la sfida del (nuovo) Messico
Il dato, mostruoso, è stato diffuso dall’Istituto statistico nazionale: nella loro esistenza almeno due donne messicane su tre hanno subito violenza fisica o psicologica in ambito sessuale o lavorativo. La percentuale reale, segnala però il rapporto, è certamente più alta visto che nell’88% dei casi le condotte violente non vengono nemmeno denunciate. Per il Messico, insomma, la violenza di genere continua a rappresentare un problema enorme. Ma nonostante le difficoltà e le tragedie quotidiane, il Paese sembra aver intrapreso un percorso diverso. E gli effetti, a quanto pare, iniziano a manifestarsi in diversi ambiti. A partire dalla politica.
Iscriviti alla newsletter
Il meglio delle notizie di finanza etica ed economia sostenibile
Parità di genere in Parlamento
Dopo le ultime elezioni del 1 luglio 2018, la presenza delle donne nella Camera bassa ha quasi raggiunto quella degli uomini (246 deputate contro 254 colleghi) mentre il Senato ha registrato addirittura uno storico sorpasso: 65 a 63. Nel 1991 deputate e senatrici rappresentavano meno del 10% dei parlamentari. Prima del 1953 alle donne messicane non era nemmeno concesso il diritto di voto.
La strada, nota il quotidiano spagnolo El País, è ancora lunga: tra i 32 governatori statali dell’unione (il Messico è una repubblica federale) compare attualmente una sola donna: Claudia Artemiza Pavlovich Arellano, che dal 2015 presiede l’amministrazione dello Stato di Sonora. Dal dicembre 2018, però, entreranno in carica due nuove governatrici elette alla consultazione di luglio: Claudia Sheinbaum, a Città del Messico e Martha Erika Alonso nello Stato di Puebla. Nella squadra di governo del neo presidente López Obrador, inoltre, le donne dovrebbero presidiare dicasteri chiave come economia, energia e lavoro. E le implicazioni, nota Newsweek , saranno decisamente rilevanti per un’ampia schiera di temi politici: dall’interruzione di gravidanza (tuttora illegale in 17 Stati) alla tutela delle lavoratrici.
Città del Messico, 8 agosto 2018. Manifestazione di solidarietà alle donne argentine in lotta per la legalizzazione dell’aborto. Il crescente peso politico delle donne messicane ha evidenti implicazioni sul tema dei diritti sociali e civili. Wikimedia Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)Donne al lavoro
Nella classifica del World Economic Forum, il Messico si piazza 81esimo, tra Madagascar e Italia. Un risultato negativo che colloca il Paese al 20simo posto (su 24) nella graduatoria latinoamericana e che risente in particolare della scarsa partecipazione delle donne al sistema economico nazionale. Visto da una prospettiva più ampia, tuttavia, il quadro generale appare meno tenebroso.
Ruth Rivera lavora nel settore minerario ed è un’attivista sindacale. Foto: Solidarity Center/Robert Armocida Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)La prima buona notizia è che la storia segna da tempo una forte inversione di tendenza. In uno studio pubblicato nel giugno del 2018, due ricercatori dell’Università di Essex, Sonia Bhalotra e Manuel Fernández, ricordano ad esempio che tra il 1989 e il 2014, il tasso di partecipazione alla forza lavoro messicana delle donne della cosiddetta prime age (25-54 anni secondo la definizione dell’OCSE) è passata dal 36% al 58%. In un quarto di secolo, in pratica, le donne occupate sono 10 milioni in più. Per ottenere lo stesso risultato in termini percentuali, notano i ricercatori, gli Stati Uniti hanno impiegato esattamente 37 anni (dal 1956 al 1993).
Il gap salariale in Messico
Lo studio di Bhalotra e Fernández si concentra però su un altro tema caldo: quello del divario salariale. Secondo la teoria economica, affermano, la crescita della forza lavoro femminile dovrebbe creare un eccesso di offerta destinato a ridurre gli stipendi medi delle donne, ovvero ad allargare il divario con i salari dei colleghi maschi. Ma non è sempre così.
Negli impieghi più qualificati, dove uomini e donne sono più facilmente intercambiabili, gli effetti sul gap possono essere limitati o addirittura nulli. Nel periodo in esame, ad esempio, il divario di stipendio tra uomini e donne si è allargato (dal 10 al 22%) per i lavori peggio pagati (con salari inferiori al valore mediano) ma si è ridotto (dal 5 al 18%) per gli impieghi caratterizzati dalle retribuzioni più alte (quelle del 20% più “ricco”, in termini di stipendio, della popolazione lavorativa messicana).
L’auditorium Alfonso Caro nel campus della UNAM, il più grande ateneo pubblico del Messico. La crescente presenza nelle università apre alle donne la strada verso lavori meglio pagati dove il gap salariale con gli uomini sta diminuendo. Foto: Daniel Case Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0)Adelante México
Buone notizie anche dalle aule scolastiche e universitarie, come ha evidenziato l’OCSE in un rapporto diffuso nel 2017. «Il Messico – scrive l’organizzazione – ha fatto progressi anche del campo dell’istruzione: le borse di studio consentono a un maggior numero di ragazze di completare la scuola secondaria superiore mentre le percentuali di iscrizione all’università sono ora simili per uomini e donne».
Gli indicatori di Gender Gap in Messico a confronto con media OCSE e gli Stati migliori e peggiori. FONTE: OCSE 2017.Ma non è tutto: «Gli investimenti in asili per l’infanzia hanno contribuito a dare alle madri che lavorano maggiori opzioni nell’assistenza ai bambini offrendo uno strumento chiave per migliorare la partecipazione femminile alla forza lavoro». Stereotipi e discriminazioni, ammette l’OCSE, pesano ancora. «Ma il Messico – in ogni caso – procede nella giusta direzione». Adelante.