se eletta, leggi contro sfruttamento Ragusa
Ragusa - “Se le storie che ancora ci arrivano dalle zone agricole del nostro territorio (e che in molti casi mi è toccato con grande amarezza raccontare sulle pagine del giornale per cui lavoro), dimostrano come la legge sul caporalato non si sia rivelata determinante nell’arginare fenomeni di lavoro forzato, abusi e soprattutto sfruttamento sessuale nei confronti delle donne, spesso straniere e spesso irregolari, che vi operano, è importante che il prossimo Governo e il prossimo Parlamento si occupino di misure legislative più incisive”.
La proposta arriva da Franca Antoci, capolista al Senato della lista Liberi e Uguali nel collegio plurinominale della Sicilia orientale e in quello uninominale Ragusa-Siracusa, che sottolinea come la situazione che si verifica nelle aziende agricole non sia nè episodica nè sporadica, ma rappresenti un problema strutturale del sistema economico e sociale, verso il quale sono necessari provvedimenti altrettanto strutturali.“Siamo di fronte ad una situazione - spiega la Antoci - che vede perpetrarsi una violazione dei diritti a molteplici livelli: i diritti dei lavoratori, che spesso vengono costretti a lavorare per più di 12 ore al giorno senza alcuna tutela e altrettanto spesso vivono tra i campi in condizioni miserevoli, con paghe bassissime; i diritti delle donne, che vengono sfruttate due volte, subendo regolarmente abusi sessuali e violenze di ogni genere; i diritti dei migranti, dato che in molti casi si tratta di donne straniere o operai clandestini.Al di là delle buone intenzioni espresse nel tempo dai governi di Italia e Romania in particolare, per un’intervento congiunto contro le tratte e i reclutamenti, persino al di là dell’indagine conoscitiva avviata da parte della Commissione per i Diritti Umani del Senato, finora poco di concreto è cambiato e quel poco che si fa sul territorio resta a dato alla buona volontà di persone come Don Beniamino Sacco, gli assistenti sociali, gli operatori di associazioni umanitarie.Allo stesso modo, al di là del codice etico approvato da Confagricoltura per le proprie aziende, in Italia non esiste un sistema di certi cazione per le aziende come quelli che esistono invece a livello europeo e internazionale e che consentono anche di condividere una serie di comportamenti etici con la filiera e di dare garanzie a chi acquista i prodotti, dai buyer ai consumatori. E' tristemente evidente come lo sfruttamento del lavoro regga una parte di questa economia, per lo più senza controlli, e che solo un sistema complessivo di interventi capace di dare garanzie su tutti i fronti necessari potrà davvero estirparlo alla radice”.