Raggi e Casa delle donne: chi è veramente disponibile a risolvere il problema?
La Sindaca Raggi, intervistata da Maria Latella accusa le donne che gestiscono la Casa Internazionale delle donne di Via della Lungara a Roma, di volersi tenere il palazzo del Buon Pastore senza pagare nulla, di pretendere un trattamento privilegiato perché donne. Non c'è in realtà nulla di più falso. Come è del tutto falso che le donne della Casa non vogliano raccogliere soldi. Forse la Sindaca non lo sa, ma la Casa è continuamente sostenuta da donazioni, sottoscrizioni, aiuti. Altrimenti non riuscirebbe ad andare avanti, a tenere aperto e fruibile lo stabile per tutta la giornata, a pagare le bollette, a fare le manutenzioni, a tenere pulito e in ordine il palazzo e il giardino, a costruire una attività quotidiana, una offerta straordinaria di servizi e di attività culturali.
Noi paghiamo ogni mese quanto riusciamo a pagare. E abbiamo pagato nel corso degli anni quasi la metà del canone d'affitto. Certo non ce la facciamo, oltre che a fornire servizi con lavoro volontario, oltre che a mantenere in buone condizioni, aperto e fruibile per tutte e tutti un palazzo del 600, senza chiedere un euro a nessuno, a pagare tutti i 7500 euro di un canone che secondo la Sindaca sarebbe irrisorio e costituirebbe un privilegio. Noi siamo pronte a pagare un importo ragionevole, anche per il passato. E lo abbiamo ribadito per tutti questi mesi. Basterebbe rileggere i documenti e le proposte che la Casa ha inviato al Comune, dal lontano 2013 e poi in tutto questo ultimo anno. Ma ci è sempre stato risposto, anche sprezzantemente, che tutto il nostro lavoro non può essere contabilizzato, non conta per la comunità cittadina. E questo contro una intera giurisprudenza, persino anche della Corte dei Conto, che afferma il contrario.
Ma forse le parole della Sindaca hanno tradito il suo vero sentimento. Produrre attività di servizio, tenere in vita un luogo libero di produzione di pensiero e di cultura, con il lavoro volontario, attraverso la partecipazione, prendersi cura di un palazzo fuori da ogni logica di mercato e da ogni logica politica finisce per essere per la Sindaca strano, incomprensibile e alla fine illegale.
A che serve un luogo come la Casa delle donne. Perché dovremmo salvaguardarla. Alla fine si tratta di un privilegio.
In fondo, afferma sempre Virginia Raggi, le donne devono lottare per i loro diritti, quelli formali, sanciti dalle leggi. Non cercare privilegi, perché donne. Peccato che le leggi non bastano e che le donne soffrono ancora di discriminazioni, subiscono vessazioni e violenze, vengono pagate meno, devono abbandonare il lavoro per una maternità, sono meno valorizzate e fanno meno carriera. Peccato che proprio per questo si sia persino inventata una politica, quella delle azioni positive, quella che riconosce che fare leggi uguali per persone in condizioni disuguali, non crea legalità, ma solo ingiustizia.
Per questo le donne vogliono essere riconosciute, non perché diventano come i maschi, ma perché sono diverse e hanno bisogno, hanno diritto a vedere riconosciuta e tutelata la loro diversità.
Per questo difendiamo con le unghie e con i denti un luogo di libertà e di autonomia delle donne. Perché ne abbiamo bisogno per incontrarci, discutere della nostra vita, costruire le nostre strategie di libertà, per fornire servizi e opportunità negate altrove.
Il Comune di Roma ha revocato la convenzione che consente alla Casa di gestire il Buon Pastore. Eppure con due lettere, per ben due volte, anche negli ultimi giorni, abbiamo ribadito la nostra intenzione di arrivare a una soluzione condivisa, a una proposta di transazione. Leggiamo che anche la Sindaca lo chiede e vuole arrivarci. Dice che vuole risolvere il problema della Casa. Benissimo, allora parli con noi. Non ci attribuisca intenzioni che non abbiamo.