WASHINGTON - La Corte suprema ha una solida maggioranza di destra, destinata a durare molto a lungo: questo peserà sulla storia a venire degli Stati Uniti, visto che spesso le grandi riforme "di civiltà", le leggi che riguardano valori etici, vengono tranciate dai giudici costituzionali. Si chiude con un voto di stretta misura la contestata nomina del giudice Brett Kavanaugh che va a rafforzare i ranghi dei magistrati repubblicani in seno al massimo organo della giustizia americana.
È stata una battaglia aspra, nella quale ha fatto irruzione il movimento #MeToo: fino all'ultimo, con piccole ma vigorose manifestazioni di protesta al Senato durante la votazione. I democratici avevano promesso di contrastare il conservatore Kavanaugh fin da quando Donald Trump lo aveva designato, anche per restituire alla destra l'ostruzionismo e il sabotaggio che ci fu contro il candidato di Barack Obama alla Corte due anni fa. A fornire un'arma insperata all'opposizione era stata la denuncia di Christine Blasey Ford, una professoressa di psicologia all'università di Stanford, che ha accusato Kavanaugh di abusi sessuali quando i due erano liceali.rep
La testimonianza della Ford al Senato aveva convinto anche un senatore repubblicano, Jeff Flake dell'Arizona, costringendo la destra a rinviare la nomina e a chiedere un supplemento d'indagine all'Fbi. Ma la Casa Bianca ha assegnato all'Fbi un mandato molto restrittivo per l'indagine. Al termine di una settimana, e senza ascoltare molti testimoni dei fatti, il rapporto è approdato al Senato. Quasi tutti i senatori repubblicani, inclusa una senatrice incerta fino all'ultimo, Susan Collins del Maine, hanno detto di non aver trovato nei dossier dell'Fbi alcuna prova della colpevolezza di Kavanaugh.in riproduzione....
È venuto a mancare un solo voto in campo repubblicano, quello della senatrice Lisa Murkowski dell'Alaska; mentre un democratico ha unito il suo sì a quello della maggioranza. Nel frattempo l'opposizione aveva in parte cambiato il tiro, accusando Kavanaugh nella sua autodifesa di aver gettato la maschera, di essere troppo fazioso per ricoprire il ruolo di custode della Costituzione (il giudice ha attribuito le accuse contro di lui a una "congiura dei Clinton", ricordando di essere stato un collaboratore del procuratore Kenneth Starr all'epoca dell'impeachment per il caso Monica Lewinski).
Il verdetto finale ha uno strascico di polemiche che infiammano l'ultimo mese di campagna elettorale. Da qui al 6 novembre, data delle legislative di mid-term, alcune proiezioni dicono che la vicenda Kavanaugh, riportando alla luce l'estrema importanza del controllo sul Senato, potrebbe far salire l'affluenza repubblicana e salvare in extremis la risicata maggioranza nella Camera alta; mentre i democratici potrebbero trarne vantaggio per una riconquista della Camera dei deputati. L'ultima parte della campagna vedrà opporsi due narrazioni contrapposte.
Per la sinistra si è appena consumato un ennesimo sopruso contro i diritti delle donne, una vittima di abusi è stata ignorata, è stata garantita l'impunità di un maschio bianco che appartiene a un'élite esclusiva e potente (gli allievi delle grandi università dell'Ivy League sulla East Coast). Per la destra si è colpevolizzato un uomo senza prove, con un linciaggio mediatico, accentuando la politicizzazione delle istituzioni giudiziarie.
Nell'immediato il grande vincitore è uno solo: Donald Trump. Il presidente emerge da una settimana già ricca di successi: ha costretto Canada e Messico a rinegoziare il trattato Nafta di libero scambio; ha incassato un dato molto positivo sulla disoccupazione, scesa al minimo da mezzo secolo. Ora dimostra di aver giocato d'istinto, quando ha spinto Kavanaugh a usare toni estremi nella sua autodifesa, per chiamare a raccolta le truppe repubblicane.
Si consolida l'alleanza singolare tra il tycoon pluridivorziato e le chiese, in particolare i fondamentalisti protestanti e la destra cattolica, uniti nel giudicare di vitale importanza un presidente che sceglie i giudici in sintonia con i loro valori.
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