Islam, cosa dice il Corano su donne, divorzio e violenza domestica
Poco si sa degli aggressori che hanno molestato e violentato alcune donne la notte di Capodanno a Colonia. Si sa che erano in Germania come rifugiati, che erano scappati dalla guerra in Paesi islamici dove le coppie non possono baciarsi in pubblico, prendersi per mano.
CATEGORIE FEMMINILI
L’origine di questa condizione della donna è nel Corano, il testo sacro dell’Islam. Il libro “Meine Seele ist eine frau: das Weibliche im Islam” di Annemarie Schimmel riferisce che nelle scritture del Corano si parla di “mu’minat” e “muslimat”, “devote” e “credenti” donne, che sono sullo stesso piano degli uomini credenti, con gli stessi diritti e doveri religiosi. C’è però una figura negativa nella Sura 111, che parla della donna di Abu Lahab, il nemico mortale del profeta Muhammad: lei è portatrice di legna e al collo ha una treccia di fibre, in rappresentazione della condanna per i non-credenti.
IL DIVORZIO
Ma cosa dice davvero il Corano sulle donne? Nella traduzione italiana del Corano di Alessandro Bausani si può leggere il passaggio II:228: “Quanto alle divorziate, attendano, prima di rimaritarsi, per tre periodi mestruali. E non è loro lecito nascondere quel che Iddio ha creato nel loro ventre, se esse credono in Dio e nell’Ultimo Giorno. Che è più giusto che i loro mariti le riprendano quando si trovano in questo stato, se vogliono rappacificarsi. Esse agiscano coi mariti come i mariti agiscono con loro, con gentilezza; tuttavia gli uomini sono un gradino più in alto, e Dio è potente e saggio”.
SUL MATRIMONIO
Nel passaggio IV:3 si legge a proposito di matrimonio e poligamia: “Se temete di non esser qui con gli orfani, sposate allora fra le donne che vi piacciono, due o tre o quattro, e se temete di non essere giusti con loro, una sola, o le ancelle in vostro possesso; questo sarà più atto a non farvi deviare”.
SULL’EREDITÀ
Le questioni economiche e di eredità (poco paritaria) sono spiegate nel capitolo IV:11: “Riguardo ai vostri figli Iddio vi raccomanda di lasciare al maschio la parte di due femmine: se i figli sono solo femmine e più di due, loro spettano i due terzi dell’eredità; se è una femmina sola le spetta la metà; i genitori del defunto avranno ciascuno un sesto dell’eredità, se il defunto abbia un figlio; se invece non ha figli i suoi genitori ereditano i beni, a sua madre spetta un terzo; se egli però, ha fratelli, la madre avrà un sesto, dopo che siano stati pagati eventuali lasciti o debiti; ché, fra i vostri genitori e i vostri figli voi non sapete quale è a voi più utile; questa è una prescrizione divina, ché Dio è sapiente e saggio”.
SULLA VIOLENZA DOMESTICA
IV: 34: “Gli uomini sono preposti alle donne, perché Dio ha prescelto alcuni essere sugli altri e perché essi donano dei loro beni per mantenerle; le donne buone sono dunque devote a Dio e sollecite della propria castità, così come Dio è stato sollecito di loro; quanto a quelle di cui temete atti di disobbedienza, ammonitele, poi lasciatele sole nei loro letti, poi battetele; ma se vi ubbidiranno, allora non cercate pretesti per maltrattarle, ché Iddio è grande e sublime”.
SULLE VERGINI IN PARADISO
Nel capitolo dedicato alla sura della misericordia, il passaggio LV: 56 dice cosa aspetta in paradiso al credente che muore abbracciando la fede di Allah: “E vi saran fanciulle dallo sguardo modesto, mai prima toccate da uomini o ĝinn – qual dunque dei benefici del Signore voi negherete?”; LVI:36-37-38: “E le fanciulle le creammo a nuovo e ne facciamo vergini, amanti, coetanee per quelli della destra”; LXXVIII: 31-33: “E invece ai Pii toccherà luogo agognato, giardini e vigneti, fanciulle dal seno ricolmo coetanee”.
SOCIETÀ PATRIARCALE
In un’intervista a Deutsche Welle, Lale Akgün, già rappresentante del SPD al Bundestag, ed esperta di Islam, ha spiegato che l’immagine che hanno gli uomini musulmani delle donne nasce dal Corano. Ci sono le donne “buone” e quelle “cattive”, cioè quelle “credenti” e “non credenti”. “Basta vedere che il Corano dice che la donna ha la metà del valore dell’uomo – ha detto Akgün – per capire quanto è patriarcale l’Islam. Chi sostiene questa visione dice che l’Islam non è una fede ma uno stile di vita. Io sono musulmana, ma per me la religione è qualcosa di privato. Per i fondamentalisti è una ragione di essere e non sono compatibili con il mondo moderno. Il loro crede è legato a un sistema di valori e uno stile di vita nato nel VII secolo nella penisola arabica”.
CONTESTO STORICO
Nell’Arabia pre-islamica, così come nel resto del mondo, la condizione della donna era simile a quelli degli schiavi e subordinati. Non aveva diritti alla proprietà o all’eredità. Negli affari domestici non aveva voce sui figli, sulla casa o su se stessa. Poteva essere anche venduta o abbandonata dal marito. Non poteva divorziare, anche in caso di violenza o abuso da parte del coniuge, e l’istruzione che riceveva era scarsa. Questa situazione di degrado è rimasta fino al XIX. Molti diritti delle donne sono stati conquistati all’inizio del XX secolo.
L’IPOCRESIA DEL HIYAB
Per Akgün, che ha origini turche, la società moderna ha ignorato pericolosamente il fondamentalismo, fino a venire travolto: “Un esempio è l’idea di pensare il velo come un segno della ricchezza multiculturale. Questo non ha senso. Quell’abbigliamento è un segnale dell’oppressione verso le donne. Chi promuove quell’immagine della donna con il hiyab non si stupisca quando gli uomini di quella stessa comunità trattano le donne senza velo come ‘donne di facili costumi’”. L’esperta sostiene che bisogna fare capire con chiarezza che se si vuole godere del sistema sociale in Occidente si devono accettare le norme di questa società.
NO AL VELO DAY
In Italia, al dibattito sul velo, il vicedirettore del Corriere della sera, Barbara Stefanelli, ha scritto il 7 gennaio una risposta alla proposta di indossare il velo per un giorno in segno di solidarietà: “Coprirsi il volto per manifestare pluralismo, come proposto per il World Hijab Day, è un gioco mimetico rischioso… No anche a un fazzoletto se indesiderato, no al silenzio sulle nostre ambizioni, no alle ossessioni degli altri, alle raccomandazioni, no alle prediche sul rispetto sociale riservato a chi non provoca turbamento”.
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