al centro delle proteste ci sono le donne — L'Indro
Tuta da ginnastica, e capelli sciolti sulle spalle. L’immagine della ragazza in piedi su di un cassonetto in Piazza Enghelab, Teheran, è diventata l’icona delle manifestazioni e contromanifestazioni che da sei giorni invadono le principali città iraniane. In mano, un bastone con un drappo bianco, simbolo dei ‘white wednesdays’, i mercoledì ‘bianchi’, organizzati dall’associazione per i diritti civili My Stealthy Freedom, fondato dal giornalista e attivista Masih Alinejad, che dal 2014, tramite la diffusione sul web, cerca di organizzare la rivolta delle donne iraniane contro le imposizioni della Repubblica islamica di Khomeini.
Da giovedì scorso, migliaia di cittadini iraniani sono scesi in piazza in segno di protesta contro il sistema politico iraniano che sta affossando l’economia, già precaria, del Paese. L’inflazione ha raggiunto l’8% annuo e la disoccupazione supera il 12%, ma a il futuro del Paese è la corruzione. “É da un anno, e se vogliamo da 39 anni, che la gente non regge pìù questa pressione” spiega Shahrzad Sholeh, Presidente dell’ADDI (Associazione Donne Democratiche Iraniane in Italia), “in tutte le città praticamente si sono viste manifestazioni contro il governo e la corruzione che sta affossando l’intera Nazione”.
Al centro delle proteste, ci sono questa volta i giovani e le donne, vittime delle politiche restrittive imposte dal regime, che dal 1979 le obbliga a seguire le leggi della sharia islamica. Prima della rivoluzione e dell’involuzione della monarchia nei primi anni ’70, l’Iran era uno Stato indirizzato verso una forte occidentalizzazione dovuta alla cosiddetta ‘rivoluzione bianca‘, anch’essa comunque forzata. L’apertura verso la parità di genere comprendeva il diritto di voto sia attivo che passivo, e l’introduzione di codici progressisti che proteggevano il diritto delle donne in questioni come il divorzio e che limitavano la poligamia.
Sebbene la protesta sia di “stampo economico” come precisa Shahrzad, alla base delle tensioni c’è il desiderio di cambiare il proprio stato sociale e le proprie liberà dopo anni di repressioni e forzature. “Le donne hanno un ruolo molto importante” continua Shahrzad, “perchè negli ultimi quarant’anni hanno subito una forte repressione e stanno cercando di ribellarsi a tutto quello che hanno subito. Molte donne, giovani e meno giovani, sono contro il regime di Khomenei e contro quelle imposizioni del suo regime. Le donne in Iran, come movimento, hanno una storia molto antica e hanno sempre dimostrato una grande forza sopratutto nei momenti difficili come lo sono stati questi ultimi 40 anni di regime, e anche questa volta sapranno reagire come hanno sempre fatto”.
L’arrivo al potere del moderato Hassan Rouhani nel giugno 2013 come Primo ministro, sembrava poter dare un respiro più moderato alla società iraniana. La candidatura di Rouhani, infatti, è stata appoggiata da molte figure del Movimento Verde, partito nato dalle frange riformiste della precedenti rivolte del 2009. “Noi come donne non abbiamo mai appoggiato Rouhani” spiega ancora Shahrzad, “anche se all’inizio parlava di democrazia, è uno dei padri del regime. Anche se era in buoni rapporti con i riformisti, è sempre stato un religioso molto vicino agli Ayatollah, noi non gli abbiamo mai creduto”.
Negli ultimi vent’anni le proteste in territorio iraniano sono aumentate costantemente. Nel 2009 infatti, Teheran è stata la ‘vivace’ protagonista di una settimana di proteste dovute questa volta a motivi strettamente politici: la rielezione, per molti falsata, di Ahmadinejad. Secondo molti osservatori, però, la situazione attuale risulta essere già più importante della precedente, sia per i motivi alla base, sia per le repressioni che le autorità iraniane stanno attuando in questi giorni.
“Dal 2009 le cose sono cambiate e la situazione non è più la stessa” spiega Shahrzad continuando “ieri il Capo della Giustizia iraniana ha detto pubblicamente che la polizia può aprire il fuoco sui manifestanti. 30 morti fin’ora con più di 1000 arrestati e queste situazioni continuano. Gli slogan sono contro Rouhani, Khomenei e contro tutto il sistema di potere iraniano. La protesta del 2009 non è stata appoggiata da altri Stati, né tantomeno dall’America. Oggi, invece, anche il Presidente Trump ha appoggiato la rivolta. Ed è difficile strumentalizzare una rivolta come quella attuale che vede in campo tutte le classi e tutte le generazioni. Il popolo non cambia direzione in base ai Capi di Stato che appoggiano la rivolta, ma la gente in Iran ha bisogno di questi appoggi internazionali e infatti anche nel 2009 il popolo aveva chiesto l’appoggio dell’allora Presidente Obama”.
L’importanza che il movimento femminile assume nel contesto delle proteste iraniane, si amplifica soprattutto in ottica internazionale. Dopo gli ultimi scandali nel mondo dello spettacolo incorniciati dalla copertina del ‘Times’, la questione dei diritti delle donne ha assunto una rilevanza mondiale che ha intaccato anche quei Paesi dove, notoriamente, non vengono né rispettati né considerati. In Medio-Oriente, una vittoria femminile in Iran potrebbe ridare una maggiore coscienza della propria identità a tutte quelle donne costrette a vivere sotto l’imposizione delle leggi religiose. “La protesta femminile è molto importante non solo per l’Iran, ma anche per il Medio Oriente e per tutto il mondo dove i diritti delle donne non vengono sempre rispettati” dice Shahrzad Sholeh, “e se il movimento femminile avrà successo in Iran credo che anche negli Stati vicini si possa creare un effetto simile. In Iran poi, la repressione riguarda tutti, ma perlopiù per le donne, più indifese e più facili da colpire. Ora, molti giovani e donne stanno scendendo nelle strade e nelle piazze per dire basta a tutto questo e moltissime donne, alcune anche incinta, protestano per il proprio futuro e per quello di tutte le donne”.