La Stampa - Kerry Kennedy: “Sono le donne i primi difensori dei diritti umani”
Presidente del R.F. Kennedy Center
Kerry è nel suo ufficio in Madison Avenue a New York. Presiede il Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights. Fin da bambina, dalla sua posizione di privilegio, capì che molti nel mondo soffrono per ingiustizie e discriminazioni e decise di gestire il Centro creato in memoria del padre Robert. «Abbiamo tre uffici, a Washington, New York e Firenze. La prossima settimana andrò a Firenze per l’apertura di una nuova biblioteca di 500 volumi sui diritti umani e temi internazionali. Il nostro centro è nel complesso storico delle Murate, abbiamo un istituto di formazione per i difensori dei diritti umani, e anche per la lotta alle leggi contro le minoranze, come in Uganda, dove hanno appena varato una legge che punisce l’omosessualità con l’ergastolo».
Poi va a Torino?
«Sì, il 19 maggio apriamo “Freedom Fighters”, una mostra di fotografie su John e Robert Kennedy e Martin Luther King alla Fondazione Rosselli. È il 50° anniversario del movimento per i diritti civili. Lo facciamo non solo per ricordare, ma perché il passato insegna e molte questioni attuali richiedono la stessa organizzazione e determinazione di allora».
Qual è l’obiettivo del Centro?
«La Fondazione è stata avviata da famiglia e amici di Robert Kennedy per realizzare la sua visione della giustizia. Quindi lavoriamo sui grandi problemi come la violenza contro le donne, il riscaldamento globale, la guerra in Siria, il Medio Oriente, la Russia, la Crimea, il terrorismo. Se possiamo fare sì che i governi e le multinazionali, i mariti e i compagni di classe smettano di violare i diritti umani, possiamo creare un mondo più giusto».
Ottenete buoni risultati ?
«Sono molto ottimista, perché quando ho iniziato a lavorare per i diritti umani nel 1981 tutta l’America Latina era sotto dittature militari di destra e oggi, fatta eccezione per Cuba, sono tutte democrazie. Tutta l’Europa orientale era sotto il comunismo e oggi lì non c’è un governo comunista. Il Sud Africa era nel pieno del regime dell’apartheid e oggi ha avuto una serie di governi liberamente eletti. I diritti delle donne non sono stati nell’agenda internazionale fino al 1995, quando Hillary Clinton a Pechino disse “I diritti delle donne sono diritti umani”, un’affermazione rivoluzionaria. Oggi la Cedaw, la convenzione Onu per i diritti della donna, è stata ratificata da 183 Paesi. Abbiamo visto enormi cambiamenti e non sono avvenuti perché li volevano i governi, l’esercito o le multinazionali, ma perché la gente comune ha sognato la libertà e ha fatto sì che il sogno si avverasse».
Qual è il suo ruolo nel Centro?
«Io sono presidente e ambasciatrice dell’organizzazione, sono responsabile della raccolta fondi, oltre dieci milioni di dollari l’anno. Li riceviamo da individui, aziende, governi o in Italia fondazioni bancarie. Devo assicurarmi che i programmi abbiano l’impatto giusto».
Perché non ha seguito le orme di suo padre con un incarico elettivo?
«Ho enorme ammirazione per chi intraprende questa strada, ci ho fatto un pensiero quando studiavo legge e c’era un posto libero nell’amministrazione cittadina di Boston. Ma il mio cuore è sempre stato preso dalle questioni internazionali e questo è il lavoro che voglio fare. Per troppi versi essere eletta per me un compromesso. Ti dà potere per molte cose, ma non per quelle che interessano a me».
I politici vi stanno a sentire?
«Non abbastanza. Se lo facessero, sarebbe meglio. Ma io sono grata per i rapporti aperti che ho con molti leader in tutto il mondo».
Appoggerà la candidatura di Hillary?
«Sì, è una donna saggia e un grande leader. Ho molto da imparare da lei».
E il presidente Obama ?
«Abbiamo un buon rapporto con la Casa Bianca, ha dato ospitalità ai nostri difensori dello Zimbabwe, ha sostenuto il nostro lavoro sulle minoranze sessuali in Uganda e altri paesi. Sono buoni alleati del nostro lavoro in Messico sulla giurisdizione civile».
E con i leader italiani che rapporto ha?
«Conosco Renzi per via del nostro lavoro a Firenze. È un fan di Robert Kennedy e sono felice che l’Italia abbia un uomo come Renzi dopo Berlusconi. Non solo ha una visione ma dà la sensazione che per lui il giorno non abbia abbastanza ore per fare tutto e ha un’energia quasi frenetica, non solo nell’avere nuove idee, ma nel metterle in pratica: questo fa di lui un eccezionale leader politico».
Quali sono i vostri nuovi impegni?
«Quello che stiamo facendo ora si chiama RFK Compass. Mettiamo assieme circa cento persone che controllano da tre a cinque trilioni di dollari e li facciamo riunire tre volte l’anno per parlare dell’impatto sugli investimenti delle violazioni dei diritti umani, del degrado ambientale e della corruzione».
Se le chiedessero: scelga un punto della Dichiarazione dei diritti umani?
«L’emancipazione delle donne: le donne sono il 50 per cento della popolazione e quando sono al potere è più probabile che si agisca per fermare le violazioni dei diritti umani».