Mutilazioni genitali femminili, la Campagna “Non mi volto”
Maria Sole Tognazzi tra le partecipanti. L’iniziativa vedrà la partecipazione della regista Maria Sole Tognazzi, del critico cinematografico Alberto Barbera e dell’attrice Giulia Bevilacqua che proveranno in prima persona l’esperienza di realtà virtuale. Interverranno, inoltre, Pierfrancesco Majorino, Assessore Politiche Sociali, Salute e Diritti del Comune di Milano e Beatrice Costa, Responsabile del Dipartimento Programmi di ActionAid Italia.
La subiscono 44 milioni di bambine nel mondo. Ancora oggi, almeno 200milioni di donne e bambine subiscono mutilazioni genitali femminili in 30 paesi del mondo. Di queste, circa 44 milioni sono bambine e adolescenti con meno di 14 anni. Le zone più interessate da questo fenomeno sono l’Africa sub-sahariana, alcune parti del Medioriente e dell’Asia. Sebbene molti Stati abbiano varato leggi nazionali che vietano la pratica e dal 2008 oltre 15mila comunità abbiano dichiarato di averla accantonata, l'attuale tasso di abbandono delle mutilazioni genitali femminili non è abbastanza elevato da controbilanciare la crescita della popolazione, con il rischio che i casi assoluti di MGF possano aumentare nei prossimi anni.
Nessuna religione la prescrive: resta il mito della purezza. Si tratta di una violazione dei diritti delle donne diffusa in tutto il mondo. Le mutilazioni vengono praticate per preservare la “purezza” ma hanno gravissime conseguenze fisiche e psicologiche. Per combattere le mutilazioni genitali femminili, bisogna lavorare sul piano culturale. Sono un fenomeno globale, che coinvolge bambine, ragazze e donne in 30 Paesi e costituiscono una violazione dei loro diritti fondamentali. La vera motivazione delle mutilazioni genitali femminili non è ancora stata del tutto accertata. Talvolta la tradizione viene portata avanti perché si crede che sia un precetto religioso, sebbene nessuna religione prescrive di mutilare gli organi genitali di una femmina. Più frequentemente, si tratta di un insieme di fattori culturali. Il denominatore comune, dunque, sembra essere appunto l'elemento della "purezza": essere mutilate vuol dire essere integre, caste, senza colpa e le bambine e le donne che si sottraggono a questa pratica, rischiano di non essere accettate dalle loro comunità.
Nel mondo e in Italia: il primato della Somalia. Le mutilazioni genitali femminili sono principalmente praticate in Africa, Medio Oriente e Asia. Il Paese più colpito è la Somalia, dove la percentuale di bambine e donne con i genitali mutilati supera il 98%. Con il fenomeno globale delle migrazioni inoltre i confini geografici dei Paesi impattati dalla mutilazioni genitali femminili si amplia. Per quanto in Italia queste pratiche siano vietate, il rischio per bambine e donne migranti torna alto in caso di viaggi per vacanze o festività nei loro Paesi di origine.
Le conseguenze. La mutilazione, di cui esistono diverse tipologie e che vengono fatte a età diverse a seconda delle comunità e dei Paesi, hanno un impatto grave sulla salute fisica (gravi emorragie, problemi urinari, infezioni vaginali) e psicologica delle donne. Estremamente pericolose anche le conseguenze sulla salute riproduttiva: i rapporti sono difficoltosi e dolorosi, il parto può comportare il rischio di morte sia per la madre che per il nascituro, al punto che talvolta il cesareo è l’unica soluzione.
L'impegno di ActionAid. Le cose però stanno cambiando. Da anni lavoriamo con le comunità dove le mutilazioni genitali femminili sono considerate una tradizione. ActionAid organizza incontri e percorsi di "empowerment" (come si legge nel documento di ActioAid, ma noi che amiamo la lingua italiana preferiamo tradurre in emancipazione) quindi: percorsi di emancipazione con donne e uomini, per far capire i rischi, spesso non del tutto conosciuti, di queste pratiche. Il lavoro si estende anche ai capi religiosi e delle comunità, che possono avere un forte impatto sulla scelta delle famiglie di proseguire o meno queste tradizioni, che comportano una violazione al diritto all’integrità fisica di bambine e donne. L'Ong lavora con progetti di sensibilizzazione anche in Italia, con le comunità originarie di Paesi a tradizione mutilatoria. Si organizzano Campagne di informazione per far conoscere il fenomeno ancora poco compreso e far sì che anche istituzioni e servizi sul territorio siano in grado di rispondere alle esigenze delle donne a rischio di MGF o che già stanno vivendo le conseguenze di esservi state sottoposte.