Ddl Pillon, Pd: dopo i gay presi di mira anche donne e bambini. Romizi da che parte stai?
Sulle questioni dei bambini, delle famiglie, sono giorni bui per l’Umbria dei diritti conquistati. Dopo le vicissitudini del piccolo Joan, sono passati solo due giorni da quando a Todi si sono radunati oltre duecento cittadini in un flash mob per dire no allo ‘spostamento’ ad altro incarico, della direttrice della biblioteca che si è rifiutata di rispondere all’ordinanza del sindaco di rimuovere dalla biblioteca pubblica, alcuni libri per bambini, considerati dalla Destra tuderte, ora all’amministrazione cittadina, come ‘pro gender’. Da sabato a lunedì un’altra iniziativa politica fa leva su diritti di minori, negati da ideologie. E da Todi ci spostiamo a Perugia, dove consiglieri di opposizione del Pd, chiedono al sindaco di pronunciarsi chiaramente e apertamente da che parte sta, tenuto conto che un suo alleato, ovvero il senatore Lega Pillon, (noto a Perugia per le estenuanti lotte contro la legge che vuole combattere le discriminazioni contro i gay) si è reso promotore di un disegno di legge, in Parlamento, per cambiare quelli che oggi sono i diritti dei figli e della madre, dopo la separazione.
IMBARAZZO A TODIOMOFOBIA: L’UMBRIA NON CI STAIL CASO PICCOLO JOAN
«Il sindaco Romizi – scrivono – deve scegliere da che parte stare: o con la Lega a fini elettorali o con le donne, i bambini e le famiglie della sua città». Quindi spiegano che si tratta della materia : «di affido condiviso dei figli ed il loro mantenimento, criticato dalla quasi totalità delle associazioni dei genitori e delle realtà di tutela dei diritti dei minori, che in questi giorni si stanno mobilitando sul tema. I punti principali riguardano il venire meno dell’affido condiviso – aggiungono – per cui il minore dovrà trascorrere tempi paritetici con ciascuno dei genitori, dividendosi tra due case, sottoponendolo, in tal modo, oltre allo stress post separazione anche a quello emotivo dell’instabilità abitativa e di vita; l’abolizione dell’assegno di mantenimento, per cui i due genitori dovranno dividere tutte le spese in misura proporzionale al proprio reddito, che non tiene conto del fatto che una mamma difficilmente riuscirà a dare al figlio lo stesso stile di vita che gli garantisce il padre, rischiando di perdere addirittura l’affidamento e con il rischio concreto di disincentivare le donne che subiscono violenze domestiche a chiedere la separazione perché non in grado economicamente, poi, di mantenere la propria prole. Come se non bastasse, Pillon mira ad introdurre anche l’obbligo del mediatore familiare a pagamento, per cui, in caso ci sia stata violenza da parte dell’uomo, quando la donna vorrà separarsene, sarà maggiormente in pericolo, essendo costretta, in tal modo, a doverne parlare faccia a faccia con il maltrattante, il tutto in violazione con quanto previsto dall’ art. 48 della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla Prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica». Il nuovo disegno riguarda anche la presunta malattia «mai entrata nel Dsm ma anzi, molto criticata anche dalla Cassazione e dalla giurisprudenza italiana, dell’alienazione genitoriale. Secondo tale teoria il minore, specie in caso di separazione conflittuale, viene plagiato da uno dei due genitori attraverso un vero lavaggio del cervello che lo mette contro l’altro genitore, arrivando addirittura ad accusarlo di violenza sessuale. Nel testo di legge, in caso un genitore insista a opporsi alle frequentazioni del minore da parte dell’altro con una ‘condotta pregiudizievole’ o anche nel caso in cui lo stesso bambino ‘mostri rifiuto, alienazione o estraniazione’, il giudice potrà comunque stabilire il suo affidamento ai servizi sociali e il suo ricollocamento in una struttura protetta, dove il minore affronterà uno ‘specifico programma per il pieno recupero della bigenitorialità’. È evidente che, in tal modo, si mette a tacere quello che, con molta probabilità, è un vero grido d’aiuto del minore spaventato dalla violenza del genitore rifiutato», scrivono ancora i consiglieri del Pd che definiscono la proposta «una riforma pericolosissima e che, se approvata, andrebbe ad incrementare i già numerosissimi reati casalinghi e violenze su donne e bambini, sempre più in aumento perché mette in secondo piano la tutela e l’interesse dei minori – concludono i firmatari -. Il testo di legge del leghista cerca soluzioni paternalistiche contro diritti ottenuti grazie ad anni di battaglie sociali e si poggia su una visione ideologica, maschilista e patriarcale della famiglia. Va contro i diritti delle donne e dei bambini, non tiene in considerazione la disparità di vita, occupazionale ed economica, esistente ancora ad oggi tra uomini e donne, che penalizza le madri disoccupate e lavoratrici, ma che, soprattutto, va ad affievolire le tutele per le donne ed i minori vittime di abusi, violenze e maltrattamenti, basandosi, tra l’altro, su una patologia che ad oggi è considerata inesistente e che altro non è che un invito al silenzio per i bambini e per i genitori vittime di abusi. Ignora l’emergenza e l’attualità di temi prioritari della violenza maschile, non considerando il diffuso squilibrio di potere, al contrario, proponendo un’equiparazione donna/uomo che non corrisponde alla realtà sociale e culturale e che, quindi, preoccupa molto perché minerebbe l’incolumità dei soggetti più deboli». Quindi si rivolgono a Romizi: «Abbiamo presentato un ordine del giorno con cui abbiamo chiesto a sindaco e giunta ad esprimere in tutte le sedi preposte la netta contrarietà del Comune di Perugia rispetto alle proposte contenute nel ddl Pillon di riforma al diritto di famiglia e ad attivarsi con tutti i livelli istituzionali e a farsi promotori presso il Governo centrale e il Parlamento affinché le norme sopra descritte non trovino attuazione a danno delle donne e dei bambini. Auspichiamo che il centro destra perugino prenda per una volta una posizione netta su un tema così delicato ed importante, dimostrando un’attenzione per i più deboli, andando oltre i capricci elettorali del sindaco, da troppo tempo sotto ricatto della Lega e che ha, in questo caso, la possibilità di dimostrare che il bene collettivo è per lui una priorità politica e sociale».