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Raccontare il tumore, ecco perché serve e da dove cominciare

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

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Fino al 7 agosto è possibile partecipare a “Donna sopra le righe”, il più importante concorso letterario italiano sul tumore al seno. Abbiamo chiesto a Bianca Borriello, storyteller, come si fa a raccontare la storia delle propria malattia e perché può essere importante

Tiziana Moriconi

imagePinuccia Musumeci con Andrea Camilleri

Dieci anni. Dieci volumi. Centinaia, forse migliaia di storie. Il primo concorso letterario italiano dedicato alle donne che hanno vissuto il tumore al seno, Donna sopra le righe, festeggia un compleanno importante. Probabilmente il suo è l'archivio di medicina narrativa su questo tema tra i più ampi, e racconta una storia infinita, che si ripete mai uguale a stessa. La malattia è il perno attorno al quale ruotano miriadi di protagonisti, miriadi di stili, di visioni e di prospettive. Paure, speranze, attese, fatiche, lutti, rinascite.

Dietro tutto questo c'è la volontà di Pinuccia Musumeci, paziente e advocate per i diritti delle donne malate nella sua regione, la Toscana, dove ha fondato l'associazioneIo sempre donna. Per il concorso ha chiamato accanto a sé uno degli scrittori italiani più amati, Andrea Camilleri, che guida la giuria (quitutte le informazioni per partecipare, fino al 7 agosto).

. RIALLACCIARE I FILI

Ma da dove nasce il bisogno di raccontare la propria malattia? “La formula del racconto ha la capacità di riallacciare i fili nel punto in cui la vita si era interrotta”, spiega Bianca Borriello, esperta di narrazione e linguaggio delle relazioni (o, come si potrebbe dire oggi, una storyteller): “Nella nostra vita quotidiana ci siamo noi, che siamo mamme, lavoratrici e così via. Poi arriva la malattia e c'è la rottura: gli eventi continuano a scorrere ed è come se noi uscissimo dalla storia. Il racconto rimette la nostra storia nel flusso. La scrittura, inoltre, richiede una selezione, una sintassi, una grammatica: di mettere ordine, attraverso una sequenza compiuta di parole, in un momento – quello della diagnosi, delle cure, della malattia – la cui dimensione non riusciamo a contenere. La richiesta di scegliere un inizio e una fine, di mettere una punteggiatura è un esercizio che aiuta moltissimo la mente a fermarsi e a scegliere, tra tutte le variabili del possibile che creano confusione, una sola cosa vera: una serie di concetti che sono afferrabili. Scrivendo scegliamo quello che vogliamo consegnare agli altri. L'obiettivo è sempre quello di avvicinarsi alle persone, di consegnare un pezzo di noi all'altro affinché lo prenda e sappia qualcosa in più del territorio che stiamo abitando, di come è la vista da dove siamo. Il vantaggio per chi ascolta la storia di chi ha avuto una malattia è di poterla vivere attraverso l'altro, trarne l'insegnamento senza doverci per forza passare. Che non è un vantaggio da poco: è un forma di apprendimento, un modo per ricevere istruzioni alla vita a cui l'essere umano è abituato da sempre”.

. CONSIGLI PER COMINCIARE A SCRIVERE

Non per tutti, però, può essere semplice ritrovarsi davanti a un foglio bianco, che sia di carta o di pixel. Come si fa a cominciare a scrivere quando si è bloccati? “Ci sono diverse strategie”, risponde Borriello: “Mi trovo molto spesso con persone che hanno grandi storie che restano intrappolate in loro, nella convinzione di non essere in grado di scrivere, e in questo la scuola ha una grande responsabilità. Ma credo che la storia sia sempre più importante della forma, in ambito terapeutico più che mai. Un consiglio è di raccontare a voce, registrando sul cellulare e parlando liberamente senza badare a ripetizioni o correzioni. Poi si riascolta e si sbobina, scegliendo le parole, trascrivendo quello che si è detto. Se invece non ci si sente in grado, si può consegnare il proprio racconto a qualcun altro, ci sono persone che scrivono storie altrui per mestiere. Vedere la propria storia riscritta ha un effetto molto potente: come nell'Odissea, quando Ulisse ascolta la propria vicenda narrata dall'aedo. È come guardarsi allo specchio e avere restituita l'immagine intera, quando spesso la sensazione che abbiamo nel tenercela dentro è che sia tutto spezzato. La storia, come dicevamo, ha una compiutezza. Un altro modo per cominciare a scrivere è prendere spunto da altri: la scrittura è un 'muscolo', la si può allenare. Si può partire da parti comuni delle storie. Per esempio quando siamo andate a ritirare il referto: 'Anche a me hanno consegnato una busta chiusa, anche io guardavo la faccia del signore dietro lo sportello per cogliere qualche segnale, anche io mi chiedevo perché la stesse sigillando, visto che l'avrei aperta subito…' e a quel punto inserire la propria variazione”.

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Il racconto ha questa capacità: di disporre gli altri all'ascolto. È una formula educativa che ci appartiene fin da piccolissimi e l'apertura permette a una serie di messaggi di entrare e mettere radici. E così quella esperienza raccontata potrà essere utile a qualcun altro. Le storie avvicinano e questo è importante in tutti quei momenti in cui c'è il rischio, oggettivo o percepito, di un allontanamento. Come quando si ha una malattia come il cancro.

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  • Bianca Borriello durante TedxTrento
  • Pinuccia Musumeci, ideatrice del concorso letterario Donna sopra le righe, con lo scrittore Andrea Camilleri, presidente della giuria.

2 agosto 2018©Riproduzione riservata

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