La battaglia per impedire alle donne di entrare nel tempio scuote l'India
Tutto è iniziato il 29 settembre scorso, quando il principale organo giudiziario dell’India ha ritenuto incostituzionale e contrario ai precetti dell’induismo, il divieto di fruizione di un tempio hindu per le donne di età compresa tra i 10 e i 50 anni. Proibizione legittimata nel 1991 dall’Alta Corte di Thiruvananthapuram, capitale del Kerala, assecondando la prassida secoli in uso nell’edificio religioso, situato nelle giungle dello Stato dell’India meridionale.LEGGI ANCHE : MeToo sbarca in India e si scontra con gli arrembanti movimenti sessistiSi tratta del tempio di Sabarimala, dedicato alla divinità Ayappa, e considerato uno dei luoghi più sacri dell’induismo, meta ogni anno di decine di milioni di devoti provenienti da ogni parte del Paese. Tutti o quasi maschi, alcuni accompagnati da fedeli donne di età non compresa tra i 10 e i 50 anni. Questo in rispetto a un divieto basato sul mito di Ayappa, il cui voto di eterno celibato potrebbe essere turbato dalla presenza di donne in età da matrimonio, distogliendolo dalla promessa di proteggere gli adepti. Consuetudine fatta rispettare a lungo e vista con favore da gran parte delle devote hindu, che dopo la decisione delle Corte Suprema si sono schierate assieme agli uomini per impedire l’accesso alla struttura di attiviste per i diritti delle donne indiane, giunte in Kerala con l’intenzione di varcare la soglia del luogo di culto.
Sabarimala non è un tempio qualunque ma l’accesso al sancta sanctorum è possibile solo in periodi stabiliti. La prima finestra utile è giunta per le celebrazioni della seconda metà di ottobre, quando una folla di militanti hindu ha iniziato a presidiare la scalinata che conduce al portale d’ingresso, per impedire l’acceso alle donne che all’anagrafe non potrebbero – secondo la loro convinzione – presentarsi al cospetto di Ayappa. Le manifestazioni iniziate con preghiere e picchetti si sono accese man mano che arrivavano le prime fedeli, scortate da gruppi di poliziotti in assetto antisommossa. In breve, canti e pratiche rituali si sono trasformati prima in invettive e minacce, poi in assalti e sassaiole, anche contro le forze di polizia.
In pochi giorni, la mobilitazione si è estesa alle strade e ai punti nodali che conducono al tempio. Gli attivisti hindu hanno creato check-point illegali per controllare l’interno delle auto in transito, alla ricerca di donne non autorizzate. Allo stesso modo alcune attiviste sono state intercettate negli autobus in cui viaggiavano e costrette a scendere, a 50 chilometri di distanza dall’area templare.
In prima fila nelle mobilitazioni c’erano molte donne fedeli contrarie alla decisione della Corte Suprema, per le quali il dharma - l’ordine che tutto governa, concetto spesso semplificato come legge - hindu viene prima del più alto organo giudiziario del Paese, inclusa la Costituzione Indiana.
A coordinare le sommosse, numerose fazioni legate al Sangh Parivar (gruppo di organizzazioni), come il Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss, Associazione Nazionale dei Volontari) e Vishwa Hindu Parishad (Vhp, Assemblea Mondiale degli Hindu). Si tratta di attivisti operanti ovunque in India per diffondere e affermare l’ideologia nazionalistica di Vinayak Damodar Savarkar, di fatto l’ideologo dello stesso Bharatiya Janata Party (Bjp), guidato dall’attuale Primo ministro Narendra Modi, braccio politico del Sangh Parivar.
Fu Savarkar a coniare nel 1923 il termine Hindutva, che definisce hindu “chi considera la Terra di Bharat (l’India) dall’Indo all’Oceano, terra sacra e terra patria”. Su questa base, chi non condivide razza, cultura, lingua e religione deve andarsene o, se indiano, accettare la riconversione. Parte da qui l’opposizione ai musulmani, ai cristiani e a tutte le fedi non hindu, la cui penetrazione nel sistema sociale è tuttavia facilitata dalla libertà di culto e trasmissione religiosa sancita dalla Costituzione.
La Costituzione appunto, cui la Corte Suprema ha fatto riferimento nell’annullare il divieto – incostituzionale – di accesso a Sabarimala per le donne. Decisione inizialmente accolta con favore dalla politica. Sia il BJP, sia l’Indian National Congress guidato da Rahul Gandhi avevano recepito l’annullamento della proibizione come un momento di svolta, un passo verso l’inclusione femminile e una maggiore liberalizzazione del Paese. Questo fino allo scoppio delle proteste, quando migliaia di fedeli appostati e schiere di giornalisti con gli obbiettivi puntati, hanno trasformato le giungle del Kerala in un’occasione da sfruttare. In breve, i due principali partiti indiani hanno ripudiato la decisione della Corte Suprema, solidarizzando con le migliaia di oppositori.
La scelta del Bjp è stata in parte dettata dalla necessità di non negare le proprie origini, da cui il legame con Rss e Hindutva. È stata anche l’occasione a lungo attesa per sollevare il sentimento hindu e di porsi come catalizzatore della protesta, utilissima in vista delle elezioni generali, ma soprattutto per acquisire influenza in uno Stato moderato come il Kerala, dove il Bjp fatica a ottenere consensi.
Lo stesso vale per il Congress, il cui voltafaccia risponde alla necessità di guadagnare consensi a Thiruvananthapuram e dintorni, dove è il principale partito di opposizione. La priorità del Congress è erodere la popolarità del Communist Party of India (Marxist) formazione alla guida del Left Democratic Front (Ldf) presideduto dal Ministro capo del governo del Kerala, Pinarayi Vijayan. Il Ldf si è posto sin da subito a favore dell’abolizione del divieto, impegnandosi per consentire alle donne di ogni età l’accesso al tempio. Posizione mantenuta anche dopo il dietrofront dei rappresentanti locali del Bjp e del Congress Party, decisi a far ricadere la responsabilità dei fatti di Sabarimala sulla coalizione di Vijayan, il tutto a pochi mesi dalle elezioni generali in India.
Al di là della politica, ciò che più preoccupa ora è il perdurare della tensione nei pressi di Sabarimala. E la situazione potrebbe dopo precipitare ora che sono iniziate le celebrazioni per Mandala-Makkaravillakku, la più importante ricorrenza legata al culto di Ayappa. Per consentire il pellegrinaggio, la polizia ha da tempo creato un sito online dove si sono già registrati 300mila fedeli. Tra questi 539 donne di età compresa tra i 10 e i 50 anni, decise a rivendicare il diritto costituzionale di esercitare la propria fede, per questo pronte a sfidare le barricate promesse dai militanti hindu e dai politici.
@EmaConfortin ARTICOLI CORRELATILa Cina ha perso le elezioni nelle MaldiveUsa e India chiudono la porta in faccia al Pakistan di KhanQuel porto iraniano dove s’intrecciano le sorti di Cina, India e Usa
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