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Liya Kebede, dalle passerelle alla moda etica

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

La modella Liya Kebede

Un’eleganza innata sprigiona da LiyaKebede. Nel backstage della grande sfilata sulla Senna di L’Oréal Paris (vedere MFF del 2 ottobre), appena truccata, avvolta in un cappotto blu di taglio maschile, una coda di cavallo allacciata con semplicità, la top-model mantiene, in un’atmosfera di incredibile effervescenza, un sorriso calmo che rivela una personalità forte. E' stata questa l'occasione per parlare del suo impegno verso una moda etica.

Lei si batte da tempo per i diritti delle donne di colore, perché siano meglio rappresentate nella nostra società. Eventi come quello di L'Oréal sono un aiuto alla sua causa?

Sulla passerella di L’Oréal Paris ci sono donne di età, colore, silhouette diversissime e questo è molto positivo, ha sempre fatto parte della filosofia del brand ed è una delle ragioni che mi rendono fiera di lavorare con loro. Il gruppo ha una una visione della donna inclusiva. Vengo da un mondo in cui vige ancora un’immagine molto restrittiva della bellezza femminile e che vorrebbe imporci un modello unico. In questo il beauty è più avanti della moda, che è ancora indietro su questa strada. Ma credo che siano stati fatti dei progressi e siamo comunque nella buona direzione.

Per questo è importante continuare a militare?

Bisogna impegnarsi perché questa visione non resti solo una tendenza del momento, questo è il grande rischio, che l’attenzione ricada e che si torni indietro. Invece è bello celebrare le nostre differenze, far sì che diventino degli atout e non degli handicap. Sono convinta ad esempio che le donne africane meritino migliori opportunità e mi batto per dar loro più potere attraverso l’educazione e il miglioramento delle loro condizioni di salute.

Per aiutarle ha creato una fondazione e ha lanciato una linea di moda etico-solidale, Lemlem, che ha anche recentemente proposto una capsule di borse e scarpe con Pierre Hardy. E’ un modo per dare l’esempio?

L’idea mi è venuta in seguito a un viaggio in Etiopia nel quale ho osservato il declino di un artigianato tessile locale di grande pregio. Così è nata Lemlem, che recupera il know-how di questi artigiani: tutto è fabbricato ad Addis-Abeba. Stiamo cominciando a farci conoscere e siamo presenti ormai anche su siti come Net-a-porter.

E’ una lezione per le giovani generazioni?

Alle giovani donne consiglio di non seguire ciecamente tutto quello che si sentono dire. Di imparare a conoscersi, ma questo è un cammino che prende tempo e oggi siamo bombardati da messaggi di ogni tipo e non è facile ritrovarsi. Invece una donna deve essere se stessa, capire cosa la valorizza; è un challenge, ne sono consapevole, ma indispensabile per essere in coerenza con se stesse.

Lei ci è riuscita? Come coltiva la sua bellezza?

Io sto bene (sorride, ndr.) e quando non posso non trascorro molto tempo davanti allo specchio. Mi trucco poco, se devo uscire la sera applico un po’ di rossetto e del mascara che forse è il mio prodotto di make-up preferito, il mio basic. Prendo invece cura della pelle, con trattamenti e prodotti ben mirati.

Che effetto fa sfilare davanti al mondo intero?

In effetti, non è la stessa cosa sfilare per i professionisti dell’industria e trovarsi davanti a un pubblico che comunica gridando le sue emozioni e sapere anche che la sfilata sarà trasmessa in diretta in tutto il mondo. C’è molta emozione, è una vera performance. Ma per me è anche un momento piacevolissimo perché ritrovo delle colleghe e amiche con cui lavoro da tempo. Tra noi non c’è rivalità: stiamo bene insieme.



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