Essere donne in Messico - L'Indro
In Messico si torna a parlare, finalmente, di diritti delle donne. Con l’iniziativa legislativa volta a depenalizzare l’aborto nello Stato di Guerrero, presentata lunedì 5 maggio dal Governatore Ángel Aguirre, il dibattito pubblico sul tema si è infatti nuovamente riacceso, contrapponendo le istanze più progressiste a quelle conservatrici, finora prevalenti. L’aborto, infatti, è ancora penalmente perseguibile nella totalità del territorio federale, eccezion fatta per Città del Messico, in cui è possibile, dal 2007, abortire entro le prime dodici settimane dal concepimento.
Ma la regolamentazione dell’interruzione di gravidanza è, appunto, solo un aspetto di un problema più ampio, cioè quello dei diritti delle donne. In Messico, infatti, queste ultime non sono solo svantaggiate a livello sociale ed economico (il che dovrebbe bastare, comunque, a mantenere accesa la discussione), ma affrontano un particolare clima di violenza, la cui espressione più tristemente nota è data dal numero di ragazze scomparse o uccise in località come Ciudad Juárez. La riapertura del dibattito sull’aborto, quindi, sembra offrire un motivo in più per approfondire il tema della situazione femminile nel Paese. Questo è quel che abbiamo fatto grazie alla disponibilità della dott.ssa Ydalia Pérez Fernández y Ceja, della Federación Mexicana de Universitarias (FEMU).
Dottoressa Pérez Fernández Ceja, la ringrazio per aver accettato di rispondere alla nostra intervista.
Al contrario, a nome della Federazione Messicana delle Universitarie (FEMU) sono io a ringraziare per l’interesse nel voler conoscere la situazione dei diritti delle donne e delle bambine in Messico.
Come sa, l’occasione per quest’intervista ci è stata data dal dibattito cominciato la scorsa settimana sulla possibile depenalizzazione dell’aborto nello stato di Guerrero. Qual è la situazione giuridica dell’interruzione di gravidanza in Messico? In quali stati è ancora penalmente perseguibile?
In Messico, l’aborto è punibile in tutti i 31 Stati della Repubblica e solo nel Distretto Federale [Città del Messico, ndr] si è riusciti a depenalizzare fino alla dodicesima settimana. A partire dalla depenalizzazione dell’aborto nel Distretto Federale nel 2007, 18 Stati della Repubblica Messicana hanno modificato le proprie costituzioni locali per dire che «il prodotto della concezione» è una «persona» e, perciò, vi sono confusione ed insicurezza giuridica per molte donne a cui si impongono pene per omicidio anziché per aborto.
Quali fattori concorrono maggiormente a determinare questa situazione giuridica?
La mancanza di informazione, di politiche pubbliche sui diritti sessuali e riproduttivi, l’inadempienza integrale rispetto a trattati internazionali come la Convenzione per tutte le forme di discriminazione (CEDAW) e la Convenzione interamericana per prevenire, sanzionare e sradicare la violenza contro la donna siglata a Belém do Pará. Riguardo a questo tema, il Messico ha ricevuto importanti osservazioni da parte del Comitato CEDAW, che sottolineano la mancanza di attenzione in ambito di salute sessuale e riproduttiva, così come la necessità che gli Stati della Repubblica legiferino a favore dei diritti delle donne. Un altro fattore che colpisce i nostri diritti è l’influenza del clero o della Chiesa, principalmente quella cattolica, che proibisce l’aborto. Bisogna dire comunque che il Messico ha una lunga storia di difesa dello Stato laico. Un esempio recente si è avuto quando il Vaticano ha espresso raccomandazioni davanti al Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU perché il Messico «preservasse e proteggesse l’istituzione naturale della famiglia», contro il matrimonio tra persone dello stesso sesso e proibisse l’aborto: raccomandazioni che, per fortuna, sono state rigettate.
Secondo il Collegio del Messico e l’Istituto Guttmacher, nel Paese hanno luogo ogni anno oltre un milione di aborti, perlopiù clandestini. Ci sono casi di ‘migrazioni’ verso località in cui l’aborto è legalizzato, per esempio nel D.F.?
La percentuale di migrazioni è bassa, al momento le cifre del Governo del Distretto Federale dicono che dall’aprile 2007 al 31 marzo 2014 sono stati praticati 118.500 interruzioni legali di gravidanza, di cui il 72% sono di cittadine del Distretto Federale, 23,3% dello Stato del Messico e 3,4% di altri Stati o di straniere.
Potrebbe fornirci una panoramica delle politiche pubbliche di genere in Messico? È stato ridotto, negli ultimi tre anni, il ritardo indicato nel 2011 da Patricia Galeana su ‘La Jornada’?
