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Le leggi delle donne per le donne

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

 

 

‘Una donna su tre ha subito violenza da un uomo. Siamo dei perdenti. Una metafora sportiva e l’immagine del campione di rugby Mauro Bergamasco, testimonial di una campagna pubblicitaria apparsa in questi giorni: è solo una delle numerosissime iniziative promosse in occasione del 25 novembre, Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, designata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999. Negli ultimi anni, in tutto il mondo e anche in Italia questa giornata viene celebrata con una forte mobilitazione e una serie di iniziative politiche e culturali. Ma il fatto stesso che al tema della parità di genere e della violenza contro le donne vengano tuttora dedicati innumerevoli studi, convegni e dibattiti, la dice lunga su quanto lavoro sia ancora necessario per promuovere una vera parità di genere in tutti gli ambiti, dalla formazione alla salute, dalla politica al lavoro. Insomma, la parità concreta è ancora molto lontana.

Eppure, ripercorrendo la storia della Repubblica Italiana, sono moltissime le leggi a tutela delle donne che furono -e sono- volute e proposte dalle donne stesse. Donne protagoniste del cambiamento nella direzione di una parità di genere, dunque, attraverso proposte giuridiche che hanno rivoluzionato totalmente la società e la vita della Repubblica (basta sfogliare la pubblicazione della Fondazione Nilde Iotti, 'Le leggi delle donne che hanno cambiato l’Italia').

Uno dei primi passi fu la Legge 860/1950, ‘Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri’, proposta da Teresa Noce e Maria Federici, che introdusse il divieto di licenziamento dall’inizio della gravidanza fino al compimento del primo anno di età del bambino, e garantì l’assistenza medica al parto, prevedendo periodi di riposo e trattamento economico durante le assenze per maternità.

Altra pietra miliare nell’affermazione dei diritti delle donne è rappresentata dalla Legge 903/77 sulla parità di trattamento fra uomini e donne in materia di lavoro, presentata dalla Ministro del lavoro pro tempore Tina Anselmi. Con questa legge fu sancito il divieto di discriminazione nell’accesso al lavoro, nella formazione professionale, nelle retribuzioni, nell’attribuzione delle qualifiche e carriere professionali. Veniva inoltre preclusa qualsiasi discriminazione basata sullo stato matrimoniale, di famiglia, di gravidanza, promuovendo la parità di uomo e donna attraverso una diversa ripartizione delle responsabilità familiari tra i generi.

Va poi ricordata la Legge 53/2000, ‘Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città’, detta anche ‘legge sui congedi parentali’, voluta dall’allora Ministro per la Solidarietà Sociale Livia Turco.

“Quella fu un’esperienza straordinaria”, ricorda Donata Gottardi, ex eurodeputata e consigliere giuridico presso il Ministero della Solidarietà Sociale e il Ministero delle Pari Opportunità, docente di Diritto del Lavoro alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Verona. “La stessa Turco ha gestito per un anno l’attuazione di questa legge, attivando un comitato interministeriale e un call center. Ha avuto un’intuizione assolutamente femminile: ha fatto sua la legge, gestendola, curandone l’applicazione, guardandone i punti critici”.

Un’altra legge di importanza cruciale per la parità di genere è la Legge 120/2011 sulle quote di genere nei Consigli di Amministrazione delle società pubbliche e delle società quotate, detta anche Legge Golfo Mosca. “E da questo punto di vista”, sottolinea la Gottardi, “l’Italia è più avanzata dell’Europa. In Europa c’è ancora resistenza da parte di alcuni Stati, tra cui la Gran Bretagna”.

