Marlène Schiappa: "Qualcosa è cambiato, le donne non tacciono più"
PARIGI. "È una battaglia culturale, e siamo solo all'inizio". Prima di essere chiamata da Macron come paladina dei diritti delle donne, Marlène Schiappa è stata molte cose. Militante femminista, blogger, autrice di saggi sulla conciliazione tra famiglia e lavoro, di un libro biografico sull'amore tra la bisnonna e un diplomatico italiano, di alcuni romanzi erotici firmati sotto pseudonimo.
Trentaquattro anni, la ministra per le Pari opportunità è uno dei volti più popolari del grigio esecutivo di Édouard Philippe. Chiede di non iniziare l'articolo con una descrizione fisica. "Quando ho letto i primi ritratti che parlavano di me, sono rimasta di stucco. Si cominciava con i miei lunghi capelli, il trucco, i vestiti: delle donne si guarda prima il fisico, poi la vita privata e solo dopo la competenza". Ha deciso di portare lo chignon "per essere presa sul serio". Una piccola concessione al sessismo? "Non è colpa mia se bisogna avere un'apparenza conservatrice per portare idee rivoluzionarie!", commenta con slancio.
Lo scandalo Weinstein l'ha proiettata alla ribalta. "Stavamo già lavorando alla legge contro le violenze sessuali e sessiste", precisa Schiappa secondo cui la società adesso è finalmente pronta ad "ascoltare la parola delle vittime".
Il caso di Asia Argento non dimostra il contrario?
"Ho incontrato Asia Argento. Il modo in cui è stata trattata è scandaloso. Dal suo racconto è evidente che ha provato a dire di no più volte, che si trovava di fronte un uomo corpulento, di potere. Per potersi liberare di Weinstein ha dovuto simulare un orgasmo. È terribile. Dimostra quali stratagemmi siano costrette a utilizzare le donne per sbarazzarsi di violentatori e aggressori".
Qualcosa sta cambiando?
"Quasi due anni fa ho scritto un libro dal titolo Où sont les violeurs? ("Dove sono gli stupratori?" ndr) per denunciare il silenzio, il relativismo che accompagna le vittime. Mi sembra di vedere qualche progresso".
Soprattutto grazie ai social network?
"Per una vittima esprimersi davanti a uno schermo è più facile, si sente protetta. Non ci vedo nulla di male".
Campagne come #MeToo o #BalanceTon-Porc ("denuncia il tuo porco", ndr) non rischiano di alimentare un linciaggio mediatico?
"La maggior parte delle testimonianze sui social sono accompagnate da denunce alla polizia. Se c'è qualcosa di falso la giustizia farà il suo corso. E se un uomo si considera diffamato, può sempre rivolgersi alla polizia. Siamo in uno stato di diritto, non esistono tribunali popolari".
La società francese è più maschilista di altre?
"Viaggio molto all'estero, vedo che ci sono differenze tra Nord e Sud dell'Europa. In Francia i casi di molestie vengono minimizzati, si tende a dire che si tratta solo di maldestra seduzione. Qualcuno mi ha accusato di voler "americanizzare" la Francia, di fare del moralismo. Come se le donne non fossero capaci di distinguere la frontiera tra molestia e seduzione".
Qual è la frontiera?
"Il consenso. Se una donna dice di no, bisogna fermarsi. E non c'è regola fissa. Si può dire di sì, e poi di no, cambiare idea in poche ore. In ogni caso, rispettare un rifiuto - in qualsiasi momento venga espresso - è la linea rossa da non oltrepassare".
Anche le donne devono riuscire a esprimere meglio il loro rifiuto?
"È più difficile sottrarsi quando l'aggressore è un uomo di potere, qualcuno di autorevole o con il quale c'è un legame affettivo. La maggioranza degli stupri avviene nelle case, da mariti, uomini conosciuti, spesso parenti, vicini. Molte donne hanno vergogna, temono di perdere il posto di lavoro, di essere rigettate dalla comunità".
Il governo francese vuole approvare una legge per punire le molestie in strada. Sicura che si possa poi applicare?
"Non è una legge superflua. Tutti i sondaggi dimostrano che le donne non si sentono sicure e libere di muoversi nello spazio urbano. Certo, verbalizzare queste molestie sarà complicato. Il ministro dell'Interno ha annunciato diecimila agenti in più. Poi serviranno le prove, le testimonianze, la collaborazione di tutti. Ma lo Stato deve mettere nero su bianco che pedinare una donna per strada, chiederle dieci volte il suo numero di telefono, tentare di approcciarla fisicamente è semplicemente illegale".