Non possiamo affermare che il ritardo in materia di politiche pubbliche e di genere sia stato superato negli ultimi anni, e le osservazioni della CEDAW allo Stato messicano del 2012 lo confermano. Esiste un problema nelle politiche pubbliche di genere in Messico perché, nonostante vi siano state destinate risorse del bilancio, non si osservano progressi reali. Un esempio è la criminalizzazione delle donne che abortiscono in alcuni Stati della Repubblica e che vengono condannate per omicidio. Un altro esempio sono le donne indigene che hanno partorito nei cortili degli ospedali pubblici, principalmente in Stati come Oaxaca.
In una recente intervista pubblicata nel nostro quotidiano, il Prof. Madrid dell’Università Anáhuac ci spiegava che il turismo è «il secondo maggior ambito di impiego per le donne in un Paese in cui l’occupazione femminile costituisce solo un terzo del totale». Ci può spiegare in modo più dettagliata la situazione delle donne nel mondo lavorativo messicano? Quali sono i maggiori settori occupazionali e qual è la situazione rispetto alla popolazione maschile?
La domanda è molto complessa, certamente il Governo federale sostiene che il turismo sia il secondo maggior ambito di impiego per le donne ed il primo per i giovani. Tuttavia, non possiamo comprovare qual è la qualità di questi impieghi e le retribuzioni, la sicurezza sociale o la stabilità che le donne hanno con questi lavori. In relazione alla popolazione maschile, risulta complesso sostenere quale sia la situazione rispetto all’affermazione del Governo federale, dato che esistono altri impieghi dove gli uomini hanno una presenza maggiore di quella delle donne.
Un ambito peculiare, quello delle maquiladoras, ha creato una migrazione femminile verso i centri in cui queste attività sono concentrate, ciò che Jessica Livingston definisce «un fenomeno di donne lavoratrici mobili, indipendenti e vulnerabili». In questa cornice spicca la triste notorietà di Ciudad Juárez, legata ai suoi numerosi femminicidi. Qual è la situazione oggi, a più di dieci anni dall’omicidio di Alma Chavira Farel? Quali cause sociali, politiche ed economiche ha questo costante massacro di giovani donne?
Il femminicidio in Messico è in crescita, ed ora è un problema che si presenta in diversi Stati della Repubblica. Ciò che è successo a Ciudad Juárez è solamente un esempio dei problemi che si presentano in altre città. Le cause della violenza femminicida sono diverse e variano in ciascuna regione del Paese, è necessario che si compiano studi su questo tema, giacché ad oggi vi sono ancora Stati che negano l’esistenza del problema. Nel 2009, la Corte Interamericana dei Diritti Umani ha espresso una sentenza emblematica sul caso ‘Campo algodonero’ ed ha condannato lo Stato messicano per non aver contrastato il problema dell’omicidio di genere o femminicidio contro le donne di Chihuahua. Inoltre, la Corte ha spiegato, ai paragrafi 401 e 402, che in Messico sussiste una «cultura sistematica di discriminazione contro le donne» che ha generato il problema del femminicidio come una forma di espressione di violenza estrema contro le donne e le bambine. Nel 2010, Marisela Escobedo, una madre che chiedeva giustizia per sua figlia, vittima di femminicidio, fu anch’essa assassinata e con ciò fu chiaro il rischio che corrono attualmente le madri che cercano le proprie figlie scomparse o che esigono giustizia. Un'altra attivista, Norma Andrade, fondatrice di ‘Nuestras hijas de regreso a casa’, ha dovuto chiedere aiuto di fronte alle molteplici minacce rivoltele per aver appoggiato altre madri nella ricerca delle loro figlie o nelle indagini di femminicidi. Ci preoccupa sapere di cifre che assicurano che il problema del femminicidio è aumentato nel 2012 quasi del 40% in Messico e in altre località dell’America Centrale.
Lei fa parte di un’associazione che promuove lo «sviluppo della donna». Qual è la rilevanza dei movimenti civili per l’emancipazione femminile in Messico?
I movimenti civili pacifici, le rivoluzioni culturali, sono gli strumenti più importanti per le donne, perché solo lavorando insieme ed in appoggio solidale possiamo difendere i nostri diritti. La lotta civile pacifica è la miglior maniera di cercare condizioni migliori per noi tutte.
La prima domanda di quest’intervista riguardava una situazione statale. A livello di istituzioni federali, invece, esiste una intenzione effettiva di sostenere l’emancipazione femminile? Il governativo Instituto Nacional de las Mujeres svolge un ruolo efficace in quest’ambito?
A livello federale il lavoro dell’Instituto Nacional de las Mujeres è importante. Tuttavia, vogliamo che abbia maggior voce e che lavori con più forza sul tema dei diritti sessuali e riproduttivi. La depenalizzazione dell’aborto, l’uso di anticoncezionali, la creazioni di database per conoscere i dati sulle donne e le bambine scomparse, il problema della tratta di donne e lo sradicamento del femminicidio sono argomenti che dovrebbero essere i più importanti nell’agenda di questo istituto federale.