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Jane Fonda: «Salute, sesso e amore: in quel docu ho rivisto la mia vita»

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

22 settembre 2018 - 19:36

«Mi è piaciuto ripercorrere tante tappe dei miei 80 anni e mezzo e sono andata a ritroso con una consapevolezza che è stato duro conquistare: è stato come una lunga seduta di autoanalisi». Così Jane Fonda racconta il documentario presentato in anteprima al Sundance del suo amico Robert Redford, diretto da Susan Lacy. Jane Fonda in five acts (in onda su Sky a novembre) per l’attrice è stato un modo per «ritrovare la ragazzina che passeggiava da sola sulla spiaggia di Malibu, la ventenne che tutti pensavano fosse una privilegiata perché era ricca, viveva in case da favola ed era la figlia dell’affascinante Henry Fonda e, poi, la donna che scopriva l’impegno sociale, la Barbarella che in verità ammirava Simone de Beauvoir e come attrice Simone Signoret, la donna che anche sbagliando, ma con intima onestà e impegno, veniva fotografata nel 1972 in Vietnam su un carro armato e dileggiata in America come Hanoi Jane… Forse cinque atti sono pochi perché in verità sono state tantissime le tappe della mia vita».

Parla d’un fiato Jane. «Le tappe della mia vita sono sempre dalla parte delle donne, dei loro diritti,delle loro verità emotive, sessuali, di madri, di nonne, come sono io, che mi scopro quasi una chioccia con i mie figli e i loro figli». E aggiunge: «Ho imparato a volermi bene solo attraverso il tempo e ho amato gli uomini che ho sposato. Volevo che questo lavoro sulla mia esistenza fosse un ritratto molto intimo. Sono felice che Ted Turner abbia accettato di comparire in questo lavoro perché il tempo passato con lui ad Atlanta, lontana dai riflettori del cinema, mi ha dato tantissimo. Come altrettanto mi aveva dato, nel periodo europeo dell’indomita Jane, Roger Vadim e poi Tom Hayden con il quale ho vissuto un autentico attivismo politico nei nostri radicali e progressisti anni Settanta».

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È fiera che uno degli atti la presenti anche come paladina del fitness, dell’aerobica. «Ho creduto all’amore, alla buona salute, al sesso, al fitness, all’amicizia, alla vitalità dello spirito umano. È fondamentale che tutti questi elementi diventino una visione della vita. Le donne stanno diventando sempre più forti e mi piacerebbe per le ragazze di oggi girare un seguito del film Dalle 9 alle 5 e ritrovare Dolly Parton. Continuo a pormi domanda, a dialogare, a cercare tutte le potenzialità e le risposte con altre donne e con gli uomini. Lo faccio soprattutto, in tempi incerti, cupi, come quelli che un’America divisa, incerta oggi sta vivendo. Senza trovare sempre la forza di essere democratica e progressista».

Ride. «Non credo che Robert Redford smetterà di essere un regista,un attore anche se non abbiamo più l’eta di andare A piedi nudi nel parco. È stato bello che Robert abbia voluto per primo far vedere il documentario al suo Sundance, dove io ho marciato sotto la neve dicendo alle donne che i cambiamenti si ottengono anche, ma non soltanto, con le proteste». Guarda a un suo classico. ricorda: «Volevo che si parlasse di Sul lago dorato. Questo film ha un posto speciale nel mio cuore: con mio padre c’erano stati spesso lunghi silenzi». La commozione rivela le più segrete vulnerabilità di Jane quando spiega: « Quel film ci unì come la vita non sempre aveva fatto perché papà aveva un carattere introverso. Resta l’ultimo film di mio padre, l’unico in cui abbiamo recitato insieme, l’unico che gli ha dato un Oscar come attore anche se l’Academy aveva fatto mea culpa assegnandogli prima l’Oscar alla carriera. Sono sempre stata felice di essere sua figlia e penso che il suo volto, i suoi film raccontino davvero l’America. In fondo, quel film, che produssi io, è per me anche un omaggio a mia madre, Frances Ford Seymour Brokaw che se ne andò troppo presto con la malinconia e le depressioni del suo carattere. Mio padre, più degli uomini che hanno modellato la ragazza Jane Fonda, è stato il punto centrale della mia vita ed era stato sempre anche un attivista, un uomo onesto. Mi ha insegnato quello che resta il mio credo: We can do it (possiamo farlo)».

22 settembre 2018 (modifica il 22 settembre 2018 | 19:37)

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