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India, dal Talaq ai wc: il lento cammino dei diritti delle donne

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

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Abolito il Talaq, ribadita l'importanza di avere il bagno in casa. Due grandi conquiste per le donne indiane, ma le violenze contro di loro crescono: il cammino lungo la strada dei diritti è difficile.

imageSi vocifera che in India le denunce di reati contro donne e bambine siano in vertiginoso aumento. È Amnesty International ad affermarlo, sostenendo che nel 2015 si siano registrati oltre 327 mila casi di violenze, concentrati soprattutto nelle aree dove emarginazione sociale e povertà rappresentano tuttora una costante. Difficile stabilire se i reati oggetto di denuncia costituiscano una percentuale sostanziale rispetto al totale degli abusi effettivamente registrati: è ipotizzabile che esistano casi non noti alle autorità, per inerzia, tradizione e mancanza di una cultura dei diritti. O forse perché in quella che dovrebbe essere una buona pratica si nascondono pericolose insidie. È difficile, ad esempio, trovare una giustificazione agli stupri perpetrati dalle forze dell’ordine, durante le perquisizioni casuali effettuate nei villaggi e nelle fabbriche. E ancora più complicato è pensare che sì, a Delhi signore e signorine possono viaggiare in metropolitana, ma preferiscono accomodarsi nel vano a loro riservato per proteggere il proprio corpo da qualsiasi tipo e forma di sopruso. Anche se una «toccata di culo», che sarà mai.

BASTA RIPUDIMa qualcosa sta cambiando. O no? È complicato a dirsi, ma nell’ultima settimana dell’agosto 2017 le mogli e madri hanno conquistato i riflettori della stampa internazionale, per un motivo ben preciso. La legislazione sembra andare, finalmente, verso di loro: addio al divorzio lampo per opera di mariti stanchi e benvenuta alla separazione coniugale per mancanza di servizi igienici domestici, anche se a richiederlo è una donna.Grazie ad una storica sentenza della Corte Suprema, infatti, agli uomini non basterà più pronunciare per tre volte consecutive la parola «Talaq» (‘Io ti ripudio’) per abbandonare definitivamente la propria sposa. Questa primitiva pratica utilizzata dalla comunità musulmana è stata infatti messa definitivamente al bando, dopo mesi e mesi di discussioni e patteggiamenti, a cui hanno preso parte la comunità islamica moderata e non, le associazioni per i diritti, imam, mullah, storici e gente comune di ogni tipo.

I FONDAMENTALISTI NON ARRETRANOVale la pena ricordare che la patria di Indira e Sonia Gandhi è arrivata in lieve ritardo rispetto agli altri 20 maggiori paesi musulmani, che alcuni decenni fa si sono preoccupati di vietare questa consuetudine islamica. Pakistan, Afghanistan, Bangladesh e Arabia Saudita compresi. Tempi a parte, il quadro che ne è emerso è alquanto scioccante: alcune donne, in un recente passato, hanno ricevuto il benservito express tramite Whatsapp, oppure sulla propria bacheca di Facebook. Altre se lo sono trovate scritto su un foglio di carta igienica, sullo specchio del bagno e ancora sulla porta di casa, perché tutti sapessero. Per arrivare a questo traguardo, però, sono state necessarie lunghe ed estenuanti consultazioni: prima di tutto, la Corte si è preoccupata di verificare che l’usanza non fosse essenziale per la dottrina di Maometto. In tal caso, nessuno avrebbe potuto muovere un dito. E per fortuna non è andata così. Vittoria 1 a 0 per il gentil sesso. I gruppi fondamentalisti, però, vogliono ribaltare il risultato della partita. Ovviamente, stando alle loro parole, in rigorosa difesa del sesso debole. La legge del triplo Talaq, infatti, non fa altro che proteggere le mogli dalle conseguenze di un loro rifiuto a divorziare. I tempi della giustizia sono lunghi (in India, non solo in Italia) e se così fosse l’uomo potrebbe ricorrere a metodi illegali, uccidendola o bruciandola viva.

imageCARENZA D’ISTRUZIONEEmanuela Sabbatini, presidente di Fior di Loto India Onlus (AFLIN), associazione attiva in difesa di donne e bambini, sembra essere fiduciosa, nonostante la consapevolezza di quanto la situazione sia fragile e delicata. «Quello che sta accadendo nelle ultime ore è sicuramente un incredibile passo avanti. Il problema del divorzio rappresenta una piaga sociale, soprattutto all’interno degli stati più conservatori e nelle aree rurali, dove l’istruzione non sempre è garantita», afferma, sottolineando come questo vada di pari passo con la presa di coscienza dei propri diritti. Nel Rajastan, ad esempio, dove AFLIN Onlus opera più attivamente, siamo ben al di sotto della media nazionale: solo il 66,8% dei bambini ha la possibilità di frequentare la scuola. I punti percentuali scendono notevolmente, appena fuori delle zone più urbanizzate. «La mancanza di istruzione porta ad essere maggiormente vulnerabili al sistema religioso e culturale, nonostante questo vada a scontrarsi con le leggi costituzionali. Il divorzio in un paese democratico dovrebbe rappresentare un diritto inalienabile». E invece no, ancora non lo è.

