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Quale futuro per le donne saudite e i loro diritti?

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Era una caldissima giornata di agosto quando, in un hotel di Amman, ebbi modo di incontrare due famiglie saudite ai bordi di una piscina. Non fu poi tanto difficile notare il netto contrasto tra gli abbigliamenti maschili con quelli femminili. Gli uomini indossavano i più classici ed elementari boxer da bagno, mentre tutte le donne erano interamente coperte dalla testa ai piedi da un lunghissimo mantello nero, il quale lasciava solo la piccola tregua di poter rendere visibili i loro occhi. Qualsiasi esperto di costumi islamici sapeva benissimo che quelle donne vestivano il cosiddetto Niqab, indossato da quasi tutte le musulmane presenti in Arabia Saudita.

Un abito che si discosta molto dal tradizionale Hijab il quale, al contrario del Niqab stesso o del Burqa, non copre affatto l'intero fisico della donna. Quello che mi lasciò letteralmente a bocca aperta fu il vedere due di quelle signore calarsi nella piscina insieme a quel bislungo costume scuro, senza che nessuno si stupisse di un gesto che in Occidente sarebbe stato giudicato del tutto incomprensibile. L'obbligo imposto alle donne saudite di non mostrare mai in pubblico, in nessuna occasione, il proprio corpo è un argomento su cui si dibattuto e discusso per tanto tempo.

Se per alcuni è ed è ancora oggi l'emblema di un Islam che pone la donna in una condizione di totale subalternità all'uomo, per altri è una questione da ricondurre solo ed esclusivamente alle usanze e alle tradizioni della terra saudita. Si tratta di un argomento che meriterebbe una riflessione ad ampio raggio, ma che non può in nessun caso farci dimenticare di come, in quella che è a tutti gli effetti la nazione araba più ricca e più potente in assoluto, i diritti delle donne siano stati sino a oggi assolutamente ignorati.

Per tale motivo ha provocato grande eco una notizia diffusa nelle ultime settimane: tutte le saudite potranno, a partire dal giugno 2018, munirsi di patente e guidare un'auto. Il divieto di guida per le donne quindi, grazie a un decreto di Re Salman, non ci sarà più. Perciò una domanda nasce spontanea: cosa sta accadendo davvero in Arabia Saudita? La terra della Mecca e Medina è stata recentemente soggetta, in maniera chiara e inequivocabile, a una profonda metamorfosi politica ed economica che l'ha condotta nell'oscuro cunicolo della crisi. Basta unicamente pensare al fatto che negli ultimi 2 anni le entrate provenienti dalla vendita del petrolio sono diminuite del 15 %, passando da 162 miliardi di dollari a 136. Le ingenti risorse di greggio di cui gode il paese sono state, sino a poco tempo fa, in grado da sole di mantenere abbastanza alto il tenore di vita non solo della famiglia reale ma anche di tutti i sauditi.

Questo sensibile calo degli introiti, dovuto anche in buona parte all'abbassamento del prezzo dell'oro nero, ha costretto Re Salman a tagliare drasticamente gli stipendi dei dipendenti pubblici e dei ministri, ridimensionando anche notevolmente tutti i benefit di cui aveva sempre goduto l'intera popolazione. Accanto a ciò bisogna ricordare il fatto che nella guerra in Siria i conti finali non sono stati affatto favorevoli alla monarchia di Riad, date le considerevoli cifre spese per supportare e finanziare vari gruppi ribelli anti-Assad (nella maggior parte legati al radicalismo islamico).

Si è trattato di spese smisurate, le quali non sono servite praticamente a nulla dato che il regime di Damasco, grazie anche all'aiuto determinante di Iran e Russia, è ancora ben ancorato al podio del potere assoluto. Il fallimento dell'"operazione siriana" ha imposto ai sauditi la necessità di ridefinire le proprie alleanze internazionali, obbligandoli a venire a patti con Vladimir Putin. Non è stato affatto casuale che un monarca della dinastia Al-Saud abbia deciso di mettere piede, per la prima volta nella storia, sul suolo russo per partecipare a un summit con il capo del Cremlino (tenuto lo scorso 5 ottobre). Si è trattato di un evidente nuovo "matrimonio d'interessi" sulla questione petrolifera che ha provocato uno scossone non di poco conto su tutta la politica oltre-confine dell'Arabia Saudita, soprattutto se consideriamo la sua tradizionale alleanza di ferro con gli Stati Uniti, considerati un partner privilegiato in affari a tutti gli effetti.

Per non parlare dei mai sopiti timori della famiglia reale di poter essere risucchiati, a partire sin dal 2011, nel ciclone delle "primavere". Seppure quella stagione si sia ormai definitivamente conclusa, a Riad vi è sempre stata la pesante trepidazione di essere inghiottiti dalle nuove rivendicazioni e istanze provenienti dalla popolazione, specialmente da quelle dell'attivismo femminile costantemente in forte fibrillazione nel chiedere maggiori diritti. Per queste ragioni, il re Salman Bin Abd Al Aziz Al Saud ha compreso bene che il sostanziale isolazionismo politico–culturale, il quale ha sempre contraddistinto la sua nazione (ottenere un visto turistico è ancora oggi praticamente impossibile), non è più percorribile dato lo stato di profonda crisi in cui essa versa.

Per siffatti presupposti l'aver "concesso" una prima libertà alle donne, come quella di poter guidare, è certamente un segnale positivo che rappresenta una piccola prima timida apertura verso l'esterno. È vero, tutto questo non significa minimamente che in Arabia Saudita si stia andando incontro ad un progressivo riconoscimento dei diritti femminili. E indubbiamente la parità di genere è ancora troppo lontana per essere raggiunta in una nazione dove le usanze prettamente tribali sono ancora attuali e all'ordine del giorno. Ma anche se si tratta di una goccia nel mare, per il momento è bene che sia caduta. Forse un giorno (anche se ancora lontano) quella goccia potrà essere il preludio di un virulento temporale.

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