Iran, dov’è la ragazza di via Rivoluzione? «Vida è stata arrestata»
Tutti la chiamano «la ragazza di via Enghelab», via della Rivoluzione. Da settimane si cerca di scoprire quale sia la vera identità e cosa sia accaduto alla giovane iraniana apparsa il 27 dicembre in un video in cui si toglie il velo e lo sventola come una bandiera bianca in una strada centrale di Teheran. Alcuni attivisti dicono al Corriere che si chiama Vida, ha 31 anni e una bimba di 19 mesi. Temono che si trovi tuttora in prigione.
Si crede che la sua protesta fosse legata ai «mercoledì bianchi», iniziativa contro il velo obbligatorio lanciata dalla dissidente Masih Alinejad, che dagli Stati Uniti incoraggia le iraniane a fotografarsi senza l’hijab. Il 27 dicembre Masih, che aveva ricevuto il video da tre diverse fonti (non dalla ragazza stessa) lo ha pubblicato su Facebook, ed è stato condiviso migliaia di volte nei giorni successivi: presto quella figura solitaria e coraggiosa contro il regime è diventata, indipendentemente dal suo volere, anche un volto delle manifestazioni contro il carovita e la corruzione che dal giorno successivo, il 28 dicembre, hanno scosso per una settimana la Repubblica Islamica. Ora un hashtag in farsi, twittato decine di migliaia di volte, chiede: dov’è la ragazza di via della Rivoluzione?
I primi indizi li ha forniti lunedì scorso l’avvocata Nasrin Sotoudeh, impegnata a Teheran nella difesa dei diritti umani, e anche lei in passato incarcerata: «Ha 31 anni ed è madre di una bambina di 19 mesi». «Io e Reza (il marito ndr) ci siamo recati sul luogo dove ha sventolato la sua bandiera bianca — ha scritto Sotoudeh su Facebook —. Le nostre ricerche hanno confermato che una giovane, di cui non si sa il nome, quel giorno è stata arrestata e portata alla stazione di polizia 148. Poi è stata liberata temporaneamente e di nuovo arrestata. Finora non c’è nessuna informazione sul suo rilascio».
Alla fine, l’altro ieri, un nome è emerso sui social, condiviso tra gli altri dalle «Attiviste per i diritti delle donne in solidarietà con le proteste in Iran» rappresentate in Italia da Sabri Najafi. Il nome è Vida Mohaved o Movahedi, ed è accompagnato da foto tratte da Facebook. Non è stato possibile raggiungere i familiari della ragazza per verificare la notizia, ma l’attivista Masih Alinejad dice al Corriere: «Ho parlato con un suo parente, mi ha detto che si chiama Vida e che la foto è corretta, posso confermare tutto». Mercoledì scorso «Amnesty International» ha chiesto l’immediata liberazione della giovane e «rinnovato l’appello alle autorità iraniane a porre fine alla persecuzione delle donne che parlano contro il velo obbligatorio e ad abolire questa pratica discriminatoria e umiliante». «Sono felice che Amnesty si sia finalmente espressa contro il velo obbligatorio — sottolinea Alinejad — E’ una cosa per cui ci battiamo da quattro anni, chiedendo a tutta la comunità internazionale, incluse politiche e femministe, di unirsi a noi».
La ragazza di via della Rivoluzione non è l’unica prigioniera per cui gli attivisti sono in ansia. Circolano i nomi di una decina di manifestanti, scesi in piazza non contro il velo ma contro il carovita e la corruzione, che sarebbero stati uccisi in carcere: solo in tre dei casi l’organizzazione «Iran Human Rights» è in grado di dare conferme. «Potrebbero essere di più, ma è estremamente difficile ottenere conferme dalle famiglie — ci dice il portavoce Mahmood Amiry-Moghaddam —, segno che sono sottoposte a pressioni fortissime». Nel caso di Vahid Heidari, 22 anni, venditore ambulante di Arak, i parenti hanno avuto il coraggio di denunciare di non credere che si sia suicidato in carcere come sostengono le autorità; in quello di Saroo Ghahramani, 24 anni, della città curda di Sanandaj, il padre ha detto in tv che faceva parte di un partito fuorilegge ed è stato ucciso in una sparatoria con forze di sicurezza. Ma gli attivisti credono che sia una confessione forzata.
25 gennaio 2018 (modifica il 25 gennaio 2018 | 22:39)
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