato la Iaaf di azione legale per discriminazione di genere, tema importante e sensibilissimo, lo stesso per cui il Tas ha ordinato che le atlete di sesso borderline (Caster Semenya su tutte) smettessero le cure ormonali: non era giusto che un organismo sportivo, per quanto ricco e potente, gliele imponesse (su questo fronte la Iaaf tornerà a Losanna con imponente dossier per dimostrare il contrario).
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Susan Randall, che ha sconfitto la Iaaf e portato la 50 km di marcia femminile ai Mondiali per la parità di genereSusan Randall, che ha sconfitto la Iaaf e portato la 50 km di marcia femminile ai Mondiali per la parità di genere
Susan Randall, che ha sconfitto la Iaaf e portato la 50 km di marcia femminile ai Mondiali per la parità di genere
Susan Randall, che ha sconfitto la Iaaf e portato la 50 km di marcia femminile ai Mondiali per la parità di genere
Susan Randall, che ha sconfitto la Iaaf e portato la 50 km di marcia femminile ai Mondiali per la parità di genere
Susan Randall, che ha sconfitto la Iaaf e portato la 50 km di marcia femminile ai Mondiali per la parità di genere
«Ho cominciato a correre a 30 anni e a marciare subito dopo. Imparo in fretta e non sento l’età», racconta questa commessa di un negozio di abbigliamento che ha messo Lord Coe in un angolo. «Susan è vittima della discriminazione di genere della Iaaf. È protagonista di una triste storia di sessismo. La carta olimpica, che la Iaaf dovrebbe rispettare, prevede la parità tra uomini e donne», ha scritto De Meester nell’arringa che avrebbe sostenuto al Tas, se ce ne fosse stato bisogno. Consigliata dai suoi legali, la Iaaf è addivenuta a più miti consigli e nel congresso di fine luglio ha ratificato la novità, inserendo la gara nel menù di Londra. Quattro ore e mezza lo standard di qualificazione. Cinque atlete al mondo lo posseggono: due americane (Erin Talcott aveva infranto un tabù marciando con gli uomini nella 50 km della Coppa di marcia di Roma, l’anno scorso, stravinta da Alex Schwazer: ultima in 4h51’08’’), due cinesi e la portoghese. In più, la brasiliana Da Rosa e Susan partecipano in quando campionesse sudamericana e panamericana.
Coe è furioso («Il futuro della specialità non è certo: valuteremo il tasso tecnico della gara con la nostra commissione marcia», che ha nel mirino anche la 50 km maschile). Molte perplessità in casa Italia, che non schiera atlete. Il presidente Giomi: «Grave debolezza della Iaaf: con questa modalità è una gara senza senso». Il d.t. Locatelli: «Decisione sbagliata. Si poteva lavorare, con più calma, per Tokio 2020». Ma Susan, che negli ultimi due anni ha completato quattro 50 km, non sente ragioni e viaggia spedita verso il traguardo. «Mi sveglierò alle cinque e farò colazione come al solito: burro di noccioline e caffè. Dopo Londra non mi fermo, continuerò ad allenarmi. Ora che tutti sanno, spero ci siano altri Paesi interessati, magari anche l’Italia, così che al Mondiale di Doha, nel 2019, potremo essere un bel gruppo. So che Corea e Cina si stanno già organizzando…».
Premi veri, come per i maschi. 60 mila dollari per la vincitrice (più 100 mila di bonus in caso di record del mondo), 30 mila all’argento, 20 mila al bronzo e giù a scalare, fino ai 5 mila per l’ultima. Che, è scritto, sarà la Randall (sempre che scampi al taglio del 48° km, dove bisogna passare sotto le 4h17’’). Ribadisco, Susan: è uguaglianza di genere questa? Chi te lo fa fare? «Scherzi? È un passo enorme per i diritti delle donne. Non conta tanto il tempo con cui chiuderò, ma il significato della gara a cui ho preteso di partecipare».
12 agosto 2017 (modifica il 12 agosto 2017 | 22:52)
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