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Diritti delle donne, la foggiana Colasanto contro Report: "Nostro ruolo è fondamentale"

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

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Antonietta Colasanto (responsabile provinciale Pari Opportunità)

“Cosa fanno le consigliere di parità in Italia?”. Polemiche dopo trasmissione Report, che nell’ultima puntata ha analizzato il fenomeno della parità delle retribuzioni nei luoghi di lavoro. “In Italia – spiegano nella trasmissione Rai – la parità retributiva tra uomo e donna è garantita dalla legge: per le stesse mansioni, dovrebbero guadagnare la stessa cifra. Eppure, secondo l’Istat esiste nel settore privato un divario del 12% tra gli stipendi di lavoratori e lavoratrici: questo perché ci sono meno donne ai vertici delle aziende, ma anche perché, a parità di ruolo e di lavoro svolto, la donna guadagna di meno. Il problema riguarda molti paesi e in Islanda, per risolverlo, hanno inventato uno strumento matematico: uno standard al quale tutte le imprese devono conformarsi, valutando le qualità dei dipendenti e la difficoltà dei compiti che svolgono. A ciascuno viene assegnato un punteggio e in base a quello viene riconosciuto lo stipendio, che è sempre pubblico in base alle regole di trasparenza”.

“Anche in Italia – continuano  – le aziende sono obbligate, ogni due anni, a inviare un rapporto sulle differenze di genere. Ad analizzare i dati è un organismo di tutela: la consigliera di parità. Ce n’è una in ogni regione e anche una in ogni provincia, per intervenire sulle discriminazioni e promuovere politiche di genere. Ma cosa fanno le consigliere? L’Italia ha le regole giuste, ma farle rispettare è un altro paio di maniche. E quando un paese ha il tasso di occupazione femminile più basso d’Europa, con una donna inattiva su due (solo la Grecia sta peggio di noi), è necessario tenere alta la guardia”.

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L’analisi non è piaciuta alla consigliera di parità di Foggia, Antonietta Colasanto, che ha parlato di “informazione strumentalmente monca e palesemente alterata, che non rende giustizia al lavoro profuso dalla Consigliera di parità sul territorio, utile esclusivamente ad alimentare quel sentimento di rifiuto delle istituzioni già pericolosamente radicato nell’opinione pubblica”. “Evidentemente – spiega -, e lo dico con rammarico, serve ribadire – o meglio, far conoscere, anche ai media – il ruolo delicato, complesso e spesso silenzioso che la figura della Consigliera svolge sul territorio contro le discriminazioni e la violenza di genere, sul posto di lavoro e, di recente, anche in altri contesti. Come ha opportunamente ribadito la Consigliera nazionale di Parità, Franca Bagni Cipriani, tali fenomeni costituiscono oggi reato, rispetto ai quali agiamo in funzione di Pubblici ufficiali (giova ricordare, a titolo gratuito).

Esemplificativo è il caso a cui questo Ufficio sta lavorando inerente una lavoratrice di un comune del Gargano vittima di discriminazione, rispetto al quale ci costituiremo ad adiuvandum nella causa giudiziaria in corso. L’importanza della funzione si allarga poi a tutta una serie di attività, regolate dal Codice delle Pari Opportunità, che è opportuno qui sommariamente elencare: elaborare pareri sui piani di azioni positive che le strutture pubbliche devono produrre obbligatoriamente, pena l’impossibilità a formulare bandi di assunzione; azione di controllo all’interno delle commissioni di concorso deputate alla nomina dei dirigenti pubblici a che al loro interno abbiano almeno il 30% di presenza femminile, pena la nullità della nomina; azione di vigilanza sulla corretta applicazione della Legge Del Rio nelle giunte degli enti locali, che prevede il 40% di presenza femminile; promozione di azioni positive sul territorio, di concerto con gli attori sociali, come desumibile dal report annuale di rendicontazione delle attività”.

“L’elencazione suddetta, per quanto resti parziale per questioni di sintesi, dà la misura di quanto la nostra figura, al netto della demagogia che quotidianamente si produce in gran quantità, costituisca presidio di controllo e salvaguardia delle pari opportunità imprescindibile. Ciononostante, non va sottaciuta, e me ne dolgo, la solitudine politica ed istituzionale in cui è costretta spesso ad operare, sottovalutata e non supportata dagli stessi enti in cui si colloca. Il che, ad ogni modo, non impedisce a tali figure di spendersi con abnegazione e responsabilità sul territorio in cui operano. Né può costituire motivo di disaffezione l’assenza di corresponsione economica della funzione: in questo senso, mi dolgo fortemente delle dichiarazioni offerte con leggerezza ai media nazionali da un singolo, che si pretendono, a torto, rappresentative di una collettività. Al contrario, andrebbe ancor più evidenziata la sensibilità e lo spirito di servizio di chi decide di spendersi gratuitamente. Ciascuna di noi, infatti, può vantare una propria professione ed un curriculum di spessore rispetto ai temi elencati: sono questi gli elementi che vengono sottoposti a rigorosa comparazione ai fini della nomina”.

“Pretendere di inserire in un unico grande calderone le defaillances che pure un ruolo può talvolta esprimere – conclude Colasanto -, ben guardandosi da una operazione di circoscrizione delle stesse al soggetto che si offre in dichiarazioni denigratorie di una intera categoria, non è lavoro intellettualmente onesto e lede l’immagine di numerose donne che hanno inteso profondere il loro impegno in una causa giusta e ancor oggi molto lontana dagli standard che si vorrebbero propri del 2017, sottraendo tempo a professione e famiglia”.

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