“Una così lunga lettera” di Mariama Bâ: l’abnegazione ed il senso del dovere femminile
Lug 23, 2018
“Quello è il momento temuto da ogni donna senegalese, in vista del quale sacrifica i suoi beni per darli in dono alla famiglia del marito e, peggio ancora, il momento in cui, oltre ai beni, priva se stessa della sua personalità e della sua dignità, divenendo un oggetto al servizio dell’uomo che sposa, del nonno, della nonna, del padre, della madre, del fratello, della sorella, dello zio, della zia, dei cugini, delle cugine e degli amici di quell’uomo. Il suo comportamento è dunque condizionato.”
Chi pronuncia, o meglio scrive, queste parole è Ramatoulaye, voce narrante e protagonista del libro “Una così lunga lettera” della scrittrice senegalese Mariama Bâ, ripubblicato in Italia nel 2016 da Giovane Africa Edizioni.
Mariama Bâ è stata una scrittrice e attivista per i diritti delle donne senegalesi. Nella sua breve vita (è morta di cancro a 52 anni), dopo tre matrimoni e nove figli, si dedica all’impegno per i diritti delle donne, alla lotta contro la poligamia che denuncia con forza in questo suo romanzo. Diventa membro della Fédération des associations féminines du Sénégal, associazione che si batte per l’educazione e i diritti delle donne.
Il libro è una lunga lettera che Ramatoulaye scrive alla sua amica del cuore Aissatou in occasione della morte di suo marito Modou.
Il dolore per la scomparsa dell’uomo che ha scelto come compagno di una vita viene in qualche modo diluito dal rancore che ha maturato nei suoi confronti nel momento in cui lui ha deciso di avere una seconda moglie e la sua scelta è caduta su una giovane donna, coetanea e amica di una delle loro figlie.
Il sentimento esclusivo che Ramatoulaye credeva di condividere con Modou si rileva a senso unico e privo di fondamento per il suo uomo. Stessa sorte era toccata all’amica Aissatou che però, contrariamente a lei, al secondo matrimonio del marito ha abbandonato tutto e si è trasferita all’estero, incapace di sopportare l’umiliazione di tale gesto, e imparando a condurre una vita indipendente, in assoluta antitesi con quella che conduceva in patria a fianco del marito.
“Per vincere il mio rancore penso al destino di noi esseri umani. Ogni esistenza racchiude in sé una briciola d’eroismo fatto di abnegazioni, rinunzie e acquiescenze sotto l’impietosa sferza della fatalità”.
Sono le parole che Ramatoulaye pronuncia quasi per autoassolversi, per perdonarsi per essere rimasta sposata a Modou anche quando lui le ha preferito la giovane Binetou.
Il senso del dovere femminile, l’abnegazione e la sottomissione alle regole della famiglia e della società hanno avuto la meglio sullo spirito di indipendenza e sul moto di dignità verso il quale invece voleva spingerla proprio sua figlia Daba, doppiamente delusa sia dal padre che dalla sua giovane amica, divenuta seconda moglie di suo padre.
Nella sua generosa visione della vita, ciò che Ramatoulaye riesce a vedere è anche il fatto che la giovane Binetou diventa “un agnello immolato sull’altare del materialismo”, lei stessa oggetto delle mire familiari che le impongono di sposare un uomo molto più vecchio di lei solo perché economicamente benestante.
Sono questi gli elementi di denuncia che Mariama Bâ lascia trasparire fra le righe di questo romanzo epistolare, in cui si alternano i momenti di sconforto a quelli di ribellione e di intolleranza verso una società che relega le donne ad una situazione di sottomissione, seppure appartenenti alle classi più agate e colte della società senegalese.
E così, anche in una situazione di abbandono, Ramatoulaye continua la sua vita, piangendo il marito morto e allevando i suoi dodici figli, fra delusioni, rabbie, gioie e sorprese. Come quella che le riserva la giovanissima figlia che porta lo stesso nome della sua migliore amica, Aissatou, e che presto avrà un figlio a sua volta.
“La gravità del suo atto non le sfuggiva in quella mia situazione di recente vedovanza subentrata alla mia condizione di moglie abbandonata”.
Ma sarà l’istinto materno ad avere la meglio “E dopotutto si è madri per comprendere l’indefinibile. Si è madri per illuminare le tenebre. Si è madri per proteggere, quando i lampi irrompono nella notte, quando i tuoni percuotono la terra, quando il fango fa sprofondare. Si è madri per amare, senza inizio e senza fine”.
Written by Beatrice Tauro