I diritti della donna in Marocco – WWWITALIA
Se ne discute martedì 6 novembre alle 16 a Palazzo Paolo Prodi (Trento – Via Tommaso Gar, 14) in un incontro aperto al pubblico
Il riconoscimento dell’uguaglianza tra coniugi e la tutela di figli e figlie sono i due principali pilastri del Codice di famiglia che il Marocco si è dato 15 anni fa. Una legge che è stata subito accolta dalle componenti più aperte della società e associazioni femministe e a lungo osteggiata dai conservatori. La riforma, voluta dal re Mohammed VI, ha rivoluzionato vari aspetti della vita sociale: ha riconosciuto la molestia sessuale come un reato e ha fissato l’età minima legale per il matrimonio a 18 anni, ha rivisto le regole su poligamia, divorzio e ripudio.
«Nell’ambito dei diritti della donna il Marocco, nel mondo arabo, si pone come punto di riferimento di ordinamento giuridico che ha conosciuto un’evoluzione sociale, politica e giuridica senza precedenti. Ne è un esempio il Codice di famiglia marocchino (Moudawwana al Usra), la cui riforma ha man mano eroso il ruolo subalterno della donna all’interno della famiglia e assottigliato le disparità di genere» sottolinea Elena Ioriatti, professoressa della Facoltà di Giurisprudenza.
La Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento, in collaborazione con l’Ambasciata del Regno del Marocco, martedì 6 novembre alle 16 propone “Donne e diritti in Marocco. Riflessioni tra modernità e tradizione”. L’iniziativa, a ingresso libero, si terrà nell’aula 118 di Palazzo Paolo Prodi (Trento – Via Tommaso Gar, 14). Tra gli interventi previsti: Jamila Ouidha, professoressa dell’Università di Rabat (Marocco), Kaoutar Badrane, avvocata del foro di Vicenza, Erminia Camassa, professoressa ed esperta di diritto e religione, Hassan Abou Ayoub, ambasciatore del Marocco in Italia.
Ioriatti, coordinatrice scientifica per UniTrento, spiega: «Il convegno intende avviare una riflessione sui fattori giuridici, religiosi e culturali che sottendono e caratterizzano il ruolo della donna, non solo in Marocco, ma altresì nella comunità marocchina in Italia, ove, paradossalmente, le riforme da tempo avviate nella terra d’origine non sono conosciute o delle quali molte donne non sono ancora consapevoli».