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Tra le righe della Cassazione, sullo stupro, l'atroce "Te la sei cercata"

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Ma poi alla fine ditelo, cari giudici della Cassazione: "Te la sei cercata". Ditelo, perché è questo che si legge tra le righe della sentenza che elargisce sconti a due violentatori, ed è una cantilena antica e ferocissima, un mantra arcaico, immobile, blindato rispetto all'evolversi della società, della coscienza, dell'emancipazione femminile, dei diritti.

Una maledizione, una condanna a vita per le donne, fine pena mai. E dunque, e ancora, e sempre: te la sei cercata. Potevi evitare di ubriacarti. Non si fa. Se avevi liberamente alzato il gomito, se come ogni ubriaco eri priva di energie, confusa, incapace di difenderti, con la coscienza e con la volontà appannate, che colpa ne hanno mai quei due animali che ne hanno approfittato, e ti hanno scaraventata in terra come un pupazzetto, e denudata, e usata come un pezzo di carne senza identità, senza diritti, senza dignità. Non ti hanno costretta a bere, e dunque si meritano uno sconto.

Pazienza se ti hanno rubato il corpo e anche la vita, perché dopo uno stupro tu non sei più viva, tu non sei più intera, tu non sei più tu, e una parte di te è morta per sempre, e niente sarà mai più come prima, niente, mai. Così la sentenza numero 32462 della terza sezione penale della Cassazione rilancia i fantasmi di un tempo primordiale che non finisce mai, che si riproduce come un anatema infinito nella cultura maschile, nelle relazioni, nei processi, nel destino delle donne.

Te la sei cercata perché avevi la minigonna, perché eri abbigliata in modo provocante, perché indossavi i jeans, perché giravi da sola nella notte, perché dai confidenza agli sconosciuti. Te la sei cercata perché vuoi essere libera, indipendente, bella, emancipata, senza differenze di genere, alla pari. Te la sei cercata perché non sei nient'altro che un oggetto sessuale, una preda in una giungla. Perché non ti comporti da brava ragazza, e questo ti aliena ogni diritto e ogni libertà di scelta sulla tua vita sessuale, e il tuo corpo non ti appartiene più.

Sì, te la sei cercata, perché vai a cena con due amici e che fai? Bevi! Lo fai liberamente, senza che ti abbiano costretta. La legge dice questo, via l'aggravante, corpus legis sessista, sentenza inoppugnabile. La legge ancora elude, discrimina, protegge poco, mantiene alla fonte l'origine del male. La legge andrebbe interpretata, riletta, riformata. E infine poi tutto si tiene, nelle giurispudenze giuridiche e sociali, nella controrivoluzione maschile che rivendica quel vecchio mondo con i generi divisi tra superiorità e sottomissione. E in mille forme si manifesta l'ostilità contro queste nuove donne libere, autonome, forti, competitive, talvolta superiori. E ogni singolo tipo di violenza contro di loro è in aumento vertiginoso.

Stuprate, picchiate, maltrattate, sfregiate, stalkerizzate, insultate e svilite dalla ferocia del sessismo, ricattate sessualmente sul lavoro. E ammazzate. Una ogni sessanta ore, quasi sempre da un compagno o un ex, perché pretendevano di interrompere un rapporto di coppia, di riprendersi la loro libertà.

Sì, tutto si tiene, in questo un tempo maschile ancora immobile, ancora avvelenato dall'odio per le donne che pretendono di essere persone.

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