DOTE E FEMMINICIDIOSe le musulmane non se la passano un granché bene, hanno comunque poco da invidiare alle hindu, che in occasione delle nozze si sentono augurare di poter divenire madri di un centinaio di figli maschi. È vero, la dote è vietata dal 1961, ma è tuttora ben lungi dall’essere un’usanza superata, con conseguenze più che devastanti per gli strati più poveri della popolazione. Le spose ancora oggi portano con sé beni e rupie che ammontano a circa cinque volte il reddito della famiglia di origine, causando drammatici indebitamenti. Ma il problema si risolve spesso alla radice, per evitare di finire nell’odiosa trappola degli strozzini. Così, si stima che ogni anno si consumino circa 6 mila assassinii di figlie femmine: su 15 milioni di bambine nate ogni anno, ben cinque milioni non arrivano a superare l’età dell’adolescenza. Chi ha la fortuna di arrivare sana e salva al matrimonio, di certo non avrà vita facile. Primo step da superare: la valutazione della dote. Forse è troppo misera? In tal caso, non sono rari i casi di omicidio, denunciati poi come morti dovuti ad incidenti domestici. Spesso i suoceri danno la colpa al cherosene utilizzato per cucinare che, schizzando sul corpo nella povera nuora, non lascia alcuna possibilità di salvezza. Sarà la reminiscenza del sistema di suddivisione in caste, sarà la tradizione maschilista e patriarcale, sarà il dettame presente nel Codice di Manu, ma la subordinazione del sesso femminile sembra fare da regola generale, persino tra le mura domestiche, unico luogo in cui è permesso un contatto fisico con tra coniugi.  Va meglio al Sud, dove le mogli possono perlomeno rimanere legate al proprio nucleo famigliare, andando a sposare zii o cugini. Male al Nord, invece, dove vige l’unione tra stranieri, che provoca una stato di segregazione totale per le nuove arrivate. Una possibilità di scalare la gerarchia maritale rimane comunque aperta: mettere al mondo figli maschi.

imagePERICOLO VEDOVANZA«Le nozze combinate sono all’ordine del giorno. L’ho visto con i miei occhi visitando e lavorando con AFLIN in alcune città e villaggi particolarmente conservatori», incalza Emanuela. «Secondo i dati UNICEF, il 43% di questi matrimoni riguarda ragazze in età scolare». E la conseguenza di tali unioni è una e una sola. Infelicità, che si accompagna a perdita di libertà e accettazione apatica della propria condizione. «È necessario lavorare sulla gente e con la gente, per sensibilizzare le famiglie sull’importanza di ricevere un’istruzione, almeno fino alla maggiore età. Dal 2013 cooperiamo su questo fronte, ed è l’unica soluzione per proteggere bimbe e ragazze da sposalizi precoci». E in qualsiasi momento della vita coniugale conviene ben pregare di non rimanere vedove, perché in quel caso la tragedia busserebbe alla porta in una manciata di secondi. Un tempo, secondo il rito della sati, bandito per legge dal 1829, con un ultimo caso registrato nel 1987, era uso che la donna venisse sacrificata dopo la scomparsa del marito. Oggi sembra non succedere più, però è buon uso che la vedova si rasi la testa, dorma per terra e viva come un’asceta, digiunando e pregando per il caro defunto. Molte di loro vengono persino cacciate dalla casa del marito, andandosi poi a rifugiare in quella che è conosciuta come ‘città delle vedove’, vivendo di elemosina e altri stenti.

L’IMPORTANZA DEL WCForse, dunque, per non rischiare vedovanza e una vita di coppia di dubbia felicità è meglio giocare di anticipo, provando la carta del divorzio, che si pensava permesso solo per violenze e altre crudeltà simili. Invece no. La separazione sembra essere possibile anche in mancanza di servizi igienici domestici. A sentenziarlo, a pochi giorni di distanza dall’abolizione della legge del triplo Talaq, è il tribunale che ha concesso questo enorme privilegio a una moglie sposata da cinque anni: la defecazione all’aperto è considerata una forma di tortura, poiché figlie e madri sono costrette ad aspettare il tramonto per rispondere alla chiamata della natura. «In altri casi, non avere un wc in casa comporta l’allontanarsi in solitaria a qualsiasi ora della notte, indipendentemente dal proprio stato di salute. Molte di loro a causa di questi spostamenti vengono rapite e violentate, a volte addirittura aggredite da animali selvatici, mettendo così a rischio la propria vita», aggiunge Emanuela, convinta che la mancanza di servizi sia una motivazione più che valida per concedere una separazione. «Per volontà del primo ministro Narendra Modi è stato promulgato un piano nazionale per incentivare la costruzione dei bagni all’interno delle abitazioni e siamo convinti che questo possa essere un passo per migliorare la condizione della donna all’interno della vita famigliare». Ed ecco, in questo caso, servito il divorzio. Ma se la notizia sembra generare gran fracasso sui media internazionali, forse sarebbe bene chiedersi quale destino sarà riservato a questa ormai ex moglie. Potrà esercitare diritti sui propri beni? Avrà la possibilità di risiedere presso la casa paterna? Sarà nuovamente accolta dalla famiglia di provenienza, insieme ai suoi figli? In ogni caso, la risposta è ferma e negativa. No, no e ancora no. Insomma, interrogarsi sul motivo per cui signore e signorine indiane rappresentino una minoranza, a differenza di ciò che accade negli altri paesi del mondo (Cina esclusa), risulta a questo punto banale e scontato. Comunque sia, la parità tra i sessi è ben sancita dalla Costituzione. Si comincia da qui?

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