Stampa

Le diavolerie virtuali degli U2 nel tour politico sull’America

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

LAS VEGAS Parte il concerto e tutti con gli occhi sullo schermo dello smartphone. Il solito viziaccio… Questa volta però c’è la scusa. Il permesso, anzi la richiesta, di usare il cellulare arriva dalla band. Quei maestri di tecno-diavolerie degli U2 si sono inventati un’app per portare la realtà aumentata nell’Experience + Innocence tour appena partito negli Usa e in arrivo a Milano in autunno (11,12, 15 e 16 ottobre). Sulle note di Love Is All We Have Left chi fissa il cellulare vede un Bono virtuale uscire dal megaschermo. Ma se lo sguardo si sposta verso il palco vero, quell’immagine non c’è. Illusione digitale. Come il ghiacciaio in via di scioglimento a cascata sulla platea previsto nel pre-show.

Quello dedicato all’ultimo album Songs of Experience è il tour gemello di quello di tre anni fa per Songs of Innocence. «Il tema dell’innocenza e del ricordo era più semplice da affrontare — spiega Bono a fine concerto —; quello dell’esperienza è più astratto. Riguarda il modo in cui il tempo cambia il tuo rapporto con il mondo, il concetto di nazioni che non sono più quei confini stampati su una carta come pensavamo da bambini, e quanto l’America oggi sia divisa e rotta, ma nel profondo ancora forte». Una lezione dalla piccola Irlanda e dal piccolo (di statura) Bono al gigante mondiale. Il video che introduce Pride è uno schiaffo. «Questa non è l’America» grida il leader sulle immagini delle recenti manifestazioni di neonazisti che hanno scosso il Paese. Il contraltare — «Questa è l’America» — sono gli altrettanto recenti cortei per i diritti delle donne e dei neri, e il volto di Martin Luther King.

'); }

La scenografia ricalca quella del 2015. Un palco principale, senza uno schermo o una quinta a chiuderlo dietro, e un altro più piccolo, collegati da una passerella che taglia a metà la platea correndo parallela a un doppio megaschermo, una sorta di gabbia che fa da terzo palco. Le canzoni di Songs of Experience guidano il racconto: ce ne sono nove, un terzo della scaletta. Qualcuno rimarrà deluso: non c’è nulla da The Joshua Tree, celebrato l’estate scorsa dal tour per i suoi trenta anni. Beautiful Day con I Will Follow e Gloria portano verso la parte centrale, quella dell’innocenza. Si viaggia fra i ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza di Bono, quelli di famiglia come Iris e Cedarwood Road e quelli del conflitto nell’Irlanda del nord in Sunday Bloody Sunday e Raised By Wolves.

Un’onda alla Hokusai travolge i simboli di quel passato, l’innocenza è perduta. Arriva MacPhisto, l’alter ego demoniaco di Bono nello Zoo-tv Tour del 93. Il trucco questa volta mischia cerone ed effetti digitali che ne deformano i lineamenti. «La verità è morta e quelli del Ku Klux Klan se ne vanno in giro per Charlottesville senza i loro ridicoli costumi. Forse non sapete nemmeno che esisto ma è proprio lì che rendo al meglio». Ecco Acrobat, chicca pescata per la prima volta in questo tour. Il volto della figlia di Edge fa da testimonial a una serie di slogan neo-femministi. E alla maggiore delle due figlie di Bono, Jordan, arrivano gli auguri (29 anni giovedì scorso, papà ne ha compiuti 58 lo stesso giorno) ma One chiama pensieri e preghiere «anche se non sono abbastanza» per le 58 vittime dell’attentato in cui un cecchino sparò sulla folla a un concerto a pochi metri da qui. Il finale è affidato a There is a Light: sul palco c’è la riproduzione in scala della casa d’infanzia di Bono. La rockstar solleva il coperchio e la soluzione a tutto, la luce, è lì dentro.

12 maggio 2018 (modifica il 12 maggio 2018 | 21:58)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Fonte (click per aprire)

Aggiungi commento

I commenti sono soggetti a moderazione prima di essere pubblicati; è altrimenti possibile avere la pubblicazione immediata dei propri commenti registrandosi ed effettuando il login.


Codice di sicurezza
Aggiorna