Nella Croazia delle donne occhi puntati al diritto di aborto
Ma nonostante il suffragio femminile sia stato introdotto nella Repubblica Federale di Jugoslavia, nel 1945, e l'articolo 3 della Costituzione tra i valori fondanti del Paese inserisca anche la «parità tra i sessi», il ruolo delle donne è rimasto, spesso, subalterno a quello maschile. Nel 2013 il Gender Inequality Index, che misura la disuguaglianza tra sessi nei vari Paesi, poneva lo Stato balcanico alla 33esima posizione su 152 nazioni analizzate. Tutto sommato un risultato soddisfacente. Eppure, nello stesso anno, le donne parlamentari raggiungevano solo il 23,8% del totale. Nel 2016 Eurostat nel suo Gender Pay Gap, lo studio sulle differenze di salario, sottolineava che il divario retributivo di genere negli Stati membri dell’Unione europea era inferiore al 10% in Romania, Italia, Lussemburgo, Belgio, Polonia, Slovenia e Croazia (con l’8,7%). Ma, diversi gruppi a difesa dei diritti delle donne, soltanto un anno dopo, segnalavano che una cittadina croata guadagnava ancora, a parità di posizione, il 10% in meno di un uomo. Negli ultimi anni le cose sono migliorate, e il Paese ha macinato posizioni nelle classifiche per quanto riguarda le pari opportunità, la partecipazione economica e il livello di istruzione.
LA LEGGE SULL'ABORTO, CARTINA DI TORNASOLE
Al di là delle classifiche, la vera cartina di tornasole per misurare i diritti delle donne, sono le leggi che riguardano l'aborto e la salute riproduttiva. L’interruzione volontaria di gravidanza entro le 10 settimane è legale in Croazia dal 1978. Negli Anni 90, in seguito all’indipendenza, emerse qualche tentativo di abrogarla, perché ritenuta dai conservatori croati illegittima in quanto eredità e retaggio socialista. Nel 2003 entrò in vigore l’obiezione di coscienza. Da allora interrompere una gravidanza nel Paese è stato sempre più difficile. Nel 2014 su 375 ginecologi impiegati in ospedali in cui era permessa la pratica, solo 166 si erano dichiarati disponibili a eseguire l'intervento. Ufficialmente, la Croazia è tra i Paesi europei con il minor numero di aborti. In realtà si sono moltiplicate le operazioni clandestine, pagate profumatamente.
I TENTATIVI DI ABROGAZIONE E LA MODIFICA
Il 21 febbraio 2017, la Corte costituzionale ha respinto la richiesta di attivazione del giudizio di legittimità della legge sull’aborto, presentata nel 1991 da Ružica Čavar, presidentessa del Movimento croato per la vita e la famiglia. A favore di questa decisione hanno votato 12 giudici su 13. L’unico contrario è stato Miroslav Šumanović, il quale ha sostenuto che «la vita deve essere protetta, fin dal momento del concepimento». In pratica l'aborto è rimasto legale ma l’attuale normativa, cioè quella del ’78, deve essere modificata entro due anni, quindi nel febbraio 2019. Al legislatore viene chiesto di inserire nella nuova legge misure educative e di prevenzione finalizzate a rendere l’interruzione un’eccezione. Inoltre, il testo dovrebbe disciplinare anche la questione legata all’obiezione di coscienza dei medici e garantire alle pazienti l’accesso a informazioni sui metodi contraccettivi, sesso sicuro, gravidanza e funzionamento degli asili. Nonostante la Corte costituzionale sancisca che non può essere emanata una legge che vieti l’aborto di fatto lascia al legislatore un ampio margine di discrezionalità. Secondo quanto pubblicato nel 2016 dal Balkan Investigative Reporting Network, una donna che sceglie di abortire in Croazia si trova di fronte a una serie interminabile di problemi. Che ritardano l'intervento o lo rendono di fatto impossibile.