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Prêt-à-patriarcat. Quando l'industria della moda si allea con gli islamisti - micromega-online

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Le religioni hanno sempre giocato un ruolo centrale al servizio del patriarcato e contro i diritti delle donne, promuovendo da sempre la “cultura della modestia”. In questo tentativo di controllo sui corpi femminili da oggi hanno un nuovo insperato alleato: le case di moda.

di Maryam Namazie, da The New European, 31 maggio 2018

La moda “modesta” è un'industria in rapida crescita grazie ad aziende come Dolce & Gabbana, H&M, Marks and Spencer, DKNY, Zara e altre che si affrettano a fare cassa. Non c'è dubbio che una maggiore scelta sia una buona cosa, ma etichettare alcuni tipi di abbigliamento come “modesti” significa speculare sull'idea che una “brava” donna sia una donna “modesta”. Ogni discussione sulla modestia si porta appresso implicitamente, e spesso anche esplicitamente, un rimprovero (se non peggio) nei confronti di coloro che sono ritenute “immodeste”. Dopo tutto, è la donna immodesta che non si veste e non si comporta in maniera appropriata in modo da evitare lo sguardo e il titillamento degli uomini. Non può biasimare nessun altro che se stessa per l'eventuale violenza maschile che ne può conseguire.

La modestia è sempre affare delle donne (non esiste infatti una linea di moda “modesta” per gli uomini – anche se io avrei qualche suggerimento su un paio di capi adatti, nel caso D&G fossero interessati). La cultura della modestia viene spesso descritta come innocua mentre non fa che sessualizzare le ragazze fin dalla giovane età, dando a loro stesse l'onere di proteggersi, e al contempo rimuovendo la responsabilità maschile e trattando gli uomini come predatori incapaci di controllo sui propri desideri.

La moda “modesta” alimenta la cultura dello stupro, nella quale l'hijab gioca un ruolo è centrale. Che le donne debbano essere protette o, al contrario, possano essere oggetto di violenza dipende da quanto esse custodiscono la propria modestia e l'onore del proprio guardiano maschio. Diversi islamisti hanno sostenuto (pensate l'assurdità!) che la modestia è un deterrente importante per il "benessere" della società. Se donne non velate e uomini si mischiassero liberamente, le donne travierebbero gli uomini, portandoli all'adulterio e costringendoli poi a lapidarle fino alla morte, per cui meglio prevenire tutto questo con la modestia delle donne!

Nei paesi, come l'Iran, in cui è al potere la destra religiosa ci sono manifesti in cui le donne non velate vengono paragonate a caramelle senza l'incartamento ricoperte di mosche e squadre di “polizia morale” arrestano le donne velate in maniera “impropria”. Questi sono alcuni degli innumerevoli modi in cui in questi paesi viene tenuta sotto controllo la modestia delle donne. In Europa, dove l'influenza dell'islamismo è in crescita, la richiesta del velo e di una sempre maggiore sorveglianza sulle donne viene resa innocua e venduta come una questione di “diritti” e “libertà di scelta”, a dispetto dell'enorme quantità di pressioni, biasimo, disprezzo e persino delitti d'onore. Le donne velate in maniera non corretta in Gran Bretagna vengono chiamate “troie-hijab” e il tribunale della Sharia di Biringham ha scritto: “Nell'islam il velo è obbligatorio e ogni donna che non lo indossa disobbedisce al suo Signore e si ribella alla legge islamica”. E tanto basta per quanto riguarda i “diritti” e la “libertà di scelta”.

Non c'è dubbio non sono solo gli islamisti ma tutti i movimenti di destra religiosa a promuovere la modestia e punire l'immodestia. Gli esempi abbondano, dai “poncho della modestia” della destra cristiana, a quella induista che prescrive alle donne di non indossare jeans se vogliono sposarsi fino alla cancellazione delle donne dalle foto promossa dalla destra ebraica.

La modestia è centrale nei tentativi di tutte le religioni e dei movimenti di destra religiosa di controllare le donne, di cancellare il corpo femminile dallo spazio pubblico e di mettere le donne a “loro posto” - ossia a casa, possibilmente scalze e incinte.

Non c'è niente di rivoluzionario nella “rivoluzione della modestia” e nel controllo sulle donne e sui loro corpi da parte delle religioni. Dai roghi delle streghe alle diagnosi di isteria per le donne che tendevano a “creare problemi” fino all'uso da parte dell'Isis di un attrezzo di metallo per strappare pezzi di carne alle donne che non indossano i guanti, le religioni e le destre religiose hanno sempre giocato un ruolo controrivoluzionario al servizio del patriarcato e in favore del mantenimento dello status quo e della condizione subordinata della donna.

Niente di nuovo, dunque. Le donne hanno sempre e ovunque dovuto combattere contro le regole della modestia. Quello che preoccupa oggi è il ritorno di queste regole nel mainstream, infiocchettate dentro un delizioso chiffon di seta.

C'è qualcosa di davvero inquietante nello spacciare come “moda” e scelte d'abbigliamento strumenti per la cancellazione dei corpi femminili e della loro sessualità dallo spazio pubblico. Sarebbe un po' come vendere la pratica dei piedi fasciati come una moda di calzature, le mutilazioni genitali femminili come fossero modelli di piercing e la cintura di castità come lingerie: sono sicura che, se con queste operazioni si potessero fare dei soldi, D&G non si tirerebbero indietro.

Come ha affermato Gita Sahgal, una veterana dei movimenti per i diritti delle donne: “Che ne sia consapevoli o meno, nel creare linee di abiti 'modesti', il business globale della moda sta marciando affianco degli islamisti, e non certo per ampliare la libertà di scelta per donne e ragazze. L'industria globale della moda si precipita a fornire uniformi che promuovono la segregazione di genere ed marchiano come promiscue quelle donne che non indossano l'etichetta “modesta”. Gli islamisti promuovo l'hijab per motivi politici, l'industria della moda li asseconda per fare soldi. Un'oscena alleanza.

Per tutte le religioni e per i movimenti di destra religiosa la perfetta donna “modesta” e “morale” è quella che non si fa né vedere né sentire. Che sia attraverso un attacco con l'acido o una pubblicità di Dolce e Gabbana, il messaggio è chiaro: la brava donna è quella modesta. Per fortuna, da Teheran a Rojava fino alle capitali europee, il mondo è pieno di donne immodeste e disobbedienti, che si rifiutano di conformarsi.

(traduzione di Cinzia Sciuto)

(8 giugno 2018)

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