"Nel corso dell’iter parlamentare, gli ostacoli sono stati molteplici. Il culmine  s’è raggiunto quando e' pervenuta in Parlamento una lettera a firma congiunta, ABI, ANIA e Confindustria, che, di fatto, si opponevano  alla legge. Quella volta ho pensato davvero di gettare la spugna, ma poi dopo un momento di rassegnazione, sono andata avanti con maggiore tenacia  e, così, a dispetto dei profeti di sventure l’ho spuntata, rompendo schemi, seguendo una strategia che rendesse il testo normativo  inattaccabile, e guadagnandomi il sostegno convinto di tanti, persino di coloro che all'inizio erano scettici. Ed oggi la legge è operativa, regolamenti attuativi compresi", ricordava per noi qualche mese fa Lella Golfo in una lunga intervista al Collega Gianluca Abbate

E a queste leggi si sommano le numerosissime altre leggi (dall’abolizione ‘Coefficiente Serpieri’, in base al quale il lavoro svolto da una donna veniva considerato pari al 50% di quello svolto da un uomo, alle leggi per il divorzio e la legalizzazione dell’aborto, battaglie vinte dai radicali con il contributo essenziale di Emma Bonino) che hanno permesso di raggiungere una parità di genere in ogni ambito della vita pubblica e privata.

In effetti, negli ultimi anni è aumentato notevolmente il numero di donne che rivestono incarichi istituzionali e ruoli di potere nella politica. In questa legislatura, in Senato ci sono 86 donne su 315 senatori (il 27,3%), alla Camera 198 donne su 630 deputati (31,4%). Un aumento significativo rispetto al passato, che ha portato i suoi frutti. Anche se non tutte le donne che ora occupano un ruolo istituzionale si espongono esplicitamente nella battaglia per i diritti delle donne, la mobilitazione ormai sta diventando sempre più vasta. “Questa legislatura vede una presenza cospicua di donne in Parlamento”, afferma Marina Sereni, Vicepresidente della Camera dei Deputati. “Non è un caso che abbia iniziato i lavori con la Convenzione di Istanbul e poi col decreto sul femminicidio: un decreto di sicuro non perfetto, ma che contiene molte norme importanti sul piano delle pene, sulla prevenzione e sul sostegno alle vittime”.

Eppure il numero di donne uccise fino ad ora nel 2013 è impressionante: 128 vittime. Per non parlare degli innumerevoli casi di violenza domestica, stupri, casi di stalking. Cifre allarmanti che  rivelano come il dramma della violenza di genere sia ancora ben lontano dall’essere risolto. Insomma, una parità sulla carta che non si traduce poi nella pratica e nelle vita quotidiana.

“Credo che ci sia ancora molta superficialità e ignoranza”, continua la Sereni, “e c’è una reazione al fatto che le donne sempre di più vogliono e sanno conquistare degli spazi di autoaffermazione. Da un lato si percepisce una nuova sensibilità, che cresce anche fra gli uomini, spesso davvero impegnati per contrastare la violenza nei confronti delle donne. Una parte del genere maschile ha preso dunque coscienza della dimensione del problema e si vuole distinguere dai quei maschi che continuano a essere responsabili della violenza. Viceversa, esiste ancora una parte del mondo maschile, e questo anche tra i giovani, che non riconosce l’autonomia delle donne e paradossalmente enfatizza l’atteggiamento di violenza e discredito”.

Un atteggiamento che diventa particolarmente imbarazzante se il bersaglio delle discriminazioni sono donne che hanno conquistato un ruolo di rilievo. “Parlando di quanto avviene alla Camera, mi stupisce il modo in cui vengono criticate alcune figure istituzionali, come me, o la Presidente della Camera Laura Boldrini. Le critiche che ci rivolgono alcuni colleghi in quanto presidente e vicepresidente sono spesso segnate da una venatura culturale antifemminile, che vuole mettere in evidenza il fatto che noi siamo donne. Mentre invece nessuno va a criticare cariche istituzionali analoghe in quanto rivestite da uomini! Tradurre le critiche, che pure possono essere legittime in politica, ma con un linguaggio offensivo perché si ha davanti una donna è uno dei piccoli sintomi del disagio che ancora molti uomini vivono perché non accettano che ci siano ruoli forti assunti da donne”.

Nonostante le difficoltà, però, le battaglie continuano. “Dopo tanti anni si mettono risorse vere per sostenere la rete delle case e dei centri antiviolenza”, conclude la Sereni. “C’è un piccolo progresso anche in un quadro di risorse limitate: significa che non si considera più questo come un tema di cui occuparsi solo se avanzano risorse. Siamo andati a cercare risorse perché questa è una emergenza. Il Governo è riuscito a dare una prima risposta, grazie anche alla presenza e all’iniziativa forte da parte delle parlamentari”.

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